Dopo qualche giorno in cui le navi in transito nel Mar Rosso
meridionale non erano state colpite da droni e missili lanciati
dall'area dello Yemen controllata dai ribelli Houthi, periodo nel
quale sono proseguite le missioni delle forze armate angloamericane
per neutralizzare le basi di lancio degli ordigni, oggi una
rinfusiera in transito nello stretto di Bab el-Mandeb è stata
bersagliata da due missili che - ha reso noto l'United Kingdom
Maritime Trade Operations della Royal Navy - hanno causato lievi
danni e nessun ferito tra i membri dell'equipaggio della nave, che
ha proseguito il suo viaggio diretta verso il prossimo porto di
scalo.
Secondo il portavoce degli Houthi, Yahya Sare'e, la nave
centrata dai missili sarebbe la rinfusiera Star Iris che è
stata definita un'unità americana, mentre la portarinfuse
Panamax di 76mila tonnellate di portata lorda Star Iris, che
batte bandiera delle Isole Marshall, appartiene alla greca Star
Bulk.
Intanto i ricercatori Ronak Gopaldas, Daniel Van Dalen e Menzi
Ndhlovu, nel quadro delle pubblicazioni del sudafricano Institute
for Security Studies (ISS), hanno analizzato l'impatto sulle nazioni
africane della situazione di rischio per il trasporto marittimo nel
Mar Rosso. Se i Paesi africani, che ancora risentono delle recenti
crisi della pandemia di Covid-19 e della guerra in Ucraina, non
sfuggiranno neppure agli effetti della nuova crisi che sta
determinando una riduzione dei transiti di navi nel canale di Suez
dove passano circa il 12% degli scambi commerciali mondiali e il 30%
del traffico containerizzato mondiale - osservano i ricercatori -
alcune nazioni africane potrebbero però trarre alcuni
vantaggi commerciali e strategici.
Nella loro analisi, Gopaldas, Van Dalen e Ndhlovu rilevano che
sinora la reazione alla nuova crisi dei mercati finanziari e di
quelli delle materie prime è stata contenuta, anche se la
situazione potrebbe cambiare date le crescenti tensioni tra Iran,
Stati Uniti e Regno Unito che potrebbero inasprire l'aggressione
degli Houthi ed estendere il conflitto in altre aree, come l'Iraq e
il Libano. Inoltre nella regione è in atto un forte stato di
tensione tra Somalia, Etiopia e Somaliland, con il governo di
Mogadiscio che è contrario a che l'Etiopia, nazione senza
sbocco sul mare, raggiunga un accordo della durata di 50 anni con la
regione separatista del Somaliland per l'utilizzo del porto di
Berbera, sul Golfo di Aden, sia per scopi commerciali che militari.
I ricercatori precisano che ulteriore pressione, in questo contesto,
è apportata dalla volontà dell'Egitto di intervenire a
fianco dell'Etiopia.
In questo scenario - secondo Gopaldas, Van Dalen e Ndhlovu -
Egitto e Gibuti dovrebbero agire in modo più deciso nella
regione dato che le interruzioni del traffico marittimo
rappresentano un grande problema per i loro bilanci statali che sono
in gran parte alimentati dai proventi generati dai diritti
marittimi, con il solo Egitto sta perdendo oltre 400 milioni di
dollari al mese a causa della crisi nel Mar Rosso. Inoltre -
osservano - la continua instabilità nella regione potrebbe
produrre una decisa spinta all'inflazione e l'Africa, quale
importatrice di prodotti finiti, potrebbe risentire notevolmente di
questo trend già stimolato dal conflitto in Ucraina, impatto
che non potrebbe essere contrastato dai limitati strumenti fiscali e
monetari a disposizione dei politici africani.
L'analisi specifica che, tuttavia, come in ogni crisi ci saranno
vincitori e vinti e che, tra i beneficiari, ci potrebbero essere
Mauritius, Madagascar e, in parte, Namibia in quanto situati in
punti strategici sulla rotta marittima che collega l'Asia all'Europa
compiendo il periplo dell'Africa. Inoltre - spiegano Gopaldas, Van
Dalen e Ndhlovu - anche il Sudafrica potrebbe trarne il maggior
profitto, data la sua posizione e le sue moderne infrastrutture
portuali e logistiche, se i potenziali guadagni non venissero
vanificati dall'inefficienza dell'azienda pubblica Transnet. Nazioni
lunga la costa dell'Oceano Indiano come Kenya, Tanzania e Angola -
specificano inoltre i ricercatori - sono dotati di migliori
infrastrutture rispetto a Mauritius, Madagascar e Namibia, ma sono
fuori dalle tradizionali rotte marittime attorno al Capo di Buona
Speranza, e il Mozambico, che è in una migliore posizione
strategica, ha tuttavia appena iniziato il rinnovamento dei suoi
porti.
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