Le catene logistiche si stanno accorciando. Lo evidenzia lo studio “Trade in Transition 2023” elaborato da Economist Impact, società di ricerca del gruppo The Economist, e commissionato dal gruppo terminalista DP World di Dubai, rapporto che è giunto alla terza edizione annuale e che nell'ultima pubblicazione analizza la risposta delle aziende rispetto ad uno scenario commerciale che ha subito l'impatto di shock mondiali, come la guerra in Ucraina e i ripetuti lockdown per contenere la diffusione della pandemia di Covid-19 anche in mercati chiave. Lo studio è basato su un sondaggio realizzato tra settembre e novembre scorsi intervistando tremila dirigenti di imprese coinvolti nelle decisioni e operazioni commerciali internazionali in sei regioni: Nord America, Sud America, Europa, Medio Oriente, Africa e Asia-Pacifico. Lo studio rileva che la crisi sanitaria e le tensioni geopolitiche hanno creato grande incertezza per le imprese che, in risposta alle conseguenti interruzioni delle supply chain e in previsione di un rallentamento dell'attività commerciale nel corso del 2023, si stanno concentrando sul miglioramento della loro resilienza a lungo termine con l'obiettivo di porsi al riparo da eventuali shock futuri. Il documento ricorda che la World Trade Organization ritiene che nel 2023 il volume del traffico mondiale delle merci crescerà di un punto percentuale rispetto all'anno precedente, contro il +3,5% registrato nel 2022 sul 2021. Lo studio osserva che pertanto, nonostante le difficoltà, ci sono ancora opportunità di crescita e alcune delle aziende stanno cercando di trarre vantaggio da alcune piccole sacche di crescita. Lo studio specifica che le aziende danno ancora priorità alla crescita generata dall'espansione del mercato, con i principali elementi trainanti delle esportazioni che nel 2023 dovrebbero essere la crescente domanda nei principali mercati e l'espansione delle attività in nuovi mercati. Per contro, l'inflazione è vista come il primo fattore che nei prossimi 24 mesi potrà avere un impatto negativo sulle attività. La The Economist Intelligence Unit del gruppo The Economist prevede che quest'anno il tasso medio d'inflazione mondiale sarà del 6,9% rispetto al 9,9% nel 2022 e al 6,8% nel 2021 e si ritiene che l'impatto sia sul lato della domanda che su quello dell'offerta avrà un notevoli conseguenze negative sulla redditività delle imprese. Il documento rileva anche una riconfigurazione in corso delle catene di approvvigionamento, con una spostamento verso la regionalizzazione e il reshoring. In particolare, Economist Impact spiega che, rispetto alla precedente edizione dello studio, è stato osservato un aumento della tendenza ad avvicinare le catene di approvvigionamento attraverso il nearshoring/regionalizzazione, che ha registrato una crescita di otto punti percentuali, o il reshoring, che è salito di dieci punti percentuali rispetto al sondaggio effettuato nel 2021. Il documento osserva che sono molteplici le ragioni di questo cambiamento, a partire dalla riduzione dell'impatto dei costi di trasporto allo sfruttamento degli incentivi economici definiti dai governi. Lo studio chiarisce che, tuttavia, la diversificazione, citata dal 47% degli intervistati, costituisce ancora la strategia principale per conseguire una diminuzione complessiva dei costi e un aumento della resilienza. Secondo lo studio, inoltre, la resilienza è ritenuta prioritaria rispetto alla redditività a breve termine, con le aziende che, guardando al lungo termine, stanno sacrificando la rimuneratività nell'immediato per ottenere una maggiore resilienza. Il documento evidenzia anche la prevalenza a privilegiare il “just in case” piuttosto che il “just in time”, con le aziende che stanno aumentando le loro scorte: mediamente - specifica lo studio - nel 2022 le aziende detenevano 10,1 settimane di scorte rispetto alle 8,9 settimane nell'anno precedente e sebbene l'aumento delle scorte faccia lievitare i costi, tuttavia sembra compensare perdite potenzialmente maggiori causate dalla carenza di scorte sufficienti. In occasione della presentazione odierna del rapporto del World Economic Forum di Davos, il presidente e amministratore delegato di DP World, Sultan Ahmed Bin Sulayem, ha sottolineato che «il rapporto costituisce una prova tangibile di come la globalizzazione stia cambiando mentre le aziende sono costrette ad adattarsi alle nuove sfide. Avvicinando la produzione al cliente finale, le aziende possono ridurre il numero di punti di contatto coinvolti nella catena di approvvigionamento e costruire una maggiore resilienza nel flusso delle merci in tutto il mondo. Tuttavia - ha aggiunto - lo scenario commerciale è in continua evoluzione e la prossima sfida che modificherà queste tendenze è un rallentamento economico che incombe sui mercati regionali. Agilità, visibilità in tempo reale e capacità delle supply chain end-to-end saranno fondamentali per garantire che le aziende possano continuare a realizzare nuove efficienze in un ambiente sempre più impegnativo».
«Il passaggio alla regionalizzazione e al reshoring - ha evidenziato John Ferguson, practice leader per la Nuova Globalizzazione presso Economist Impact - è stato netto, ma non sorprendente data la tripla minaccia di costi più elevati, di maggiori rischi e degli incentivi o delle sollecitazione governative per farlo. Inoltre, nei decenni precedenti le imprese hanno dovuto concentrarsi solo sugli aspetti economici del commercio, vale a dire prezzo, qualità e consegna. Ora devono tenere conto di altri fattori non economici come la resilienza e la sostenibilità. Tutto ciò sta avendo un drastico cambiamento nelle catene di approvvigionamento, a cui stiamo assistendo sia nei risultati del sondaggio che nei cambiamenti dei modelli commerciali globali».
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