Il Consiglio di Stato, con sentenza pubblicata ieri, ha accolto
il ricorso proposto dalla società terminalista Società
Terminal Contenitori Porto di Genova (SECH) del gruppo PSA Italy
contro l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure
Occidentale e il gruppo portuale e logistico Spinelli. La sentenza
ricorda che «l'appellante è autorizzata allo
svolgimento di operazioni portuali relative all'imbarco, allo sbarco
e alla movimentazione di containers nella banchina di Calata Sanità
(nel porto di Genova, ndr) assentitale in concessione. Il
piano regolatore portuale suddivide lo scalo genovese in ambiti e,
per quanto di specifico interesse, include la banchina di Calata
Sanità nell'ambito S6 la cui funzione caratterizzante è
“C1 - operazioni portuali relative a contenitori”
(cosiddetta “full container”). La controinteressata
Spinelli s.r.l. opera nel vicino ambito S3 (dove gestisce il Genoa
Port Terminal, ndr) la cui funzione caratterizzante è
“C2 - operazioni portuali relative alle merci convenzionali”
(cosiddetta “multipurpose”). La funzione C1 è
pure contemplata nell'ambito S3, ma semplicemente quale funzione
ammessa».
La sentenza pubblicata ieri ricorda poi che «in primo
grado l'odierna appellante affermava che la Spinelli svolgesse
prevalentemente operazioni portuali per traffici “full
container”, sebbene il suo terminal fosse compreso nell'ambito
S3 caratterizzato dalla funzione “multipurpose”.
Derivandone un preteso storno della propria clientela, essa aveva
proposto un'istanza di accesso documentale avente ad oggetto, tra
l'altro, la concessione demaniale rilasciata alla Spinelli.
L'istanza veniva accolta solo in parte dall'Autorità di
Sistema Portuale che ha rilasciato copia della concessione, ma non
del piano d'impresa cui essa fa rinvio. Sulla base di tale
posizione, veniva proposto un primo ricorso, ex art. 116 c.p.a.,
accolto dal Tar Liguria con la sentenza n. 233 del 18 marzo 2019. In
esecuzione della sentenza, l'Autorità di Sistema Portuale
provvedeva all'ostensione del piano d'impresa allegato alla
concessione. Tuttavia, ad avviso della stessa odierna appellante,
tale documento non conteneva la specifica indicazione dei traffici
che la Spinelli era autorizzata a svolgere nel proprio terminal,
sicché la concessione rilasciata alla stessa società
doveva ritenersi illegittima in quanto carente dell'oggetto o, in
alternativa, poiché consentiva prevalenti traffici “full
container”, in contrasto con la destinazione impressa all'area
dal piano regolatore portuale».
Il Consiglio di Stato ricorda quindi che, «nel merito il
giudice di prime cure ha ritenuto il ricorso infondato ritenendo non
condivisibile la tesi secondo cui la concessione rilasciata alla
controinteressata fosse illegittima perché non indicava le
operazioni portuali che potevano essere effettuate nel terminal
assentito. Ed invero l'art. 4.1. della concessione demaniale
marittima n. 28 del 12 marzo 2018 autorizzava la concessionaria
all'esercizio delle operazioni e dei servizi portuali aventi ad
oggetto i traffici meglio descritti nel programma di attività
allegato sub C. Tale programma integrava dunque la concessione
impugnata a dalla lettura dello stesso si rinviene che fosse
previsto, con le relative quantità, il traffico di container,
rotabili e merce varia. La concessione non poteva dunque dirsi
illegittima per mancata definizione dello scopo o delle attività
consentite. Anche il secondo motivo di ricorso non veniva accolto
dal giudice di primo grado, sul rilievo che il rispetto della
“destinazione funzionale caratterizzante”, dato che la
concessione della Spinelli comprendeva solo una parte dell'ambito
S3, non dovesse essere verificato relativamente alla singola
porzione o compendio assentiti in concessione, bensì
all'intero ambito nel quale essi sono inclusi. Ne consegue che,
anche volendo ammettere la prevalente movimentazione di containers
da parte della controinteressata in forza del titolo concessorio,
tale circostanza non sarebbe di per sé sufficiente a
dimostrare l'intervenuta violazione delle previsioni del piano
regolatore portuale, laddove il complesso delle attività
insediate nello specifico ambito si caratterizzano per la prevalente
movimentazione di merci convenzionali. In ogni caso, la nozione di
destinazione caratterizzante pare riferibile, non alle quantità
di merci movimentate, ma all'estensione dell'area destinata alla
specifica funzione. Infine veniva rigettato il terzo motivo di
ricorso che denunciava violazioni della concorrenza tra operatori in
quanto privo di rilievo giuridico».
Avverso tale sentenza Terminal Container Porto di Genova aveva
proposto appello. Nella sentenza pubblicata ieri, il Consiglio di
Stato rileva che «lo svolgimento dell'attività oggetto
di concessione deve essere pienamente conforme alle previsioni del
piano portuale per l'area interessata; questo costituisce il
presupposto basilare, teso a garantire l'operatività in
concreto delle scelte pianificatorie della governance portuale,
elementi fondamentali per lo sviluppo di un contesto rilevante quale
quello costituito da uno dei principali porti italiani».
Inoltre si osserva che «con l'atto impugnato in prime cure
viene concesso lo svolgimento prevalente da parte della originaria
controinteressata di attività di contenitori in area
incoerente rispetto alle scelte della pianificazione portuale, in
quanto caratterizzate da una diversa preminente attività così
come prevista dall'atto fondamentale», e specifica che «viene
quindi accertato che la concessione impugnata, rilasciata (in
coerenza con l'attività caratterizzante l'ambito interessato)
per lo svolgimento in misura del tutto prevalente di traffici full
container, non è coerente alla funzione caratterizzante
dell'ambito portuale S3 multipurpose; infatti, nell'ambito S3 del
porto di Genova il concessionario può esercire un terminal
multipurpose e, dunque, svolgere almeno in modo del tutto prevalente
- nel senso di caratterizzante - attività di tal fatta e non,
invece, prevalentemente operazioni portuali per traffici full
container, a cui sono destinati i terminal nei diversi ambiti S2 e
S6 (nel quale ultimo opera la parte appellante)».
«Va condivisa anche la constatazione critica - precisa
inoltre la sentenza - per cui l'operatività del tutto
prevalente nei traffici full container da parte di un terminalista
in ambito multipurpose, non sottoposto agli oneri di investimento e
ai costi operativi tipici dei terminal contenitori, determina una
evidente distorsione dell'assetto concorrenziale come regolato dal
piano portuale, in danno non solo degli interessi privati
concorrenti ma altresì degli interessi pubblici sottesi alla
pianificazione portuale».
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