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De Micheli: siamo impegnati a risolvere il tema della tassazione senza penalizzare il sistema della portualità italiana
Federagenti, Federlogistica e Assarmatori chiedono risposte e sollecitano iniziative
4 dicembre 2020
È tranquillizzante la reazione della ministra alle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, all'invito odierno della Commissione Europea di imporre alle Autorità di Sistema Portuale italiane di corrispondere all'erario tutte le tasse richieste alle imprese commerciali. Non lo è affatto, invece, quella di tre organizzazioni che rappresentano gli operatori italiani della logistica e dei trasporti marittimi.
«Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - ha assicurato De Micheli - ha avviato un confronto con la Commissione Europea sul tema della tassazione dei porti, un dialogo costruttivo per la definizione di una soluzione adeguata. Siamo impegnati - ha precisato la ministra - a risolvere il tema della tassazione senza penalizzare il sistema della portualità italiana e chiedendo tutta la flessibilità necessaria per valorizzare al massimo le attività con una valenza pubblica svolte dai porti. A breve arriveremo a una proposta da formalizzare alle autorità europee in accordo con tutti gli attori del settore».
Non è chiaro quando questa interlocuzione con la Commissione UE sia stata avviata, dato che da molto tempo Bruxelles ha reso nota l'intenzione di imporre alle autorità italiane di revocare l'esenzione dal pagamento dell'imposta sul reddito delle società concessa alle autorità portuali nazionali. Certo è che se è iniziata tempo fa, evidentemente non ha sortito i risultati sperati.
Assai meno tranquillizzante, per chi ritiene che l'odierna decisione di Bruxelles sia sbagliata, la rassicurazione di De Micheli sulla centralità della portualità per l'economia italiana e sulle risorse economiche ad essa destinata. Tradotto dal politichese, uno potrebbe ad esempio arguire che la sottolineatura sia intesa a tranquillizzare i porti sul fatto che, se gravati da questa inattesa tassazione, riceveranno fondi che li porranno comunque in grado di svilupparsi e competere. Oppure se ne potrebbe dedurre che tali risorse sono a compensazione della partita persa dal governo. «L'economia del mare e la piena valorizzazione dei nostri scali marittimi - ha infatti chiosato la ministra De Micheli - è uno dei capisaldi strategici del piano infrastrutturale “Italia Veloce” per il rilancio del nostro Paese. Abbiamo già stanziato importanti finanziamenti per sostenere i porti nella crisi causata dalla pandemia e una quota rilevante di risorse del Recovery Fund verrà destinata al sistema portuale per far compiere un salto di qualità, nella direzione della competitività e dell'ammodernamento infrastrutturale».
Assai più preoccupate le reazioni di chi, come operatore, è utente dei porti o lavora con gli scali portuali. «Si tratta - ha commentato il presidente della federazione degli agenti marittimi italiani Federagenti, Gian Enzo Duci, che è anche vicepresidente di Conftrasporto - di un intervento che temevamo e su cui avevamo già espresso il timore che l'Unione potesse usare “occhiali nordeuropei” per leggere il sistema portuale italiano». «Ora - ha proseguito Duci - è indispensabile che il governo chiarisca e perimetri in maniera accurata quali sono le attività gestite dalle AdSP che dovranno essere qualificate come imponibili indicando i ricavi ed i costi da prendere in considerazione». Un suggerimento che prospetta una nuova stagione di conflittualità con la Commissione Europea, dato che questa ha più volte chiarito quali sono le questioni centrali, a partire dalla riscossione dei canoni di concessione.
Il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ha chiesto «che la risposta del governo italiano sia ferma e immediata. Imporre sulle autorità portuali forme di tassazione analoghe a quelle delle società private senza entrare nel dettaglio delle attività regolate - ha sottolineato - significherebbe distruggere l'intero sistema sul quale si regge la portualità italiana. Il rischio è quello di imporre extracosti che si ripercuoterebbero sull'efficienza del sistema e anche sulle società concessionarie».
«Un conto - ha commentato il presidente di Assarmatori, Stefano Messina - è adempiere a un obbligo di armonizzazione europea, che non crediamo possa discutersi, un altro è creare un ostacolo alla già difficile attività delle nostre Autorità di Sistema Portuale. Dobbiamo evitare che la cura uccida il paziente. Lo si potrà fare soltanto tenendo conto della natura di questi enti e degli obiettivi che la legge affida loro definendo regole certe e univoche a partire dall'armonizzazione dei canoni concessori e delle condizioni per il rilascio di concessioni e autorizzazioni in ambito portuale».
I presidenti di Federagenti, Federlogistica e Assarmatori hanno annunciato che nelle prossime ore faranno pervenire al governo un dossier dettagliato con il quale - hanno spiegato Duci, Merlo e Messina - quantomeno tentare di contrastare il rischio che «l'assurda imposizione europea che costringe uno Stato a pagare tasse a sé stesso possa incidere sui canoni pagati dai concessionari e quindi sui costi per gli utilizzatori dei porti italiani. Concessionari che anzi attendono ancora le riduzioni promesse dal governo per fronteggiare l'emergenza Covid. Come dire: un altro favore - hanno lamentato Duci, Merlo e Messina - fatto ai porti del Nord Europa».
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