FEPORT, la federazione dei terminalisti portuali privati europei, riunitasi venerdì scorso in assemblea a Saintes Maries de la Mer, ha espresso soddisfazione per la votazione dello scorso 24 maggio con cui la Commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo ha recepito l'accordo politico sul regolamento AFIR relativo alla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi e sul regolamento Fuel-EU Maritime sull'uso dei combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel trasporto marittimo, ribadendo così - ha evidenziato la federazione - la responsabilità degli Stati membri, in collaborazione con l'ente di gestione del porto o di altre autorità competenti, nella fornitura di elettricità da terra alle navi all'ormeggio nel porto. FEPORT ha rilevato che questa posizione è coerente con il regolamento europeo 2017/352 che istituisce un quadro per la fornitura di servizi portuali e l'emendamento del 2017 al regolamento generale di esenzione per categoria (GBER) e - ha osservato la federazione dei terminalisti - non dovrebbe essere motivo di un'implementazione disomogenea nei diversi porti europei. «Se in alcuni porti gli operatori portuali privati fossero costretti a investire in OPS mentre in altri Stati membri altri operatori non dovessero farsi carico dei costi di installazione dell'OPS - ha sottolineato FEPORT riferendosi ai sistemi di cold ironing per fornire l'elettricità di terra alle navi nei porti - ciò creerebbe condizioni di disparità tra gli operatori che svolgono attività in porti differenti».
Riferendosi poi alla decisione europea di includere il trasporto marittimo nel sistema per lo scambio di quote di emissione dell'UE (ETS), la federazione ha specificato che nonostante i propri associati siano tuttora preoccupati per il rischio che le merci vengano dirottate verso porti non-UE una volta che l'ETS entrerà in vigore, tuttavia esprimono favore per il fatto che l'accordo politico sull'EU ETS richieda alla Commissione Europea di monitorare gli effetti connessi al dirottamento dei carichi e di proporre misure in caso appurasse che le merci vengono effettivamente convogliate verso porti extraeuropei. Monitoraggio che FEPORT auspica che venga realizzato non appena l'EU ETS entrerà in vigore.
Inoltre FEPORT ha specificato che l'accordo del Parlamento e del Consiglio dell'UE di destinare parte delle entrate dell'EU ETS, pari a 20 milioni di quote, a bandi marittimi dedicati nell'ambito del Fondo per l'innovazione, che abbiano anche l'obiettivo di migliorare l'efficienza energetica nei porti, rappresenta un'ottima notizia che deve concretizzarsi in un prossimo futuro.
Nel corso dell'assemblea gli associati di FEPORT hanno discusso anche di una questione cara ai terminalisti, ovvero l'inclusione dei proventi derivanti dal trasporto terrestre e dalle operazioni di movimentazione dei carichi, di logistica e di spedizione nei regimi di tassazione per gli armatori basati su un'imposta sul tonnellaggio. I terminalisti hanno evidenziato che la direttiva del Consiglio dell'UE dello scorso 14 dicembre sull'introduzione di un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro la fine del 2023, rappresenta un'opportunità per ricordare agli Stati europei che non possono più includere questi proventi nei loro nei regimi di tonnage tax. «È giunto il momento che la Commissione UE chieda agli Stati membri di applicare le norme dell'UE relative all'ambito di ammissibilità dell'imposta sul tonnellate», ha osservato il presidente di FEPORT, Gunther Bonz, riferendosi agli orientamenti in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi. «FEPORT - ha sottolineato Bonz - ritiene che la Commissione UE, custode del Trattato e della parità di trattamento tra tutti i settori dell'economia, all'interno della catena logistica marittima dovrebbe ripristinare condizioni di parità quanto a tassazione. I nostri associati sono fiduciosi che la Commissione Europea apporterà le modifiche necessarie a tutti gli atti legislativi e alle decisioni che violano l'accordo OCSE approvato da tutti gli Stati membri e recepito dalla direttiva dello scorso dicembre».