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Se la relazione di Marino Abbo, presidente dell'Associazione Ligure Commercio Estero (A.L.C.E.), all'assemblea dei soci tenutasi lo scorso anno poteva essere definita 'cautamente ottimista', quella presentata oggi presso la Camera di Commercio di Genova lascia poco spazio alle interpretazioni: preoccupazione per lo sviluppo dell'economia italiana e ligure, e una decisa critica alla pianificazione dei sistemi di traffico della regione e in particolare di Genova, caratterizzano l'analisi del Consiglio dell'A.L.C.E.
"Nel 1997 l'economia italiana ha avuto una moderata ripresa dopo il sensibile rallentamento accusato nel corso dell'anno precedente" - ha detto Abbo parlando della congiuntura italiana - e la discesa del tasso ufficiale di sconto, dal 7,5% a fine '96 all'attuale 5%, ha favorito le imprese italiane e quindi anche lo società di trading. Ma il costo del denaro resta elevato per le alte spese di gestione degli istituti bancari.
Mancano poi segnali positivi dal mercato del lavoro: la disoccupazione ufficiale ha toccato un massimo storico superando il 12,3%, percentuale che pone l'Italia agli ultimi posti della classifica europea, tra Germania (11,8%) e Francia (12,4%).
Nel 1997 c'è stato inoltre un ulteriore aumento della pressione fiscale che "ha raggiunto livelli insopportabili per le pmi, che vorrebbero anche una semplificazione del sistema".
L'introduzione dell'euro, se da un lato potrà favorire le attività legate al commercio internazionale, dall'altro "causerà una rivoluzione informatica all'interno delle aziende con un innalzamento dei costi dovuto all'adeguamento dei sistemi, comporterà una maggiore trasparenza dei prezzi con minori possibilità di cambiare i listini a seconda dei Paesi e la perdita di qualsiasi vantaggio competitivo legato a eventuali svalutazioni". Imprese che dovranno - ha detto Abbo - tenere conto di Internet, "che consente di essere in contatto diretto con tutto il mondo e sta già cambiando il modo di vendere e comprare a costi davvero esigui".
Fonte di preoccupazione per le aziende italiane viene anche dalla situazione in Oriente: il commercio italiano ha già subito le conseguenze, e continuerà a soffrire, a causa della crisi dei mercati asiatici. "La flessione dell'economia del Far East è iniziata alla fine del terzo trimestre del 1997, si è protratta per tutto il quarto e si rifletterà pesantemente sul '98 e sul '99".
I dati Istat indicano che per la quinta volta a partire dal '93 la bilancia commerciale italiana si è chiusa in attivo toccando i 51.306 miliardi di lire. Il saldo del '97, però, è inferiore a quello del '96 che ammontava a 67.599 miliardi. Sono cresciute sensibilmente le importazioni, a un ritmo doppio rispetto alle esportazioni, che godono comunque di buona salute e sono notevolmente salite.
Il debito estero italiano nel 1992 aveva quasi raggiunto il 12% del Pil, mentre oggi questa percentuale è stata pressoché interamente annullata. Il rafforzamento della lira aveva inizialmente causato qualche difficoltà alle esportazioni, che hanno poi ripreso slancio. "La loro espansione è, in ogni caso, rimasta inferiore alla dinamica del commercio internazionale. Secondo il Fmi - ha detto Abbo - la quota di mercato mondiale detenuta dai prodotti italiani è scesa (nel periodo gennaio-settembre '97) dal 4,3% al 4%. Questo è un dato che deve far pensare, in quanto con l'avvento dell'euro non saranno più possibili aggiustamenti più o meno voluti o costruiti dei tassi di cambio".
In controtendenza rispetto alla bilancia commerciale italiana, il commercio estero in Liguria - secondo i dati Istat - ha registrato nel '97 importazioni superiori alle esportazioni, con l'import cresciuto del 9,96% e l'export del 4,16%. Il tasso di disoccupazione regionale è sceso dello 0,2%, attestandosi all'11,87% contro una media nazionale del 12,39%.
L'analisi dell'Associazione Ligure Commercio Estero si sofferma quindi sui numeri dei porti liguri del 1997.
