A.L.C.E.
Associazione Ligure Commercio con l'Estero
Relazione di Marino Abbo, presidente del Consiglio Direttivo, all'assemblea
7 Maggio 1997
COMMERCIO INTERNAZIONALE
L'ANDAMENTO DEL 1996
E' evidentemente il commercio
internazionale il motore della crescita dell'economia mondiale.
Anche se nel 1996 si è registrata un rallentamento nel
tasso di espansione degli scambi, il 5% contro l'8 % del 1995
e il 10% del 1994, il volume delle transazioni internazionali
continua ad aumentare a ritmi doppi o tripli rispetto a quelli
con i quali cresce la produzione. E se i Paesi africani partecipano
solo marginalmente -ma non sono comunque del tutto assenti- a
questa tumultuosa crescita commerciale, protagonisti sono soprattutto
alcuni paesi asiatici, in primo luogo la Cina e l'India, seguiti
da molti Paesi sudamericani e, infine, dalle grandi aree sviluppate,
Europa, Stati Uniti e Giappone, con tassi di espansione più
contenuti.
FATTORI DI SVILUPPO
Tra la fine del 1996 e l'inizio
di quest'anno si sono verificati due eventi determinanti sullo
sviluppo del commercio internazionale e dell'economia mondiale.
Si tratta di due accordi, uno per la liberalizzazione degli scambi
mondiali di prodotti dell'information technology, concluso nel
dicembre scorso a Singapore e l'altro per la liberalizzazione
dei servizi di telecomunicazione, definito a metà febbraio
a Ginevra. Obiettivi raggiunti nel quadro della World Trade Organization,
alla quale aderiscono ormai 128 Paesi. L'accordo sulle tecnologie
informatiche ha superato la soglia del 90 per cento di adesioni,
che ne assicura l'effettivo decollo. L'intesa per le telecomunicazioni
si proietterà sui prossimi anni e avrà completa
efficacia solo dopo il Duemila. Le conseguenze di queste intese
saranno formidabili, dato che già oggi gli scambi mondiali
nei due settori superano i mille miliardi di dollari, più
di un sesto del commercio mondiale di beni e servizi. Ma l'aspetto
preponderante è quello meno facilmente quantificabile,
riguarda l'impatto che la liberalizzazione in questi comparti
avrà sugli altri. L'effetto di benessere per tutti i paesi
del mondo potrà essere elevatissimo. Le prime stime, a
cura dell'Institute for International Economics di Washington,
parlano di un trilione di dollari (1,7 milioni di miliardi di
lire) di qui al 2010, tra investimenti e risparmi realizzati grazie
alla caduta delle tariffe telefoniche.
Occorre comunque considerare
che tale potenziale esplosione di effetti positivi dovrà
trovare corrispondenza in mercati nazionali sempre più
concorrenziali ed efficienti. Questo presuppone che i monopoli
statali, spesso ancora presenti in molti Paesi in via di sviluppo,
ma anche in Paesi industralizzati, come l'Italia, cedano il
passo alla libera concorrenza tra privati produttori di beni e
servizi.
Per aprile è previsto
l'inizio dei negoziati sui servizi finanziari, che nel corso
del 1997 dovrebbero concludersi, consentendo, tra l'altro,
la libertà di commercio dei titoli mobiliari, mentre
l'Unione Europea si prepara a riconsiderare la questione dei sussidi
in agricoltura. Un altro terreno di negoziato in seno al WTO
sarà rappresentato dai noli sui trasporti marittimi e sulle
tariffe portuali
ITALIA: I CONTI ECONOMICI DEL 1996
E IL CAMMINO VERSO L'EUROPA DI MAASTRICHT
BILANCIO DEL 1996
Il 1996 ha rappresentato per
l'Italia un anno di sensibile rallentamento della fase espansiva
che aveva connotato il biennio precedente. (+2,2 nel 1994 e +2,9
nel 1995) Il risultato finale registrato dall'ISTAT è stato
infatti pari a +0,7%, che costituisce, secondo l'istituto,
"un rallentamento significativo della crescita anche in rapporto
con gli altri paesi".
Tutto il panorama dell'economia
sembra avere tinte piuttosto grigie. I consumi sono saliti appena
dello 0,7%. Il deficit pubblico è lievemente migliorato,
calando al 6,7 %(7% nel 1995) rispetto al pil, mentre l'avanzo
primario, esploso nel 1995 (4,4 % sul pil), si è ripetuto
quasi allo stesso livello nel 1996 fissandosi al 4%. La contenuta
crescita dei consumi finali interni risulta inferiore a quella
del 1995 (+1,1%). Il rallentamento dell'economia e la fine degli
effetti della legge Tremonti hanno frenato gli investimenti,
che sono saliti appena del'1,2 %, contro il 6,9 % dell'anno precedente.
Il 1996 ha inoltre segnato un
pausa lungo il sentiero di riequilibrio dei conti pubblici. Le
correzioni apportate con la manovra di bilancio per il 1996 e
con il pacchetto delle misure addizionali introdotte in giugno
hanno infatti prodotto effetti inferiori a quelli programmati
dal Governo.
Nel complesso, la differenza
tra il saldo preventivato nell'inverno del 1995, 61.400 miliardi
e quello accusato nel 1996, intorno ai 100.000 miliardi, è
del 26 %.
