La carenza di personale cui devono far fronte gli uffici dei PCF
(posti di controllo Frontalieri) e dell'USMAF (uffici di sanità
marittima e aerea e di frontiera), ambedue dipendenti dal Ministero
della Salute, che determina un collo di bottiglia per il traffico
delle merci nel Nord Italia, è drammatica. Lo ha denunciato
ALSEA, l'Associazione Lombarda Spedizionieri ed Autotrasportatori,
ricordando che questi uffici «svolgono una funzione strategica
per il Paese nei controlli, in particolare in importazione, poiché
sono addetti al controllo su prodotti di rilevanza sanitaria come
dispositivi medici, cosmetici e farmaci non autorizzati in Italia,
importati da Paesi non appartenenti all'Unione Europea (gli USMAF) e
su animali, prodotti di origine animale e mangimi di origine
animale, oltre che partite di alimenti e mangimi di origine vegetale
e di materiali e oggetti a contatto con alimenti (MOCA), ad esempio
posate e piatti».
Associandosi all'allarme lanciato recentemente dall'associazione
degli spedizionieri genovesi Spediporto, che evidenziava i forti
disservizi relativi alle merci in transito nel porto del capoluogo ligure
(
del 29
dicembre 2023), il segretario generale di Alsea, Andrea Cappa,
ha sottolineato che «quanto sta avvenendo in Liguria sta
penalizzando gli importatori italiani ed, in ultima analisi, i
consumatori. I ritardi che si registrano ai porti di Genova e Vado
rallentano le procedure e possono avere ripercussioni sui prodotti e
sui loro costi. Da oltre tre anni - ha ricordato Cappa - abbiamo un
tavolo aperto, tramite Confetra e Fedespedi, con il Ministero della
Salute che sta effettivamente producendo uno sforzo importante per
trovare medici, veterinari e tecnici. La verità, però,
è che, nonostante i concorsi e lo scorrimento delle
graduatorie, pochi di quelli che hanno vinto il concorso poi
accettano la proposta di lavoro del Ministero. Evidentemente questi
posti non sono attrattivi o perché pagati in maniera
insufficiente o per altre ragioni che non conosciamo».
«Le aziende milanesi e lombarde - ha proseguito il
segretario generale dell'Alsea - scontano grosse difficoltà
poiché non si può dimenticare che oltre il 50%
dell'import export delle merci della Lombardia passa dai porti
liguri. Inoltre, in questo momento, grazie all'abnegazione del
personale di USMAF e PCF Lombardo, non abbiamo ritardi strutturali
per le merci che transitano da Malpensa o arrivano via camion ma
siamo consapevoli che anche in Lombardia vi è una cronica
mancanza di personale che al primo raffreddore o ai prossimi
pensionamenti genererà nuovi ritardi nel rilascio delle
merci, come è avvenuto negli scorsi anni».
«È frustrante - ha osservato Cappa - pensare che,
con poche decine di persone e quindi ad un costo estremamente
ridotto per lo Stato, si potrebbe sanare il problema. Oppure si
potrebbe adottare in modo strutturale il modello nato durante la
crisi generata dal Covid. In quel periodo i controlli, che per la
stragrande maggioranza sono anche oggi solo documentali, non
venivano svolti solo dal personale dislocato nel porto o aeroporto
di riferimento ma veniva svolto dal personale libero che poteva
essere dislocato anche a centinaia di chilometri di distanza. Ecco,
quindi, che se si adottasse questo modello si potrebbero superare
tante criticità, affidando i controlli documentali anche a
personale distante, che in altre regioni può abbondare,
lasciando il controllo fisico sulle merci ai funzionari in loco».
«Capiamo - ha concluso Cappa - che si tratta di un modo
nuovo di lavorare, che presuppone intese sindacali e dotazioni
digitali adeguate, ma si può fare, con l'impegno e la
dedizione di tutti».