A Genova il traffico container è cresciuto del 42,9% rispetto al '96, raggiungendo 1.179.955 teu. Le merci sono salite del 30,2%, con 16.746.241 tonnellate; il traffico convenzionale ha toccato i 6 milioni di tonnellate (+10%). Sono calati invece gli oli minerali (-33,75%), a causa della definitiva chiusura dell'oleodotto Snam che collegava Genova con la Germania. Nel settore turistico i crocieristi sono diminuiti di circa 40 mila unità (-11%): "il motivo della flessione - ha sottolineato Abbo - va ricercato nel trasferimento presso il porto di Savona di alcune linee e nella scarsa capacità attrattiva di Genova quale città turistica". Stabile invece, con oltre 2 milioni di passeggeri, il movimento al terminal traghetti. È cresciuto infine sensibilmente (+63,17%) il traffico ferroviario.
La Spezia ha accusato invece il trasferimento sulle banchine di Genova delle attività del gruppo Messina, e i container sono passati dagli 871.100 teu del '96 a 615.604 teu dello scorso anno. La crescita degli oli minerali (+2,9%) "non basta a rendere positivo il bilancio totale del traffico commerciale, il quale scende dalle 11.280.978 tonnellate del '96 alle 10.737.501 tonnellate del '97 (-4,8%). In discesa (-70,6%) anche il movimento passeggeri. "Per far fronte a questa situazione La Spezia sta cercando di potenziare un settore significativo per lo scalo, quello, cioè, delle riparazioni navali e, in genere, della cantieristica ma guarda anche con interesse al traffico crocieristico".
Nel '97 a Savona è continuata la crisi. Sono diminuiti del 32,9% i container movimentati e anche il traffico totale delle merci ha subito una flessione (-11,2%). "Le speranze di una ripresa delle attività portuali vengono riposte nella conversione di una parte dello scalo al turismo, attrezzando le banchine sia per i diportisti che per le navi da crociera. Dal punto di vista del lancio turistico potrà avere peso il recente trasferimento dei traghetti della "Corsica Ferries" da Genova a Savona. Anche il bacino di Vado Ligure, che ha un notevole potenziale sia per i collegamenti che per le strutture, non ha ancora espresso appieno le proprie potenzialità".
E' cresciuto il movimento totale delle merci nel porto di Imperia, che nel '97 è stato di 170.919 tonnellate (+17,3%).
"Se si confrontano i dati degli ultimi due anni riguardanti l'andamento complessivo del traffico merci (compresi gli oli minerali) del sistema dei quattro scali della Liguria - ha detto Abbo - ci si accorge che la movimentazione nel '97, pari a 64.736.619 tonnellate, ha subito una flessione superiore ai 5 milioni di tonnellate rispetto al '96 (quando il totale raggiungeva i 70.061.157)".
Riferendosi ai dati esposti per ogni scalo Abbo ha aggiunto che "esistono molti trasferimenti divisi tra i vari porti di quello che abbiamo chiamato il 'sistema alto Tirreno' e che si può definire tale, però, solo sulla carta geografica. Non ha ancora saputo aggredire, infatti, i traffici che passano tra Gibilterra e Suez. La nascita di un vero sistema è improcrastinabile se si vuole offrire un efficiente servizio, via Mediterraneo, alle imprese e ai consumatori, presenti in una vasta zona del territorio europeo. Che oggi affrontano costi non necessari uniti a tempi troppo lunghi. Il sistema alto Tirreno, inoltre, ha bisogno di infrastrutture terrestri al passo con i tempi e in linea con le aspettative degli utenti. A questo proposito, da anni l'Alce ripete che occorrono aree polifunzionali portuali per le merci; è assolutamente necessaria, inoltre, l'apertura del terzo valico (per meglio collegare Genova con la pianura padana e il Nord Europa). Bisogna procedere poi al raddoppio della pontremolese e della Genova-Ventimiglia; all'ammodernamento della Genova-Ovada-Alessandria e della Savona-S. Giuseppe di Cairo; alla realizzazione del raccordo-bretella tra la città e il Vte (attraverso ferrovia e autostrada) e della bretella Chiavari-Busalla". "Sarebbe inoltre necessario che una parte consistente del prelievo che viene effettuato alla frontiera fiscale fosse lasciata alle città portuali".