Il tasso tendenziale di inflazione
è calato nel corso dell'anno, fino a toccare il 2,6 per
cento in dicembre. La discesa dell'inflazione ha reso possibile
l'abbassamento del tasso di sconto; il suo livello progressivamente
è stato portato al 6,75%, che corrisponde al valore più
basso degli ultimi venti anni, anche se i tassi d'interesse a
breve termine restano troppo elevati, sia in termini reali sia
nel confronto con quelli prevalenti negli altri Paesi europei
e ostacolano l'attività economica. Peraltro, l'abbattimento
delle attese di crescita dei prezzi sul lungo periodo, ottenuto
attraverso il rafforzamento della credibilità antinflazionistica
della Banca centrale, ha condotto a una progressiva convergenza
dei tassi a lungo termine: il differenziale tra i titoli di stato
italiani e gli analoghi tedeschi si è ridotto all'inizio
di quest'anno a circa 1,5 punti percentuali contro i 4,3 punti
del gennaio 1996. La politica monetaria rigorosa ha gradualmente
rafforzato la posizione della lira sui mercati permettendo, alla
fine di novembre, il suo ritorno nello Sme, passo indispensabile
per la partecipazione all'Unione monetaria. La nuova parità
centrale con il marco è stata fissata ad un livello (990
lire) assai vicino a quello su cui era orientato il mercato nei
mesi precedenti. e sostenibile in un'ottica di proseguimento del
cammino di convergenza. In effetti, il periodo successivo al
reingresso nello Sme ha visto la lira mantenersi sempre al di
sotto di tale parità e all'interno della fascia "ristretta"
di oscillazione.
L'AZIONE DEL GOVERNO
All'origine dell'involuzione
della dinamica espansiva operano diversi fattori: una sostanziale
debolezza dell'economia italiana nella difficile fase di passaggio
politico-istituzionale resa più complessa dagli obblighi
derivanti dal Trattato di Maastricht; l'apprezzamento del cambio
e il rientro della lira nello S.M.E. che hanno comportato una
minor competitività dell'Italia sui mercati internazionali,
con ripercussioni sul volume delle esportazioni. Ma, con tutta
evidenza, un peso determinante è stato esercitato dalla
caduta della domanda interna. La contrazione dei consumi delle
famiglie, dovuta alle politica economica e finanziaria adottata
per ottenere la piena integrazione nell'Unione europea e al permanere
di elevati tassi di disoccupazione, ha infatti ridotto il reddito
reale disponibile.
L'Associazione Ligure per il
Commercio Estero ritiene che l'ingresso dell'Italia nell'unione
monetaria europea già al primo turno sia un obiettivo di
primaria importanza. Sono infatti evidenti i vantaggi che verrebbero
agli operatori di commercio estero e all'economia italiana da
un regime di stabilità dei cambi, ma soprattutto dal risanamento
strutturale dei conti pubblici ed in generale dalla potente spinta
verso l'economia di mercato indispensabili per raggiungere i parametri
richiesti. Maastricht va visto quindi non solo come obiettivo,
come un punto d'arrivo, ma come il punto di partenza per affrontare
le sfide poste dalla globalizzazione dei mercati.
Pur prescindendo dalle polemiche
di parte, non si può non rilevare che il Governo non soltanto
sembra incontrare gravi difficoltà nel guidare l'Italia
verso l'Europa di Maastricht, ma, non riuscendo a correggere
i meccanismi che generano l'abnorme spesa pubblica ed a mettere
mano agli evidenti problemi di carattere sociale ed economico
, si trova costretto a premere sulla leva fiscale, mettendo a
rischio la crescita economica del Paese. Dopo la finanziaria
di dicembre, presentata come risolutiva per l'entrata nell'Unione
monetaria, e fondata sul prelievo fiscale, il Governo ha dapprima
prefigurato un anticipo della finanziaria 1998 da attuarsi d'accordo
con l'opposizione, poi ha glissato sulla necessità di una
manovra correttiva e infine ha varato un'operazione da 15.500
miliardi, attualmente in fase di elaborazione, composta in
gran parte di entrate e rinvii di spesa, con ben pochi risparmi
duraturi. Il Fondo Monetario Internazionale, nei mesi scorsi,
aveva definito in un rapporto le misure prese dal Governo italiano
nell'ambito della legge finanziaria "frettolose" e "carenti
in termini di specificità e di qualità" e tali
quindi da "non garantire né il raggiungimento degli
esiti di politica di bilancio nel 1997 né la loro sostenibilità
successivamente".
I PROBLEMI STRUTTURALI
I problemi strutturali dell'Italia,
che ostacolano l'ingresso nell'Unione monetaria, sono delineati
con chiarezza nei rapporti annuali prodotti dall'OCSE. Tali rapporti
contengono, oltre a un esame dell'andamento macroeconomico,
sezioni monografiche puntuali che in questi ultimi anni hanno
riguardato, nell'ordine, la spesa sanitaria ("uno dei principali
settori, insieme con le pensioni, in cui è necessario
effettuare risparmi nel bilancio pubblico"), le privatizzazioni
(un campo in cui "comparata alla maggioranza degli altri
Paesi OCSE, l'Italia è rimasta indietro"), il mercato
del lavoro ("tradizionalmente caratterizzato da un insieme
pervasivo di regole"), la previdenza ("un sistema non
più sostenibile" e tale da essere diventato una "delle
maggiorii cause determinanti del debito pubblico e della riduzione
del saggio di risparmio"). Significativo, a questo proposito,
lo studio compiuto negli USA dall'istituto Heritage Foundation
assieme al quotidiano Wall Street Journal, che ha calcolato il
grado di liberalizzazione di 150 Paesi sulla base di dieci diversi
fattori, tra i quali la pressione fiscale, il controllo sui prezzi,
l'intervento del governo nell'economia. Da tale ricerca l'Italia
risulta in tema di libertà economica all'ultimo posto tra
i paesi del G 7 e trentaseiesima su scala mondiale.
IL PESO DEL FISCO
Un primato che il nostro Paese
detiene con certezza, almeno in ambito europeo, è quello
della tassazione sui redditi d'impresa. Se confrontiamo le aliquote
legali sul reddito delle società di capitali vigenti negli
Stati dell'Unione europea nel 1996, vediamo che l'Italia presenta
l'aliquota più elevata. Con il 53,2 % rispetto a una media
UE del 38 %, al 42 % della Germania, al 36,6 % della Francia,
al 36 % della Spagna, al 33 % del Regno Unito. Riteniamo che
queste cifre non consentano un grande varietà di interpretazioni.
