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TRASPORTI
T&E, la strategia del governo italiano per la decarbonizzazione dei trasporti è sbagliata
Tritto: «il piano climatico italiano è pieno di incongruenze»
Bruxelles
15 dicembre 2023
Transport & Environment (T&E), l'organizzazione non
governativa europea che promuove la riduzione delle emissioni
inquinanti prodotte dal settore dei trasporti, ha bocciato il Piano
Nazionale Integrato per l'Energia e per il Clima (PNIEC) presentato
dal governo italiano guidato da Giorgia Meloni ed elaborato dai
ministeri dello Sviluppo Economico, dell'Ambiente e delle
Infrastrutture e dei Trasporti, rilevando che l'Italia manca di una
strategia efficace per evolvere verso un settore trasporti verde.
Relativamente alla decarbonizzazione del settore dei trasporti,
l'analisi di T&E osserva che, così com'è stata
pianificata dal governo italiano, si basa in larga misura su vettori
energetici inefficienti: entro il 2030 - spiega T&E - quasi due
terzi dell'energia “rinnovabile” totale nei trasporti
dovrà essere fornita dalle bioenergie, ma un impiego così
massiccio di biocarburanti espone l'Italia alla dipendenza
dall'import di materie prime, che oggi garantisce il 94% del totale
delle materie prime impiegate in Italia, e a potenziali frodi lungo
le catene di approvvigionamento. Secondo Transport &
Environment, il rilevante previsto utilizzo di biofuel risulta
particolarmente problematico relativamente al trasporto stradale,
per il quale l'organizzazione ritiene che l'elettrificazione sia la
soluzione più matura e meno emissiva attraverso la quale
ridurre contestualmente la domanda di energia primaria e
l'inquinamento atmosferico.
T&E rileva, inoltre, che in Italia è previsto che gli
e-fuel non siano assegnati a settori dei trasporti hard-to-abate, ma
a modalità di trasporto in cui il ricorso ai carburanti
sintetici è meno opportuno: l'analisi di T&E osserva che
il 93% degli e-fuel previsti dal PNIEC italiano verrà
“sprecato” per la mobilità di trasporto terrestre
destinandola ad auto, autobus, camion e treni, quando il loro uso
andrebbe destinato invece al trasporto aereo e al trasporto
marittimo, settori molto più difficili da elettrificare e per
cui i carburanti sintetici offrono la prospettiva più
promettente per la loro decarbonizzazione. L'analisi denuncia che
sono appena 29 le migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio di
RFNBO che il Piano prevede per aerei e navi, un valore reputato
insufficiente a soddisfare i requisiti minimi fissati dalle leggi
dell'UE sui carburanti verdi per l'aviazione e il trasporto
marittimo. Secondo T&E, sarebbe necessario aumentare la quota
degli RFNBO al 2% (con l'applicazione di moltiplicatori) e
destinarli alla decarbonizzazione dell'aviazione e del trasporto
marittimo, non del trasporto stradale, ed assicurarsi inoltre che
gli RFNBO costituiscano l'1,2% dell'energia per il trasporto
marittimo come raccomandato dalla direttiva europea RED III (con
l'applicazione di moltiplicatori).
L'analisi di T&E evidenzia l'inefficienza dell'uso di
carburanti sintetici per alimentare le automobili, che è
dimostrata - spiega il documento - dal fatto che se metà
delle auto fosse alimentata da e-diesel e metà da e-petrol,
nel 2050 queste consumerebbero quattro volte l'energia rinnovabile
delle auto a batteria, mentre il trasporto aereo e quello marittimo
e l'industria si servirebbero in modo più efficiente di
idrogeno, e-petrol, e-diesel e di altri carburanti sintetici.
Riferendosi specificamente al PNIEC italiano, l'analisi denuncia
che, «data la sfida della decarbonizzazione del trasporto
aereo e marittimo e la loro rilevanza per la Penisola, è
sorprendente che l'Italia non abbia adottato strategie nazionali per
questi due settori. In assenza di queste ultime - lamenta T&E -
il Piano contiene solo misure sparse per ridurre il consumo
energetico e l'impatto climatico degli stessi».
Ricordando che il Piano italiano «mira a elettrificare i
porti (ad esempio, circa 700 milioni di investimenti per il cold
ironing sono forniti da un fondo nazionale - Fondo supplementare -
che integra il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e a fornire
combustibili puliti al trasporto marittimo», l'analisi rileva
che «per sostenere questo sforzo, il governo potrebbe valutare
di: adottare una strategia per la decarbonizzazione del settore, con
data di emissione zero per tutte le rotte marittime e date di
phase-out delle emissioni nei porti; tutte le navi all'ormeggio o in
manovra nei porti italiani dovrebbero essere a emissioni zero entro
il 2035». Inoltre, per i ricercatori di T&E, l'Italia
dovrebbe «smettere di sostenere il GNL, il biogas e il
biometano per le navi e uniformare l'accisa al contenuto energetico
del carburante; mirare a una fornitura di elettricità a tutti
i tipi di navi all'ormeggio e in tutti i porti entro il 2030 (non
solo alle navi passeggeri e alle navi container come da AFIR)».
«Il piano climatico italiano - ha affermato Carlo Tritto,
policy officer di T&E Italia - è pieno di incongruenze:
assegna i diversi vettori energetici alle modalità di
trasporto derogando ai criteri di efficienza e sostenibilità.
Utilizzare il vettore energetico più efficiente per ogni
modalità di trasporto significa massimizzare la riduzione
delle emissioni, pur con le scarse risorse energetiche a
disposizione; al contrario, la traduzione di quel che il nostro
governo rivendica come un approccio di “neutralità
tecnologica” si rivela come una programmazione del tutto
inefficace. Il governo dovrebbe aggiornare il piano per concentrarsi
sull'elettrificazione di auto e camion, riservando i limitati volumi
di carburanti alternativi per aerei e navi, dove l'abbattimento
delle emissioni è una sfida ben più difficile».
«L'Italia - ha aggiunto Tritto - può ancora
correggere difetti e incongruenze prima di inviare la versione
definitiva del suo PNIEC. È vero che il settore del trasporto
su strada è altamente responsabile delle emissioni, ma è
anche quello con il potenziale di decarbonizzazione più
elevato, se paragonato a quello marittimo o aereo. Per questo è
importante ridurre il ruolo dei biocarburanti: perché
rimanere ancorati a questa soluzione inefficiente vincola ad anni di
importazioni dall'estero di materie prime potenzialmente fraudolente
o a rischio di deforestazione, dà messaggi confusi e
controproducenti ad un'industria automobilistica in crisi e in
ritardo nella corsa verso l'elettrificazione. E, soprattutto,
condanna il Paese a mancare i suoi obiettivi climatici».
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