Inserire porti di transhipment vicini all'Unione Europea, come
quello marocchino di Tanger Med o quello egiziano di Port Said,
rappresenta solo una parziale soluzione al problema della perdita di
competitività dei porti europei, in particolare di quelli di
transhipment, conseguente all'entrata in vigore il prossimo primo
gennaio della direttiva che prevede l'inclusione del trasporto
marittimo nel sistema di scambio di quote di emissione (ETS)
dell'UE. Lo ha evidenziato ESPO, l'associazione dei porti europei,
nella sua risposta alla consultazione pubblica di quattro settimane
avviata lo scorso 21 agosto dalla Commissione Europea nel corso
della quale potevano essere inviate entro lunedì scorso
osservazioni sull'articolo 3g(2) della direttiva n. 87 del 2003 che
istituisce il sistema ETS, articolo che - nell'ambito della
definizione dell'ambito di applicazione della norma - stabilisce la
lista dei porti di transhipment dei container prossimi all'UE che
sono situati a meno di 300 miglia nautiche da un porto che ricade
sotto la giurisdizione di uno Stato UE e nei quali la quota di
contenitori trasbordati supera il 65% dell'intero traffico
containerizzato movimentato dal porto. Questi porti extraeuropei
ricadono sotto la cosiddetta “clausola di trasbordo” che
è stata introdotta nella direttiva proprio al fine di
limitare i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e
delle imprese con l'entrata in vigore dell'inclusione del settore
del trasporto marittimo nel sistema EU ETS.
Ad avviso dell'European Sea Ports Organisation, «il
principio di non considerare quale “porto di scalo,
nell'ambito del computo delle tariffe ETS, gli scali verso alcuni
porti di transhipment confinanti con l'UE rappresenta solamente una
soluzione parziale al problema». Per l'associazione dei porti
europei, «ciò non basterà ad assicurare che
l'elusione non possa aver luogo. Se solo pochi porti vicini - ha
rilevato ESPO - stanno raggiungendo le quote molto elevate di volumi
di transhipment previste dalla legislazione (65%), molti porti e
terminal attorno all'Europa hanno sviluppato, o stanno sviluppando,
capacità di transhipment. Pertanto la Commissione dovrebbe
prendere in considerazione non solo i volumi attuali, ma anche
considerare la capacità di transhipment nei diversi porti
vicini all'UE».
«Inoltre - ha osservato ancora l'associazione - secondo
l'attuale normativa, anche se lo scalo in porto di transhipment
extra-UE è soggetto al regime speciale, risulta comunque più
favorevole per le navi fare scalo in un porto extra-UE piuttosto che
in un porto di transhipment dell'UE. Quando le navi fanno scalo in
un porto di transhipment dell'UE, l'ultima tratta fra il porto di
transhipment e qualsiasi altro porto dell'UE è soggetta alle
tariffe ETS per il 100% del viaggio. Se invece le navi fanno scalo
in un porto di transhipment extra-UE, viene contabilizzato solo il
50% del viaggio».
ESPO ha avvertito che già si vedono i primi segnali che
fanno prevedere che, con l'entrata in vigore della norma, la
rilocalizzazione delle emissioni e delle imprese diventerà
realtà. «Assistiamo - ha spiegato il presidente
dell'associazione, Zeno D'Agostino - ad un effettivo aumento degli
investimenti in capacità aggiuntiva in termini di teu nei
porti e nei nuovi terminal nei Paesi vicini, inclusi gli
investimenti realizzati in questi porti dalle principali compagnie
di navigazione, e sentiamo anche parlare delle prime iniziative di
reindirizzamento al di fuori dell'Europa. Ciò rafforza la
convinzione che le compagnie di navigazione si stanno preparando,
ove possibile, ad uscire dall'EU ETS marittimo. Riconosciamo - ha
precisato D'Agostino - l'importanza della direttiva EU ETS e ne
sosteniamo l'obiettivo, ma - ha sottolineato - continuiamo a
lamentare che questo quadro legislativo svantaggia i porti dell'UE
rispetto ai porti extra-UE, senza l'atteso beneficio in termini di
riduzione delle emissioni».
ESPO ha nuovamente evidenziato che il monitoraggio delle
possibili iniziative per eludere l'applicazione della norma dovrebbe
essere avviato prima che entri in vigore, dato che tali iniziative
sono già in fase di programmazione o sono già state
attuate, monitoraggio che inoltre - ha ribadito l'associazione,
«dovrebbe avvenire in modo continuo e non solo con una
relazione ogni due anni». «Bisogna rendersi conto - ha
affermato Isabelle Ryckbost, segretario generale di ESPO - che, una
volta attuate l'elusione e la modifica delle rotte commerciali, sarà
molto difficile invertire gli sviluppi negativi».