Anche in campo fiscale, e specialmente nei rapporti tra fisco
e imprese, dobbiamo avvicinarci agli altri Paesi europei.
GLI SCAMBI CON L'ESTERO NEL 1996
Secondo i dati diffusi dall'ISTAT,
il '96 è stato caratterizzato da una diminuzione dei valori
quantitativi dell'export e dell'import.
Gli acquisti dall'estero sono
calati di più per la debolezza della domanda interna. Il
risultato delle vendite all'estero, tuttavia, è stato positivo,
se si tiene conto che la rivalutazione della lira ha portato via
un 9% di competitività e i mercati di maggiore sbocco,
gli europei, sono cresciuti meno nel panorama mondiale. E se è
vero che le quote di mercato del made in Italy si sono ridotte
in quantità (dal 4% al 3,7%), quelle in valore sono salite:
segno del fatto che il nostro sistema di imprese è riuscito
a compiere un altro passo in avanti, producendo e vendendo meglio.
Nel 1996 l'interscambio dell'Italia
col resto del mondo ha registrato un avanzo di 63.420 miliardi,
risultato che migliora di 21.064 miliardi il precedente primato
stabilito appena un anno prima (+ 42.536 miliardi il surplus del
1995): la crescita è stata quasi del 50%.
Nel corso del 1996 le importazioni
sono ammontate a 290.923 miliardi di lire, con una diminuzione
del 4,8% rispetto ai 305.439 miliardi totalizzati nell'anno precedente,
mentre le esportazioni sono salite a 354.343 miliardi, con un
incremento dell'1,9% nei confronti del 1995 (347.795 miliardi).
La dinamica positiva dell'avanzo
è stata determinata dall'aumento del saldo con i paesi
Ue (+29%), con gli Stati Uniti (+14%), con i nuovi paesi industrializzati
asiatici (19%), e dal notevole incremento del saldo attivo con
i paesi dell'EFTA (da un saldo negativo di 84 miliardi nel 1995
ad un attivo di 1.204 miliardi), con i paesi dell'Europa centrale
ed orientale ( da un passivo di 2.272 miliardi ad un attivo di
3.626 miliardi)
C'è però da sottolineare
che in più di un settore la frenata delle esportazioni
è risultata piuttosto incisiva: flessioni del 12,9% accusano
infatti i minerali ferrosi e non ferrosi, dell'1,8% i minerali
e i prodotti non metallici, dello 0,6% i prodotti chimici e dello
0,5% i prodotti agricoli e della pesca. In aumento, invece, le
vendite di prodotti energetici (+12,4%), della metalmeccanica
(+4,8%) e del tessile-abbigliamento (+3,1%).
Tra le importazioni al contrario,
i soli a far registrare variazioni positive sono i mezzi di trasporto
(+0,9%) e i prodotti energetici (+8,6%): in rosso gli altri settori.
Sul fronte comunitario l'intero
1996 ha visto scendere le importazioni a 175.722 miliardi (-4,7%)
e le esportazioni a 195.492 miliardi (-2,1%). Il saldo, comunque,
si è attestato sui 19.770 miliardi, con un progresso di
4.467 miliardi nei confronti del 1995.
Quanto ai settori, è aumentato
il saldo attivo dei prodotti metalmeccanici (+ 6% rispetto al
1995) mentre sono diminuiti quelli dei minerali e prodotti non
metallici (- 7%) e dei prodotti tessili (-1%), sono peggiorati
i saldi negativi dei prodotti agricoli (+34%), dei prodotti energetici
(+16%), mentre sono migliorati quelli dei minerali, ferrosi e
non (- 20%), dei prodotti chimici (- 6%) e dei mezzi di trasporto
(-5%).
Sempre sul fronte dell'interscambio
comunitario, nel 1996 si è registrato un incremento dell'attivo
con la Spagna (+9% rispetto al 1995), la Gran Bretagna (+13%),
la Grecia (+3%) e la Germania (+6%), ma soprattutto con la Francia
(da 3.301 a 5.026 miliardi: + 50%), nonostante un calo dell'export
del 3,5%
Per quanto riguarda l'interscambio
extracomunitario abbiamo già sottolineato quali sono i
Paesi con cui la dinamica degli scambi è stata più
soddisfacente. Per quanto riguarda invece la suddivisione dei
dati per comparto produttivo si sono avuti dei miglioramenti dei
saldi attivi dei minerali e prodotti non metallici (+ 10%), dei
prodotti chimici (+ 50%), dei prodotti metalmeccanici (+ 16%),
dei mezzi di trasporto (+ 7%), dei prodotti tessili (+ 25%), mentre
è aumentato il saldo passivo dei prodotti energetici (da
-23.871mld a -25965 mld).
Nel 1995 l'Italia ha contribuito
per il 18% al surplus commerciale dell'Ue con il resto del mondo,
contro il 13% tedesco ed il 3% francese. Mancano i dati per ripartire
le quote per il 1996, ma il forte progresso italiano verso l'extra-Ue
prospetta un nuovo contributo ancora più ampio alla futura
forza dell'Euro.
RIFORMA DELL'ICE
Ha ricevuto l'approvazione di
Camera e Senato la legge di riforma dell'Ice. Consideriamo apprezzabileil
fatto che secondo il testo della legge l'ente non abbia più
il compito di promuovere unicamente le esportazioni, ma quello
di "promuovere e sviluppare il commercio con l'estero",
principio che l'Alce afferma da tempo.
Sono da considerare positivi,
inoltre, il ridimensionamento degli organi direttivi della struttura
e il potenziamento della rete degli uffici all'estero.
