Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti utilizzi i
fondi derivanti dal regime di tassazione dell'EU ETS, il sistema di
scambio di quote di emissione dell'Unione Europea, per investimenti
in infrastrutture e nuovi equipaggiamenti per le imprese portuali.
La richiesta è stata avanzata oggi dal neo presidente di
Assiterminal, Tomaso Cognolato, nel suo intervento all'assemblea
pubblica dell'associazione, che rappresenta 88 società
terminaliste portuali italiane, che si è svolta a Roma. Nella
sua relazione, che pubblichiamo nel “ Forum
dello Shipping e della Logistica”, Cognolato ha inoltre
evidenziato che le imprese portuali dovrebbero avere la possibilità
di consorziarsi per l'autoproduzione di energia rinnovabile sotto la
guida delle Autorità di Sistema Portuale.
Nel suo saluto all'assemblea, il past president di Assiterminal,
Luca Becce, si è soffermato sui rapporti tra le imprese
portuali e la politica: «i nostri imprenditori, quelli che
rappresentiamo, quelli che fanno il Dna di Assiterminal - ha
spiegato - non chiedono alla politica e alle istituzioni favori o
scorciatoie. Chiedono scelte, chiedono strategia, che consentano a
chi crede che le idee e la progettualità, la funzione sociale
dell'impresa, possano stare nella competizione economica per le
opportunità che rappresentano per l'interesse generale, che è
e deve essere compatibile con il profitto che ciascuna impresa deve
perseguire. Questa pratica quotidiana che abbiamo fatto vivere nella
nostra azione, ci ha consentito di esprimere posizioni chiare su
vicende che, seppur collocate localmente, avevano e hanno una
funzione generale e potevano e possono rappresentare modelli
generali negativi. Abbiamo così potuto prendere posizioni
chiare, ad esempio - ha specificato Becce - sulle distorsioni che un
modello localistico della gestione portuale poteva produrre,
partendo dalla discussione sul Piano Regolatore Portuale della AdSP
di Genova e Savona. Distorsioni che danneggiavano e danneggiano la
funzione stessa dell'industria porto, una industria che alimenta un
mercato nazionale quando non internazionale e che, quindi, non può
essere governata con strumenti localistici che ne contraddicano la
funzione fondamentale. E le vicende genovesi, al netto di qualunque
valutazione di carattere penale, che non ci compete - ha rilevato il
past president di Assiterminal - ci dicono quanto quell'approccio
possa essere negativo per l'industria portuale, confondendo la
oggettiva necessità di relazione tra le istituzioni e le
imprese, con il patrocinio acritico di alcuni interessi particolari.
Leggere, ad esempio, che un autorevole esponente delle istituzioni
possa pensare che “non sia importante che tipo di merce si
movimenta su una concessione, ma sia importante che sia contento chi
la muove” fa male a chi pensa, come me, come noi, che
l'equilibrio merceologico di un porto, sancito nella zonizzazione
coerente al PRP e tradotto negli atti concessori e nei conseguenti
piani di impresa, che questo processo virtuoso contenuto nella legge
84/94, sia essenziale per favorire un corretto sviluppo degli
interessi privati garantendo una concorrenza sana tra gli operatori
e tenendo al centro l'interesse generale».
«Per queste ragioni - ha proseguito Becce - abbiamo sempre
chiesto che la gestione della portualità si muovesse in
coerenza con l'economia a cui ogni porto è connesso e che
alimenta. Per queste ragioni abbiamo condiviso quel documento nel
2015, così ricco di strategia, rappresentato dal Piano
Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica
(
del 6
luglio e 7
agosto 2015, ndr), che informò la riforma Delrio,
ma i cui effetti innovatori furono vanificati sia da una debolezza
della politica, incapace di superare le resistenze localistiche, sia
dalla scellerata e frettolosa riforma del titolo V della
Costituzione del 2001».
«La conseguenza di tutto questo - ha sottolineato Becce -
ha prodotto il fallimento di una idea di governo della portualità.
Ha vanificato il timido processo degli accorpamenti delle Autorità
Portuali, restato solo burocratico e incapace così di
produrre qualsiasi risultato né nel senso della
armonizzazione di strumenti così fondamentali per la corretta
concorrenza nel settore (due elementi su tutti: lavoro e
concessioni), ma neppure per ottimizzare la gestione degli organici
e delle funzioni…Non si deve davvero procedere oltre su
questa strada».
Inoltre il past president di Assiterminal, che ha guidato
l'associazione negli ultimi sette anni e mezzo, si è
soffermato sulla questione del rinnovo del contratto collettivo
nazionale dei porti: «proprio sul fronte del Ccnl, alla fine
dei miei mandati - ha affermato Becce - assisto alla più
amara delle vicende. Nel mio modo di essere, positivo al limite
della ingenuità, ho sempre pensato che, al di là delle
rivendicazioni e delle logiche di negoziazione, i risultati che in
questi anni che ci separano dal 2000 il Ccnl ha portato per il
lavoro e i lavoratori portuali avrebbero dovuto essere il fattore
che evitasse ogni drammatizzazione del confronto negoziale. I
livelli retributivi garantiti dal combinato tra Ccnl e
contrattazione decentrata, la più diffusa di tutti i comparti
economici proprio grazie all'impianto del Ccnl che ne esalta la
funzione; la diffusione del lavoro stabile e dei contratti a tempo
indeterminato; il sistema di relazioni sindacali; lo spazio per la
sicurezza e per la formazione (l'ambito portuale è uno dei
pochi, se non il solo, ad aver disciplinato l'articolo 49 del
decreto legislativo 81 con l'istituzione degli RLS di sito già
dal 2008….) ecco, questo è il patrimonio di fatti
scaturiti da una relazione positiva tra parti datoriali e sindacali
durante il corso di sette rinnovi, spesso chiusi prima della
scadenza di vigenza. La difficoltà di rinnovo del Ccnl cui
assistiamo, la drammatizzazione che vediamo operata dalle
organizzazioni sindacali - ha accusato Becce - stanno rischiando di
segnare in modo significativo la situazione. Proprio in una fase
dove tentano di affermarsi soggetti con approcci conflittuali,
corporativi, che vivono di antagonismo, in sintonia con i tempi bui
che viviamo e che prima descrivevo. Approcci che non si sconfiggono
scendendo sullo stesso loro terreno, ma rivendicando il grande
lavoro fatto in questi lustri. Per questo, dopo tanti anni di
esperienza relazionale e negoziale, mi permetto di fare un appello
alle organizzazioni sindacali perché si abbandoni questa
deriva conflittuale. Noi siamo stati al tavolo, cambiando
continuamente le nostre proposte e le nostre disponibilità.
Torni la ragione e la volontà di difendere e sviluppare il
Ccnl. Non si incoraggino storpiature sulla storia di questa
trattativa e sul comportamento datoriale».
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