Le norme sulla prevenzione della corruzione e della trasparenza vanno applicate anche all'Associazione Porti Italiani (Assoporti). Lo precisa l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nell'atto del presidente, Giuseppe Busia, del 7 dicembre scorso approvato in seguito alla richiesta arrivata proprio dal segretario generale di Assoporti. L'ANAC ricorda che il decreto legislativo 33/2013 estende il regime di anticorruzione e trasparenza applicabile nella pubblica amministrazione ad altri soggetti di natura privata ovvero alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, che abbiano i seguenti requisiti: bilancio superiore a cinquecentomila euro; attività finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni; la totalità dei titolari o dei componenti dell'organo d'amministrazione o di indirizzo designata da pubbliche amministrazioni. Nell'atto del 7 dicembre l'ANAC osserva che «nel caso di Assoporti tali requisiti sembrano ricorrere. Con riferimento al requisito relativo al “bilancio superiore a cinquecentomila euro” - si legge nel documento - rileva che dal bilancio dell'esercizio chiuso al 31/12/2021, pubblicato sul sito istituzionale dell'associazione, lo stato patrimoniale attivo è di euro 1.842.108 e, quindi, ben superiore ai cinquecentomila euro cui si riferisce la norma». «Con riferimento al requisito del “finanziamento maggioritario da parte delle pubbliche amministrazioni per almeno due esercizi consecutivi nell'ultimo triennio” - prosegue il documento - risulta che l'attività di Assoporti è finanziata addirittura interamente dai soci (mediante versamento della quota associativa) ed i soci sono proprio le Autorità di Sistema Portuale, le quali, certamente ai fini della normativa sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza sono da considerarsi altrettanti enti pubblici e pubbliche amministrazioni (si rammenta che il co. 1 dell'art. 2-bis del d.lgs.33/2013, include espressamente le AdSP tra le “pubbliche amministrazioni”). Né può condividersi la tesi sostenuta da Assoporti per cui le quote associative versate dagli aderenti (AdSP) non possono essere considerate come fonti di finanziamento pubblico, trattandosi piuttosto “di risorse interne proprie derivanti dal vincolo che unisce gli associati in una comunità organizzata”. In primo luogo, giova evidenziare che le AdSP si associano su base volontaria: per effetto di tale scelta esse sono chiamate a mettere a disposizione le proprie risorse economiche per il raggiungimento degli scopi associativi (art. 2 dello Statuto), che condividono in ragione della loro strumentalità rispetto al migliore esercizio delle funzioni istituzionali assegnate. Tale tesi, poi, non sembra in linea con il dettato normativo né con l'interpretazione, molto ampia, del concetto “di finanziamento pubblico” già fornita da ANAC nella delibera 1134/2017 che vi ha incluso “sia i trasferimenti e i contributi di natura corrente e in conto capitale, sia i corrispettivi per la fornitura di beni e servizi verso le p.a. e per l'erogazione di servizi pubblici. Inoltre, ammettendo che il contributo associativo non è equiparabile al concetto di finanziamento pubblico resterebbero fuori dalla portata della norma - lett. c) co. 2, art. 2) - tutte quelle associazioni di enti pubblici che si finanziano mediante le quote sociali versate dagli enti associati. Per meglio dire, sarebbero comprese nella portata della norma solamente quelle associazioni che ricevono finanziamenti pubblici “ulteriori” rispetto alle quote associative. Si comprende che è difficile accostarsi ad una simile interpretazione, considerando, peraltro, che, di regola, le associazioni non svolgono attività commerciali e vivono e si sostanziano spesso, esclusivamente, appunto di quote o contributi associativi». «Da ultimo - conclude l'atto dell'ANAC - con riferimento al requisito della “nomina della totalità dei componenti degli organi di amministrazione o di indirizzo da parte della pubblica amministrazione” è utile ricordare quanto già osservato a proposito da ANAC nella delibera 1134/2017 (cfr.§ 2.2): “per organi di indirizzo devono intendersi, gli organi titolari di poteri di indirizzo generale con riferimento all'organizzazione e all'attività dell'ente cui sono preposti, che definiscono gli obiettivi e i programmi da attuare. Ad esempio, nelle associazioni riconosciute è organo di indirizzo l'assemblea dei soci, cui competono le principali decisioni sulla vita dell'associazione e sul suo scioglimento. Per organo di amministrazione deve intendersi quello deputato all'amministrazione dell'ente, competente ad adottare i principali atti di gestione. Ad esempio, nelle associazioni riconosciute l'organo di amministrazione è composto dagli amministratori; in quelle non riconosciute è costituito dai soggetti che ne hanno la presidenza o la direzione, in base agli accordi degli associati”.»
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