ECONOMIA LIGURE NEL 1996
La Liguria s'inserisce nel quadro
economico nazionale con una situazione abbastanza articolata,
con settori che sembrano avviati alla ripresa ed altri caratterizzati
dal permanere di fenomeni critici di carattere sia strutturale
sia congiunturale.
Nel complesso l'economia regionale
continua ad essere condizionata dalla crisi delle Partecipazioni
Statali e la struttura delle piccole e medie imprese (pmi) appare
debole e, nonostante gli sforzi, non ancora sufficientemente attrezzata
per cogliere le opportunità di espansione sui mercati internazionali.
Secondo i dati forniti da Unioncamere
gli ultimi mesi del 1996 mostrano un miglioramento dei principali
indicatori economici rispetto allo stesso periodo '95 e rispetto
ai mesi precedenti. Si tratta comunque di un miglioramento che
va letto soprattutto in termini di tendenza, in quanto l'entità
degli incrementi denunciati dai diversi settori risulta in genere
abbastanza contenuta.
Sono aumentate, in primo luogo,
le imprese operanti il Liguria: il movimento anagrafico delle
imprese liguri evidenzia nel terzo trimestre 1996 una crescita
del 2,3 % pari a 3.139 unità aggiuntive rispetto allo stessp
periodo del '95. Questi dati indicano un incremento anche rispetto
ai primi tre mesi dell'anno, periodo in cui si era registrata
una situazione di sostanziale stazionarietà (+1,3% le imprese
registrate) rispetto ai primi tre mesi del 1995. Nel complesso
i comparti in crescita rispetto al 1995 sono le attività
immobiliari, le società di informatica e per la ricerca.+
Nel settore turisticoil
periodo più significativo per la Liguria, quello di alta
stagione (mesi di luglio ed agosto), nel 1996 ha evidenziato un
aumento di oltre 130.000 giorni/presenza in confronto alla stagione
estiva precedente (+2,3%), portando il numero delle giornate trascorse
dai turisti nella Riviera Ligure a 5.783.246, il valore più
alto raggiunto negli anni Novanta, superiore persino al 1992.
Tale bilancio positivo è peraltro da attribuire quasi interamente
alla componente straniera che si è incrementata del 6,1%
contro una crescita dell'1% della componente italiana.
Va osservato infine come nei
primi nove mesi del 1996 si sia rilevata in Liguria una crescita
dei depositi bancari (+2,9% sullo stesso periodo 1995) a conferma
della propensione al risparmio dei residenti, cui fa riscontro
una stazionarietà degli impieghi. Quest'ultimo dato potrebbe
assumere una valenza positiva considerato che nel passato tale
voce risultava in costante flessione.
Con riferimento all'aspetto occupazionale,
il saldo tra i rapporti avviati e quelli cessati nel primo semestre
1996 è stato, rispetto allo stesso periodo 1995, di + 15.217
unità ed, in particolare, a Genova di + 7.100, a Savona
di + 5.337, ad Imperia di + 2.200 e a La Spezia di + 580. Non
sappiamo però quanto su queste cifre abbiano influito le
regolarizzazioni di emigranti già da tempo occupati e non
disponiamo dei dati sufficienti per valutare il fenomeno, preoccupante,
dell'emigrazione di lavoratori qualificati.
PORTI
Prosegue il positivo andamento
dei traffici portuali
Per quanto riguarda i container
TEU, dal 1995 al 1996 si riscontra una crescita del 5 %, pari
ad un aumento di 90.000 contenitori da 20 piedi (da 1.626.000TEU
nel 1995 a 1.716.000 nel 1996).
Tale dinamica è la risultante
di trend molto differenziati fra gli scali: mentre infatti nei
container Genova registra un aumento rilevante, in linea con la
tendenza degli ultimi anni (da 615.242 TEU nel 1995 a 825.752
nel 1996), e La Spezia accusa un calo dovuto sostanzialmente al
trasferimento di alcune linee a Genova (da 965.483 nel 1995 a
871.100 TEU nel 1996), Savona tra il 1995 ed il 1996 ha visto
dimezzare i propri traffici (da 46.707 a 20.000 TEU).
Per quanto riguarda la quantità
delle merci transitate, si riscontra una flessione da 72.610.000
a 69.220.000 tonnellate, pari a quasi 3.400.000tonnellate (- 4%).
Tale flessione è da imputare interamente ai porti di Savona
e di La Spezia.
Infatti si registra una differenziazione
tra Genova, in aumento da 46.500.000 tonnellate a 46.700.000,
Savona, in calo da 13.300.000 a 11.200.000, La Spezia, in calo
da 12.700.000 a 11.200.000 e Imperia, in aumento da 110.000 a
120.000.
COMMERCIO ESTERO
Nel 1996 il commercio estero
della Liguria per quanto riguarda le importazioni ha registrato
4.984 miliardi di lire, con un calo del 3,41 % rispetto ai 5.160.miliardi
del 1995. Le esportazioni invece sono salite a 4.648.miliardi,
con un aumento del 3,36 % rispetto all'anno precedente. Il calo
dell'import si avvicina a quello nazionale (-4,9%) ed è
dovuto sostanzialmente alla debolezza della domanda interna.
L'incremento delle esportazioni,
superiore a quello nazionale (1,5 %), è causato soprattutto
dagli aumenti nelle vendite di prodotti chimici, macchine e forniture
per ufficio, mezzi di trasporto, prodotti alimentari e tessili,
carta, gomma e prodotti in legno. Se si considerano i dati relativi
alle quantità, si nota nell'import un lieve aumento (1,32
%), segno che le imprese sono riuscite ad aumentare gli acquisti
all'estero diminuendo il loro valore, mentre il fortissimo aumento
delle quantità doganalmente uscite (+131,27 %) con il
suo distacco dai dati in valore riflette il forte incremento del
"traffico di transito" dovuto alla crescita delle attività
portuali. Per quanto riguarda le singole province, Imperia presenta
un saldo commerciale attivo per circa 51 miliardi di lire, dovuto
essenzialmente ai prodotti dell'agricoltura e alimentari, che
insieme hanno raggiunto il valore di 419 miliardi, a conferma
della vitalità del settore ortofrutticolo nel Ponente della
regione.
