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I porti di Venezia e Trieste dovrebbero confrontarsi sui grandi temi dell'evoluzione dei mercati marittimi
Interrogato dal Propeller Club veneziano, Sommariva evidenzia la necessità di progetti comuni e di dialogo tra i due scali
6 novembre 2020
Il The International Propeller Club Port of Venice si interroga su una possibile maggiore integrazione tra i porti di Venezia e Trieste che porti ad istituire un unico grande sistema portuale nell'alto Adriatico. Uno scenario probabile o fantascientifico? Lo ha chiesto il presidente del Propeller Club, Massimo Bernardo, alla controparte nella persona di Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità di Sistema Portuale dell'Adriatico Orientale, l'ente che gestisce i porti di Trieste e Monfalcone, domandandogli perché i porti Venezia e a Trieste non riescono a far squadra per polarizzare l'interesse di traffici e vettori.
«Intanto - ha risposto Sommariva - pesa una storia secolare di distanze fra le due realtà. Trieste chiese protezione all'Austria per evitare il dominio veneziano. A Muggia, primo avamposto del territorio istro-veneto, i cannoni erano costantemente puntati su Trieste. Oggi per fortuna - ha precisato - è possibile ragionare in termini diversi. Non esiste una Repubblica Marinara dominatrice dei mari e non esiste una piccola realtà impaurita e mossa soltanto dalla volontà di non farsi fagocitare. Oggi Trieste e Venezia, compresi i sistemi portuali più ampi che coinvolgono Chioggia e Monfalcone, sono porti moderni che fanno riferimento a mercati diversi e che possono essere riferimento, attraverso, le opportune sinergie, della crescita di nuovi traffici. Questa scelta strategica - ha rilevato il segretario generale dell'AdSP dell'Adriatico Orientale - presuppone un Nord Adriatico protagonista di una nuova geografia dei traffici marittimi che valorizzi il collegamento sud-nord attraverso il nostro mare ed alcune aree dell'Europa centrale e di sud-est».
Bernardo ha ricordato all'interlocutore l'esperienza della North Adriatic Ports Association (NAPA), l'associazione dei porti di Koper, Ravenna, Rijeka, Trieste e Venezia nata per promuovere la portualità dell'Adriatico settentrionale. «Il rilancio del NAPA, strumento importante di costruzione di una politica portuale nord-adriatica - ha rilevato Sommariva - si dovrebbe fondare sul rilancio di una progettualità comune. Sarebbe utile una riflessione collettiva, lontana, per qualche ora, dalla competizione e dal gioco degli interessi, per tentare di trovare un orizzonte strategico comune, una visione di prospettiva e di lungo periodo. Una tappa del percorso volto a ridisegnare la geografia dei traffici come dicevo poc'anzi».
Oltre all'esperienza di questa associazione transnazionale, Bernardo ha ricordato a Sommariva anche l'ipotesi formulata dal professor Massimo Cacciari, già sindaco di Venezia, di costituire un'unica Autorità di Sistema Portuale che abbia competenza sui due sistemi portuali di Venezia e Trieste. «È - ha replicato Sommariva - una suggestione affascinante. Credo tuttavia - ha aggiunto - nella gradualità e, come ho detto, in processi che debbono maturare nella realtà concreta. Nel mercato e nella volontà dei diversi attori economici, istituzionali e sociali. Sarebbe intanto importante iniziare a confrontarsi sempre di più sui temi delle sinergie e delle possibili integrazioni. Segnalo ad esempio un'iniziativa molto importante sulla quale stiamo lavorando, su proposta dell'Autorità Portuale di Venezia, in materia di formazione professionale dei lavoratori del sistema portuale. La creazione di un polo formativo di eccellenza Nord Adriatico, di valenza e respiro nazionale ed europeo - ha sottolineato Sommariva - sarebbe un primo passo concreto verso la definizione di ulteriori progetti comuni. Come spesso ripete Zeno D'Agostino (presidente dell'AdSP dell'Adriatico Orientale, ndr), le persone sono la prima “infrastruttura del porto”. Si parte dunque da una questione estremamente importante. Esiste poi - ha osservato Sommariva - un tema di carattere generale rispetto al quale è il dibattito politico ed istituzionale ad essere estremamente insufficiente ed arretrato. Mi riferisco al rapporto fra l'interesse generale dei territori e quello privato rappresentato da compagnie di navigazione che agiscono in un mercato di tipo oligopolistico, dando vita a fenomeni di integrazione “verticale” che entrano sempre più in conflitto anche con i diversi attori del mercato logistico. Vedi la recente vicenda che ha contrapposto DB Schenker e Maersk dopo la scelta di quest'ultima di “saltare” l'intermediazione rappresentata dallo spedizioniere. Il tema è molto complesso e non ho ovviamente risposte. Resta il fatto che abbiamo una legislazione che tendenzialmente impedisce di avere due terminal dello stesso tipo in uno stesso porto ma consente, con relativa semplicità, ad uno stesso soggetto, di controllare molti terminal nei diversi porti della penisola. Esiste una evidente sproporzione fra lo scarso potere del territorio e l'affermazione delle volontà dei grandi “liners” , specie nel segmento del container. Si pensi, a tale proposito, alla facilità con la quale, talvolta, vengono mutati programmi, dirottati investimenti o pianificate nuove infrastrutture. Questi temi - ha concluso Sommariva - meriterebbero approfondimenti e proprio su questi, i porti, dovrebbero parlarsi di più fra loro».
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