FIATA, la federazione internazionale delle imprese di spedizione, ha esortato le compagnie di navigazione di rivedere gli attuali periodi di franchigia relativi alla sosta dei carichi containerizzati nei terminal portuali riportandoli ai livelli precedenti la pandemia di Covid-19. Evidenziando che la decisione di ridurre i periodi di free time è stata assunta unilateralmente dai vettori marittimi, FIATA ha sottolineato che nel frattempo le condizioni di mercato sono cambiate e le motivazioni addotte per introdurre tale riduzione non sono più valide.
La federazione mondiale degli spedizionieri ha ricordato che le compagnie di navigazione hanno l'obbligo di concedere a titolo gratuito un ragionevole periodi di tempo sufficiente per caricare e spedire un container destinato all'esportazione e, nei flussi in importazione, per il ritiro, lo scarico dei container e la restituzione dei contenitori vuoti. FIATA ha ricordato inoltre che negli ultimi anni questi periodi di free time sono stati ridotti e nel contempo sono state rincarate notevolmente le tariffe per demurrage e detention relative all'uso delle aree portuali e dei container, con i carrier marittimi che hanno giustificato periodi di free time più brevi evidenziando che avrebbero aumentato la fluidità dei traffici e contribuito ad alleviare la congestione della supply chain containerizzata riducendo i colli di bottiglia nei porti.
A tal proposito FIATA si è tolta un sassolino dalla scarpa implicitamente replicando alle giustificazioni addotte dai vettori oceanici per aumentare notevolmente il valore dei noli marittimi, ovvero che una delle principali cause era da addebitare alla congestione dei trasporti containerizzati lato terra. Non facendo esplicito riferimento a questi rincari, la federazione degli spedizionieri ha rilevato, infatti, che la riduzione dei periodi di free time decisa dalle compagnie di navigazione ha costretto importatori ed esportatori a compiere notevoli sforzi per rispettare finestre di periodi di franchigia sempre più strette, determinando congestioni della supply chain terrestre e, soprattutto, attorno ai principali porti e terminal. Ciononostante - ha denunciato la FIATA - «ai caricatori sono state addebitate spese di demurrage e detention anche in casi in cui, nonostante i loro migliori sforzi, non avevano alcun controllo sui tempi di consegna dei container a causa della congestione nei porti».
FIATA ha osservato che attualmente la situazione è cambiata a seguito della diminuzione dei traffici che ha attenuato le disfunzioni nella supply chain, mentre si sta andando verso una fase di eccesso di offerta di container disponibili rispetto alla domanda. Secondo la federazione, nell'attuale contesto, i periodi di free time imposti tuttora limitano la possibilità di rispettare correttamente le disposizioni dell'International Convention for Safe Container e del Code of Practice for Packing of Cargo Transport Units (CTU Code). Inoltre la federazione degli spedizionieri ha invitato le compagnie di navigazione a valutare lo stato delle loro flotte di contenitori al fine di ritirare quelli giunti alla fine del loro ciclo di vita economico e ad assicurarsi che siano conformi agli standard di qualità dei container.