DOGANA
Da poco più di un anno
nei porti liguri la verifica delle merci avviene per via telematica,
ma non è ancora entrato in funzione il cosiddetto disco
verde che consente il controllo a campione di merci e documenti.
Va rilevato che l'autorità doganale sta compiendo numerosi
sforzi per raggiungere questo importante traguardo, che permetterebbe
una semplificazione decisiva delle formalità attualmente
in vigore.
Per quanto riguarda la dogana
di Genova l'avvenuto accorpamento di numerose sezioni potrebbe
facilitare e semplificare la gestione delle risorse, anche umane.
Nel complesso bisogna riconoscere una generale velocizzazione
delle operazioni doganali, anche se esiste senza dubbio un margine
per ulteriori progressi. Vorremmo però che la dogana cambiasse
radicalmente l'atteggiamento nei confronti dell'utenza. Vorremmo
che il miglioramento delle modalità organizzative fosse
accompagnato da una mentalità meno burocratica e da un
maggiore adeguamento agli standard europei anche per quanto riguarda
il rapporto con gli operatori commerciali.Va, infine, ricordato
che le operazioni doganali costituiscono un fattore di competitività
e di devizione di traffici.
Lo sviluppo dei traffici nei
porti liguri trova riscontro nell'andamento delle dichiarazioni
doganali nel 1995 e nel 1996:
DOGANE |
EXPORT |
IMPORT |
ALTRI DOCUMENTI |
1995 |
1996 |
1995 |
1996 |
1995 |
1996 |
GENOVA |
203.300 | 221.687 |
111.400 | 112.350 |
53.700 | 90.000 |
VENTIMIGLIA |
2.000 | 2.700 |
1.800 | 2.730 |
- | 4.050 |
IMPERIA |
700 | 1.983 |
1.000 | 1.683 |
- | 5.270 |
SAVONA |
14.500 | 7.296 |
5.400 | 4.194 |
1.300 | 10.278 |
LA SPEZIA CENTRO |
70.000 | 50.190 |
30.000 | 46.968 |
46.000 | 130.000 |
L.A SPEZIA. CANALETTO |
80.000 | 125.000 |
- | - |
- | - |
LA SPEZIA FOSSA MASTRA |
46.000 | 37.746 |
4.000 | 3.780 |
- | 30.000 |
Fonte: Direzione Compartimentale di Genova. Anno 1996
ASSETTO STRUTTURALE DELLE VIE
DI COMUNICAZIONE
Importanza decisiva per gli scambi
internazionali e in generale per lo sviluppo della Liguria ha
l'assetto delle vie di comunicazione interne e di collegamento
con le altre regioni. Sarà opportuno quindi prendere in
esame la situazione attuale e le prospettive del sistema.
E' indubbio che la principale
vocazione territoriale della Liguria sia quella di nodo logistico
di primaria importanza nel contesto internazionale e che sussistano
i presupposti per una ulteriore valorizzazione di tale ruolo,
dati dallo sviluppo delle attività marittimo-portuali,
dal rafforzamento dei traffici lungo la direttrice tirrenica
e l'arco mediterraneo, nonché dalle prospettive di maggiore
attrattività del comune capoluogo e delle riviere in funzione
turistico-ricettiva.
Si sta delineando per la regione
un futuro di centralità nel sistema di comunicazione europeo,
dovuto in parte alla sua collocazione geografica e in parte alle
politiche comunitarie, tese a valorizzare il ruolo di "cerniera"
svolto soprattutto dalle aree forti del quadrilatero Marsiglia-Genova-Milano-Lione
e dall'area ligure-padana per attenuare gli squilibri territoriali
fra il cuore dell'economia continentale e la periferia mediterranea.
Questa centralità e la
presenza del porto potranno permettere alla regione di svolgere
un formidabile ruolo intermodale nel momento in cui incominceranno
a concretizzarsi lle annunciate politiche europee di dissuasione
del traffico merci su gomma lungo le direttrici parallele alla
costa. A tal fine, però, sono indispensabili il potenziamento
dei collegamenti ferroviari e autostradali liguri con il territorio
circostante e la razionalizzazione del traffico dello stesso capoluogo.
Per quanto riguarda le ferrovie,
è importante e urgente il raddoppio della Genova - Ventimiglia.
Il potenziamento delle linee del Ponente, per il quale sono già
state concluse le procedure autorizzative, è indispensabile
per inserire la Liguria in un asse mediterraneo velocizzato e
qualificato: Barcellona - Marsiglia - Nizza - Ventimiglia - Genova.
D'altra parte l'Unione Europea chiede da tempo una linea più
rapida ed efficiente che unisca Milano al confine francese. Irrinunciabile
per lo sviluppo di La Spezia e dei suoi traffici portuali è
l'ammodernamento della Pontremolese, per il quale esistono gli
stanziamenti e gli ostacoli pare siano soltanto di ordine burocratico.Ma,
soprattutto, riteniamo sia da perseguire con la massima energia
il progetto di terzo valico con l'area padana. Per dare un'idea
della funzione che potrebbe esercitare in un tratto così
congestionato eppure vitale dei nostri collegamenti ferroviari,
basti considerare che il nuovo valico potrebbe arrivare consentire
il passaggio di un milione di teu all'anno. Purtroppo le indecisioni
circa l'alta velocità e le polemiche sul percorso della
nuova linea in Val Bisagno rischiano di ritardare la realizzazione
di una struttura indispensabile per lo sviluppo dei traffici e
dell'economia liguri.
