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TRASPORTO MARITTIMO
L'estensione dell'EU ETS allo shipping? Un bengodi per le compagnie di navigazione, sostiene T&E
I surcharge per l'ETS - denuncia l'organizzazione - rappresentano un esercizio di profitto, piuttosto che un trasferimento dei costi
Bruxelles
26 marzo 2024
L'applicazione al trasporto marittimo del sistema EU ETS di
scambio di quote di emissione dell'Unione Europea, che è
avvenuta dallo scorso primo gennaio dopo essere stata decisa nel
2022 con lo scopo di promuovere la riduzione delle emissioni di gas
ad effetto serra anche nell'industria dello shipping, sembra avere
attualmente l'effetto di avvantaggiare economicamente le compagnie
di navigazione. Lo sostiene uno studio condotto da Transport &
Environment (T&E), l'organizzazione che ha l'obiettivo di
sostenere la riduzione dell'impatto dei trasporti sull'ambiente,
secondo cui i vettori marittimi starebbero traendo profitto dalla
loro inclusione nel mercato del carbonio dell'UE.
Lo studio ha preso in esame un campione di 565 viaggi di 20 navi
in partenza e in arrivo nei porti europei delle prime quattro
compagnie di navigazione containerizzate europee - MSC, Maersk, CMA
CGM e Hapag-Lloyd -, da cui risulterebbe che quasi nel 90% dei casi
le compagnie di navigazione addebiterebbero ai propri clienti
soprannoli per coprire i costi dell'inclusione dei loro servizi
marittimi nell'EU ETS che frutterebbero alle società introiti
superiori rispetto a quanto effettivamente queste aziende sborsano
per compensare le emissioni prodotte dalle loro navi restituendo o
acquistando quote di unità di emissione per tonnellata di CO2
equivalente emessa sul mercato regolamentato.
Ricordando che nel 2024 le navi dovranno pagare solo il 40%
delle loro emissioni, percentuale che salirà al 70% nel 2025
e al 100% nel 2026, T&E ha fatto riferimento al «caso
limite» della compagnia danese Maersk che - ha spiegato
l'organizzazione - potrebbe aver guadagnato oltre 325mila euro per
un singolo viaggio dalla Cina alla Germania. Il valore medio dei
profitti derivanti dai soprannoli per l'EU ETS risulta essere
attualmente - secondo Transport & Environment - di 60mila euro
per ciascun viaggio di una nave Maersk preso in esame dallo studio,
di 25mila euro per una nave MSC, di 23mila euro per una nave della
Hapag-Lloyd e di 14mila euro per una nave della CMA CGM.
Lo studio evidenzia che, dei 565 viaggi analizzati, 486 (l'86%
del totale) avrebbero realizzato profitti eccezionali. La ricerca
precisa che i più elevati profitti derivanti per
l'applicazione dei surcharge per l'EU ETS generati da un singolo
viaggio di navi della Hapag-Lloyd, della CMA CGM e della MSC
sarebbero ammontati rispettivamente a 204mila, 139mila e 125mila
euro. In un intero anno - sottolinea lo studio - la portacontainer
Elly Maersk della Maersk si ritiene registrerà
profitti pari a 1,77 milioni di euro dall'applicazione dei surcharge
per l'ETS, la Benedikt della MSC pari a 1,37 milioni di euro,
la Alexis della CMA CGM profitti pari a 818mila euro e la
nave Al Jameliyah della Hapag-Lloyd a 639mila euro.
Non prendendo neppure in considerazione l'ipotesi che gli
eventuali elevati prezzi degli ETS surcharge applicati attualmente
dalle compagnie di navigazione possano essere conseguenza di una
fase iniziale di adeguamento, magari temporanea, al sistema europeo
di scambio di quote di emissione e al suo impatto sui vettori
marittimi, tutt'altro che facile da prevedere, Carlos Rico, esperto
di politiche sull'ambiente e sui trasporti presso la sede spagnola
di T&E, ha denunciato che «i giganti dello shipping hanno
utilizzato misure ambientali come un modo per far pagare di più
i clienti. Che si tratti del blocco nel Mar Rosso e di un nuovo
costo del carbonio - ha accusato - le compagnie di navigazione
vincono sempre».
Rispondendo implicitamente ai timori espressi dai porti
dell'Europa meridionale in vista dell'estensione dell'EU ETS allo
shipping circa la possibilità che le compagnie di navigazione
decidessero di modificare le rotte delle loro navi per evitare i
porti della regione facendole scalare in porti extraeuropei, «perché
mai - ha osservato Rico - dovrebbero farlo visto che da ciò
traggono profitto?».
Lo studio conclude che «probabilmente i profitti derivanti
dai surcharge per l'ETS supereranno gli effettivi costi per l'ETS a
carico delle compagnie di navigazione». «I loro clienti
e i consumatori finali - denuncia la ricerca - sopportano non solo i
costi delle emissioni, mentre i carrier guadagnano nuovi e rilevanti
profitti. Le economie di scala con cui opera il trasporto marittimo
consentono questo tipo di trasferimento dei costi. I consumatori
pagherebbero importi trascurabili per i prodotti finali, mentre le
compagnie di navigazione aumenterebbero i loro margini».
«Questa conclusione - precisa lo studio - è
prudenziale, in quanto tiene conto del presunto costo di emissione
delle navi portacontainer pari a 90€/tCO2, quasi il doppio
dell'attuale prezzo ETS di 56,75€ (al 03/12/2024). Sebbene i
vettori possano sostenere che questi costi saranno distribuiti su
diverse rotte e sull'intera flotta, i nostri risultati dimostrano
che le navi e le rotte in perdita rappresentano solo una piccola
minoranza della flotta di ciascuna compagnia. Pertanto, è
chiaro che i surcharge per l'ETS rappresenteranno un esercizio di
profitto, piuttosto che un trasferimento dei costi».
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