Stringendo l'analisi a Genova e il suo porto, Abbo a parlato della penuria di spazi di cui soffre lo scalo, problema aggravato dalla "mancanza di un organico progetto per l'uso del territorio cittadino". "In questi ultimi tempi è stata presentata la bozza del nuovo Piano regolatore portuale. Ancora una volta dobbiamo lamentare il non coinvolgimento della nostra categoria nella sua elaborazione. Si ha l'impressione che i rappresentanti della merce non debbano avere voce in capitolo nelle scelte che riguardano il porto, eppure è proprio la merce che consente al porto di vivere". E Abbo ha affondato il fendente sul nuovo strumento di pianificazione territoriale del porto, definendolo "assai deludente. Se da un lato, infatti, mostra molti tombamenti e quindi il riempimento di specchi acquei a favore di spazi coperti e scoperti potenzialmente al servizio di traffici specializzati, dall'altro non risolve il problema dei prodotti chimici in precedenza previsti a Calata Oli Minerali. Ricordiamo, infatti, che la società Tankimica aveva, nel non lontano dicembre '94, portato a termine con successo la procedura di Via (Valutazione impatto ambientale) al fine di consentire la delocalizzazione di Superba e Carmagnani. Nel documento sopra citato, invece, non solo non vi è traccia, a Calata Oli Minerali, di rinfuse liquide, ma addirittura si declassa la banchina occidentale del porto di Multedo, ove oggi operano quelle società, a luogo nel quale 'ospitare i mezzi nautici di servizio e le funzioni a terra ad essi connesse'".
Genova - ha aggiunto Abbo - sembra voler dare l'ostracismo ai prodotti chimici, specie a quelli infiammabili, come se la loro pericolosità fosse un fatto assodato e non dipendente dal tipo di impianto di stoccaggio; senza tener conto inoltre dei vantaggi in questo settore del porto genovese rispetto agli altri scali italiani, come la minor distanza dall'industria consumatrice della Val Padana, l'assenza di nebbia rispetto ai porti adriatici e il maggior pescaggio di cui è dotato.
Abbo ha ironicamente sottolineato che nel piano regolatore portuale non vi è cenno all'attività di bunkeraggio: "essa scompare a Calata Oli Minerali, evidentemente alla scadenza dei decreti di concessione di chi la svolge oggi, ma non ricompare altrove, neppure al porto petroli. Forse nella mente dei redattori del piano le navi potranno utilizzare una nuova fonte d'energia. O forse pensano di poter tornare ai velieri. D'altra parte, almeno il vento, probabilmente a Genova non mancherà".
Una grande 'chance' per lo scalo genovese rimane l'area per la lavorazione a caldo delle acciaierie di Cornigliano e per i 100-150 mila metri quadrati che potranno essere ottenuti dalla dismissione di una parte di queste superfici, dove sarà possibile svolgere attività di manipolazione delle merci. Un'altra opportunità potrà venire, una volta realizzato il polo logistico, dall'istituzione al suo interno di una zona franca per la manipolazione della merce.
Riguardo l'aeroporto, il presidente dell'A.L.C.E. ha ricordato come il "Cristoforo Colombo" non riesca a competere con l'aeroscalo di Nizza, che anzi continua a sottrargli traffico. Per lo scalo genovese, compresso nel settore passeggeri tra il primo polo aeroportuale italiano di Milano a Nord e lo scalo di Nizza (secondo aeroporto francese quanto a importanza) a Ovest, "il vero bacino d'utenza è quello proveniente dalla sua provincia, da Savona e dal basso alessandrino. Gli utenti della Spezia orbitano, invece, tra il capoluogo ligure e Pisa. Il Cristoforo Colombo, dunque, serve poco più di un milione di abitanti". Esistono comunque elevate potenzialità nei settori del turismo e del trasporto merci: "potrebbero essere attivate, per esempio, nuove linee sia interregionali sia verso l'Est, la Grecia, il Medio Oriente, il centro Asia e l'Africa, creando magari dei voli misti cargo-passeggeri. Occorre, insomma, lo sosteniamo da anni, far crescere la mentalità dell'accoglienza sia per le persone che per le merci. Pensare, però, che l'aeroporto di Genova possa far concorrenza a Milano o a Nizza ci sembra assolutamente utopistico".
A conclusione del suo intervento Marino Abbo ha affermato che "le potenzialità del nostro Paese, della nostra regione sono elevatissime. Anche il commercio estero ha grandi potenzialità (siamo al centro del Mediterraneo e la porta dell'Oriente). Per svilupparle dobbiamo chiedere con assoluta determinazione, non di essere aiutati, ma almeno di non essere ostacolati o, peggio, vessati; di diventare finalmente cittadini di uno Stato che indica le linee guida di politica economica e non sudditi di uno Stato che pretende tanto restituendo pochissimo e spesso pone il suddito al suo servizio".
Il testo integrale della relazione
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