Gravi pericoli per i traffici
del principale snodo logistico della regione vengono poi dal piano
regolatore elaborato dal Comune di Genova. Con uno scalo portuale
prossimo a movimentare un milione di teu all'anno e già
ora in difficoltà nell'incanalare le merci dirette oltreappennino,
è da stigmatizzare la rinuncia ad un sistema di tangenziale
che ridisegni il nodo autostradale della città introducendo
nuove opportunità per la mobilità delle persone
e delle merci . La scelta di concentrare il traffico sull'asse
a mare anziché a monte è incomprensibile e non sembra
sia stata sottoposta ad approfondite valutazioni di impatto e
di fattibilità economica prima di essere assunta come strategica
da parte della Civica Amministrazione.
L'estrema vulnerabilità
del nodo autostradale genovese e, in particolare, del tratto
Voltri-Sampierdarena-Rivarolo e le prospettive di crescita del
traffico di attraversamento Est-Ovest ingenerate dal rafforzamento
della direttrice tirrenica rendono, secondo noi, indispensabile
la Bretella Voltri-Polcevera.
E va sottolineata la necessità
che una nuova viabilità a mare sia riservata esclusivamente
al servizio delle attività portuali e produttive.
Infine, la viabilità della
regione necessita della bretella Busalla - Sestri Levante, non
più procrastinabile e del tratto di Aurelia bis tra il
porto di savona e l'autostrada di Albisola
IL CRISTOFORO COLOMBO
Il vento del mercato ha investito
in pieno il business dei traffici aerei anche in Europa; ultimo
atto del processo di liberalizzazione è la recente abolizione
della riserva di cabotaggio. Tale processo intensifica la concorrenza
anche tra gli scali, aprendo esaltanti prospettive di espansione
per quelli più competitivi, accelerando il declino di
quelli meno dinamici e meno preparati a far fronte alle nuove
sfide.
Nonostante la perdita di alcune
linee e la generale insufficienza di collegamenti, il Cristoforo
Colombo ha presentato per il 1996 risultati sostanzialmente nella
media del trend europeo, con un aumento del traffico passeggeri
del 5,5 %, delle merci del 10 %, della posta del 16 %.
Ma il confronto con il vicino
aeroporto di Nizza, che nel '96 ha registrato oltre 6.600.000
viaggiatori, contro gli 854.000 di Genova, ha aumentato il traffico
commerciale del 15,3 % e dal '90 a oggi ha quasi raddoppiato le
linee, induce a una riflessione sulle prospettive dello scalo
genovese nella competizione dei prossimi anni e sulla sua capacità
di mettere a frutto le proprie risorse.
A questo proposito va tenuto
presente che la perdurante incertezza circa gli orientamenti del
piano nazionale dei traffici aerei limita la possibilità
di disegnare precise strategie anche commerciali. Nondimeno, non
ci sembra azzardato affermare che l'aeroporto genovese debba stimolare
una politica innovativa nella ristrutturazione dell'offerta commerciale,
sfruttando le potenzialità offerte dalla posizione geografica
e dalla contiguità con le strutture portuali.
In sintesi, riteniamo necessario
e realizzabile sfruttare appieno, sia dal lato passeggeri sia
sul fronte merci, le indubbie potenzialità infrastrutturali
di uno scalo che si colloca all'interno dell'area marittimo-portuale,
che è saldato a quella che sta diventando la porta Sud
d'Europa. Questo comporta, per quanto riguarda l'air cargo, la
definizione di una strategia aeroportuale rivolta a integrare
i servizi di raccolta, deposito, manipolazione e distribuzione
delle merci in un contesto esteso di piattaforma logistica. Tale
contesto abbraccia da una parte il bacino del V.T.E., dall'altra
il nuovo assetto funzionale del porto genovese e comprende i progetti
di distrpark o cittadella logistica.
IL PORTO DI GENOVA E LE AREE
DISMESSE
Dei risultati molto lusinghieri
ottenuti dal Porto di Genova abbiamo già trattato. E' un
fattoche giudichiamo decisamente positivo e di cui ci compiaciamo
con tutti coloro che hanno contribuito a ottenerlo. Continueremo
tuttavia a dedicare la dovuta attenzione ed energia a questo fondamentale
strumento di espansione economica per la città e per le
nostre aziende, nello spirito e con l'intento di prevenire sempre
possibili involuzioni e soprattutto di assicurarne, anche per
il lontano futuro, l'espansione.
E' in questo contesto che ci
preme di mettere in risalto un fatto nuovo, almeno per noi, caratteristico
della velocità alla quale cambiano gli scenari economici
e indicativo della prontezza con cui bisogna intervenire se
si vuole cavalcare lo sviluppo.
Da una presentazione sia pure
sommaria del piano regolatore predisposto dall'Autorità
Portuale e ancora in fase di elaborazione emerge chiaramente
che gli spazi attualmente disponibili per i traffici commerciali
del porto sono pressoché saturati e quindi eventuali sviluppi
nel medio e lungo termine saranno possibili solo se si riuscirannno
a recuperare al traffico delle merci spazi nuovi.
Altro che il deserto, o quasi,
di due o tre anni fa!
Per il bacino di Sampierdarena
la saturazione non è distante.
Ne consegue che alcune decisioni
strategiche, forse decisive per il futuro della nostra regione
devono essere prese ora, dopo avere risposto alle fondamentali
domande: vogliamo o no aumentare ulteriormente le potenzialità
portuali e, se sì, di quanto e dove.
Non abbiamo la presunzione di
dare noi le risposte, ma come operatori abbiamo il diritto e il
dovere di chiedere alle Autorità preposte risposte chiare
e tempestive.
Noi possiamo indicare alcuni
punti di riferimento.
E' necessario proseguire nella
razionalizzazione degli spazi disponibili. Esistono ancora troppe
sacche di sottoutilizzazione o cattiva utilizzazione delle banchine
e delle aree retrostanti.
