
In occasione della riunione del Marine Environment Protection
Committee (MEPC) dell'International Maritime Organization (IMO), che
è in corso a Londra e che è cruciale per stabilire
modalità e tempistica del percorso di decarbonizzazione del
settore del trasporto marittimo, Transport & Environment (T&E),
l'associazione europea che promuove la riduzione dell'impatto
ambientale dei trasporti, ha ribadito la propria proposta per
ridurre le emissioni di gas serra prodotte dalle navi che è
basata su una tassa globale sul carbonio e nel contempo su requisiti
per i combustibili verdi, senza cui - ha sottolineato l'associazione
- sarà quasi impossibile raggiungere l'azzeramento delle
emissioni entro il 2050.
Infatti, secondo T&E, la riunione del MEPC in corso a Londra
giunge ormai fuori tempo massimo e, per di più, se la maggior
parte delle nazioni sostiene la strategia di un'eliminazione
graduale dei combustibili navali più sporchi, tuttavia non è
d'accordo su come dovrebbero essere conteggiate le emissioni e su
quali combustibili alternativi dovrebbero essere sovvenzionati. In
particolare - ha evidenziato l'associazione - continua ad esserci
disaccordo su tre questioni: sul grado di decarbonizzazione da
raggiungere e sulla tempistica per farlo, su quali combustibili
dovrebbero essere considerati verdi e su quanto dovrebbero pagare le
navi se non riescono a raggiungere gli obiettivi di
decarbonizzazione.
Relativamente alla prima questione, riguardante obiettivi e
traguardi, T&E ha sottolineato che se non vengono fissati
obiettivi vincolanti, è ancor più facile perdere di
vista obiettivi climatici poco chiari. L'IMO - secondo
l'associazione - per fornire certezza al settore dello shipping deve
quindi fissare questi obiettivi vincolanti sino al 2050.
Circa i fuel navali che dovrebbero essere considerati verdi, T&E non
ha dubbi: «petrolio e gas fossili - ha sottolineato
l'associazione - non sono verdi, punto. Allo stesso modo, nemmeno i
biocarburanti derivati da colture agricole. Un recente rapporto di
T&E - ha ricordato l'associazione - ha dimostrato che gli
attuali piani dell'IMO rischiano di creare un enorme nuovo mercato
per i biocarburanti che causano la deforestazione. Allo stato
attuale, le navi alimentate a biocarburante potrebbero rilasciare
270 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra in più
nel 2030 rispetto ad oggi, il che rende la situazione peggiore del
non fare nulla. Una vera sfida - ha rilevato T&E - sarà
trovare modi per incentivare i carburanti a idrogeno verde, che sono
assolutamente necessari ma farebbero fatica a decollare senza un
sostegno finanziario preferenziale, almeno nella fase iniziale ».
Rilevando che aumentare la produzione di idrogeno verde ad un
livello tale da poter alimentare le navi potrebbe richiedere del
tempo, T&E ha osservato che qualcosa che si può fare
subito: rendere le navi più efficienti. «Maggiore
efficienza - ha evidenziato l'associazione - significa meno consumo
di carburante e, quindi, meno emissioni. L'efficienza può
essere raggiunta incoraggiando le navi ad utilizzare l'energia
eolica, a rallentare la navigazione o a coordinarsi con i porti per
ridurre i tempi di attesa. Il fatto positivo è che queste
opzioni sono già disponibili per molte navi a livello
globale». Inoltre - ha rilevato ancora T&E - «misure
come il Carbon Intensity Indicator possono aiutare a garantire che
le navi migliorino la loro efficienza. Ma l'IMO deve concentrarsi
sull'assicurarsi che il CII sia adatto allo scopo se vuole davvero
supportare le navi nel raggiungimento dei propri obiettivi. Se non
ci riesce e continua a discutere di eccezioni che ne erodono
l'efficacia, perderà l'occasione di una facile vittoria».
Per T&E, il miglior risultato che l'IMO potrebbe conseguire
dovrebbe includere uno standard sulla riduzione delle emissioni di
gas serra dei carburanti navali che tenga conto delle emissioni
dell'intero ciclo di vita, obiettivi vincolanti di riduzione dei gas
serra per le navi fino al 2050 combinati con un'imposta universale
di 150 dollari/tonnellata di emissioni di gas serra e un CII
rigoroso. «Ciò - ha concluso l'associazione -
garantirebbe entrate prevedibili ed elevate per supportare
investimenti a lungo termine in e-fuel e tecnologie pulite,
consentendo al contempo una transizione giusta ed equa».