Non è più dilazionabile,
per il bacino di Sampierdarena, un drastico miglioramento della
viabilità, soprattutto per le interconnessioni stradali
e ferroviarie con il sistema autostradale e ferroviario in generale.
Bisogna rendere molto più
rapida e agevole l'entrata e l'uscita delle merci. Ogni sosta
in meno di container, treni, rimorchi vuol dire spazi recuperati.
Si rende però comunque
indispensabile la ricerca di spazi nuovi. A tal fine non possiamo
che valutare molto positivamente il progetto intermodale che riguarda
alcune aree di Cornigliano e altrettanto negativamente quello
che destina ad altri scopi l'area della Fiumara.
Ci permettiamo anche di chiedere
alla Port Authority massima attenzione e vigilanza sull'attività
effettivamente svolta in tutti i terminal per valutare se gli
stessi siano correttamente dimensionati. Lasciare spazi inutilizzati
a un terminalista significa di fatto limitare o alterare la concorrenza.
Non intendiamo certo puntare l'indice contro nessuno in particolare:
come già nella relazione dello scorso anno il nostro
vuol essere un richiamo volto ad assicurare su questo tema il
massimo della trasparenza e quindi della concorrenzialità.
PONENTE SVILUPPO S.P.A.
Un importante strumento per effettuare
una razionale riutilizzazione delle aree dismesse è stato
intanto messo a punto. Si è infatti definito l'assetto
azionario della Ponente Sviluppo SPA, partecipata per ora da
Comune, Provincia, Regione, Camera di Commercio, Autorità
Portuale, Associazione Industriali, Carige, Banco di Chiavari
e Lega Ligure per leCooperative.
TANKIMICA
Purtroppo, si riscontrano indecisioni
e intoppi nel progetto Tankimica, che prevedeva il trasferimento
di Carmagnani e Superba a Calata Olii Munerali, Il progetto è
in forse, per decisione di Comune, Regione e Provincia e restano,
a quanto pare, incerte la eventuale ricollocazione delle due aziende
e la sede del porto petroli. In queste confuse vicende non si
può non rilevare la leggerezza con cui le amministrazioni
intervengono nelle attività di un settore così rilevante
nell'economia locale e così strategico per l'industria
italiana come quello petrolchimico.
NUOVO WATERFRONT GENOVESE E MAGGIORE
VALORE AGGIUNTO AI TRAFFICI PORTUALI
Nella relazione dell'anno scorso
abbiamo accennato alla proposta, contenuta nel progetto "Atlas",
di un nuovo sistema commerciale e distributivo collegato con
le strutture portuali.
Riteniamo che tale progetto,
condiviso, fatto proprio e sviluppato dalla Camera di Commercio
di Genova, abbia valore strategico non solo per i traffici commerciali
ma per l'intero complesso economico e sociale ligure.
La proposta prevede, in sostanza,
attraverso l'utilizzazione di fondi statali e dell' Unione Europea,
il potenziamento delle capacità di sbarco/imbarco e movimentazione
a terra e la creazione di piattaforme logistiche integrate nelle
aree portuali di La Spezia, Genova e Savona e in "porti interni"
quali Alessandria e Ventimiglia
Per quanto attiene alle piattaforme
logistiche integrate, in ciascun porto è prevista la realizzazione
di centri di manipolazione e lavorazione delle merci (distripark
o "quartieri delle merci") ove le operazioni locali
creano valore aggiunto e nuovi posti di lavoro.
A Genova l'area siderurgica
di Cornigliano, destinata ad essere riconvertita, situata tra
l'area portuale e l'aeroporto e servita da autostrada e ferrovia,
sembra la più adatta ad ospitare strutture logistiche in
cui convergono modalità di trasporto terrestre (rotaia
e gomma), aereo e via mare. Il modello è quello dei distripark
olandesi (Eemhaven, Botlek e Maasvlakte), dove si manipolano
grandi quantità di merce e si realizzano servizi di terziario
avanzato.
Nei distripark vengono collocate
aziende che operano nel settore della distribuzione e dell'immagazzinamento,
dell'assemblaggio, del controllo di certificazione di qualità,
dell'etichettamento, dell'imballaggio e del reimballaggio.
Per avere un'idea del valore
aggiunto che potrebbe essere conferito ad alcune delle merci in
transito attraverso il nostro sistema portuale, possiamo considerare
le stime di recente comunicate dal presidente di Assotop, Giovanni
Leonida. Secondo tali stime, un contenitore da 40 piedi in transito
nel nostro Paese porta un fatturato di circa 600.000 lire, un
utile di 50.000 ed entrate per lo Stato di 220.000 lire. Se la
merce viene sdoganata, stoccata, reimballata e distribuita, il
fatturato sale a circa 4,6 milioni, l'utile a 370.000 e le entrate
per lo Stato salgono a 2,1 milioni di lire. In termini di occupazione
si hanno 5 posti di lavoro ogni 1.000 unità nel primo caso
e 42 nel secondo, senza contare l'indotto.
La piattaforma logistica di Genova
comporta altresì la creazione di un sistema commerciale-distributivo
(Trade & Distribution Centre=TDC). I TDC sono formati da consorzi
di imprese di media e piccola dimensione di uno stesso Paese,
che in via collettiva riescono a coprire i costi di avvio della
commercializzazione internazionale su nuovi mercati, pur conservando
assoluta autonomia operativa. Nei TDC produttori, distributori
ed acquirenti si incontrano e realizzano i propri affari. In pratica
ogni centro, articolato in differenti settori merceologici, consta
di una show-room, uffici per le negoziazioni, e magazzini dai
quali i prodotti sono distribuiti just-in-time ai clienti. I clienti
principali sono gli operatori di beni ad elevato valore aggiunto,
in particolare beni strumentali e di consumo. L'esempio pilota
di TDC è costituito dal porto di Rotterdam, dove attualmente
esistono otto TDC: quelli di Corea, Taiwan, Tailandia, Singapore,
Indonesia, Israele, Hong-Kong ed Asia del Sud. Altri quattro
saranno operativi a breve (Malesia, Argentina, India e Euro-America).
Solo per il biennio 1991-92 si è registrato un incremento
occupazionale, legato all'introduzione dei TDC, pari al 20%,
accompagnato al conseguente aumento dei traffici marittimi attratti
sulle banchine dell'Europorto.
Questo nuovo sistema commerciale
e distributivo potrebbe sviluppare al meglio le proprie potenzialità
in un contesto di zona franca d'impresa.
BORSA DI GENOVA: FUTURE SULLE
MERCI
Genova risorge se si rilancia
come grande centro mercantile, adeguando ai tempi e alla domanda
la propria offerta di servizi, in primo luogo quelli portuali.
Ma non solo. Esiste il progetto, allo studio presso l'Ordine
della Borsa di Genova, di realizzare, prima realtà in
Italia, una Borsa dei derivati sulle merci, come già avviene
a Londra, Chicago, Hong Kong, Le Havre. La legge del luglio '96
consente infatti di trattare i future sulle merci. Il progetto
è ancora nella fase iniziale di studio, sarebbe prematuro
esprimere giudizi, ma, indubbiamente va incontro alle esigenze,
alle prospettive e alla tradizione della città.
EUROPARTENARIAT
In novembre ha avuto luogo, a
Genova, la quindicesima esizione di Europartenariat, un'iniziativa
dell'Unione Europea per l'internazionalizzazione delle piccole
e medie imprese in zone Obiettivo 2. Realizzato da Unioncamere
e Confindustria attraverso il loro braccio operativo, Mondimpresa,
Europartenariat ha avuto l'appoggio della Camera di Commercio
di Genova. Erano liguri ben 176 delle 406 imprese italiane che
hanno incontrato circa cinquemila imprenditori o dirigenti di
2.000 aziende straniere allo scopo di concludere accordi di collaborazione.
La partecipazione della delegazione ligure testimonia la vivacità
e la voglia di migliorare della noste piccole imprese.
I FATTI DELL'ASSOCIAZIONE
L'associazione sta mettendo a
punto con l'Università di Genova un programma di collaborazione
per favorire l'inserimento dei giovani laureati nel mondo del
lavoro e per ridurre la distanza tra gli studi universitari e
la preparazione richiesta dalle aziende. Si stanno vagliando diverse
forme di intervento nella facoltà di Economia e Commercio,
dall' individuazione di discipline segnalate dall'associazione,
all' organizzazione di corsi , seminari, borse di studio.
In quest'ottica l'Alce quest'anno
ha partecipato al salone Formula (Salone del Lavoro e dello Studente
8-12 Aprile). L'associazione rivolge un ringraziamento a tutti
i membri del consiglio che con la loro qualificata presenza al
Salone hanno fornito un prezioso contributo all'iniziativa.
E' stato rinnovato il contratto
di lavoro Alce, sulla stessa linea del rinnovo negli altri settori.
CONCLUSIONI
Se da un lato notiamo alcune incertezze nei traffici mondiali
dopo i fortissimi miglioramenti degli scambi negli ultimi anni,
dall'altro è altrettanto vero che le previsioni per il
prossimo futuro sono comunque di espansione.
L'area regina è e sarà per molto tempo l'Oriente
ovvero tutta l'Asia. L'Italia e la Liguria in particolare hanno
dinnanzi un'occasione fantastica: guai a perderla! Se ciò
accadesse sarebbe solo colpa nostra!
Il nuovo vigore del porto di Genova privatizzato è un primo
passo: condizione necessaria ma assolutamente insufficiente.
Sono indispensabili nuove e moderne vie di accesso (stradali e
ferroviarie); grandi aree attrezzate per le merci ed i servizi
a queste connessi; è necessario porre a sistema i porti
liguri, attivare la Zona Franca d'Impresa e infine occorre assolutamente
un diverso tipo di mentalità da parte di tutti, privato
e pubblico.
E' necessario creare un territorio che abbia chiaro il concetto
di accoglienza sia per i nuovi operatori, per le aziende e le
loro faliglie, sia per le merci che necessitano di servizi efficienti,
rapidi, sicuri e competitivi. E' importante inoltre un diverso
approccio del "pubblico" verso chi vuole installarsi,
operare e crescere; quindi meno burocrazia, più fiducia
reciproca, e qui mi riferisco alla mentalità della componente
umana del sistema doganale e fiscale. E' necessario, non ultima,
anche una diversa mentalità da parte imprenditoriale, favorendo
l'aggregazione ed evitando le critiche verso chi per primo riesce
a concretizzare un buon progetto. Ho un sogno nel cassetto a tale
proposito: vedere riconosciuti ruolo e funzioni dei cosiddetti
"traders" e soprattutto vedere una o più aggregazioni
forti in questo settore che possano diventare nel tempo majors
e non subalterni.
Mi auguro e Vi auguro, cari Amici e Colleghi, di partecipare a
questo processo al più presto.
Senza i mercanti la nostra sarà una terra dove la ricchezza
"transiterà" anziché fermarsi.
L'oro si scava in Perù, transita in Spagna e viene custodito
a Genova. Ritornerà così ? Lo auguro a tutti.
Con questa assemblea termina il biennio della mia presidenza dell'ALCE;
vorrei qui pubblicamente ringraziare tutti gli Associati ed in
particolare i Colleghi del Consiglio e della Giunta che mi sono
stati vicini e preziosissimi con i loro consigli. Desidero inoltre
rivolgere un sentito e caloroso ringraziamento a tutto il personale
della nostra Segreteria e ai collaboratori che con il loro puntuale
e prezioso lavoro hanno contribuito alla realizzazione degli scopi
associativi.
Rimettendo il mio mandato ringrazio ancora tutti.