
Che nei principali porti mondiali di approdo delle navi da
crociera la questione del gettito fiscale che tali unità
navali riversano nelle casse delle città sede di questi scali
portuali non è certo una novità. La questione si
ripete saltuariamente da decenni e, semmai, la frequenza del suo
ripetersi si è intensificata negli ultimi anni quando, oltre
a quantificare le ricadute economiche delle operazioni
crocieristiche, le città hanno iniziato a prendere in
considerazione l'impatto ambientale che queste attività hanno
sui cittadini.
In questi giorni la questione è affrontata a Genova, dove
l'amministrazione comunale ha annunciato una specifica addizionale
di tre euro sui diritti di imbarco nel settore dei traghetti e delle
crociere che ha suscitato le proteste dell'authority portuale e
degli operatori marittimo-portuali, con questi ultimi che hanno
declinato l'invito del Comune a partecipare ad un apposito tavolo
tecnico perché in queste riunioni l'amministrazione comunale
vorrebbe discutere solo delle modalità applicative
dell'imposta
(
del 4
dicembre 2025).
Alla protesta delle rappresentanze di questi operatori si è
associata Federlogistica, che ha espresso «forte attenzione e
preoccupazione» circa «l'ipotesi di introdurre una tassa
di tre euro sul biglietto dei passeggeri», dando per scontato
che le compagnie di navigazione riverserebbero l'addizionale
comunale sui clienti. Secondo Federlogistica, si tratta di «una
misura che solleva questioni di principio e di prospettiva rilevanti
per la competitività del sistema portuale e logistico
italiano e che richiede una valutazione approfondita». In
particolare, la federazione teme «che questo intervento possa
costituire un precedente suscettibile di incidere sugli equilibri
complessivi dell'ecosistema portuale nazionale e sulle scelte
operative degli armatori. Genova - ha sottolineato Federlogistica -
è un home port internazionale e rappresenta un ecosistema
economico articolato e interdipendente: qui si svolgono
approvvigionamenti e servizi preparatori delle crociere e dei
traghetti; qui operano magazzini e imprese dell'indotto; qui trovano
occupazione migliaia di lavoratori, dalla logistica alla Culmv, fino
al turismo e ai servizi collegati. Un'eventuale riduzione anche
parziale degli scali, che le compagnie potrebbero valutare
privilegiando porti con sistemi fiscali più stabili e
prevedibili - ha rilevato la federazione - rischierebbe di
determinare una reazione a catena ridimensionando importanti
attività economiche, con effetti a cascata sulle diverse
filiere produttive. E ciò accade in un settore che già
sta sostenendo costi significativi legati all'ETS e agli adeguamenti
ambientali: per questo è essenziale evitare ulteriori
elementi di incertezza che possano alterare gli equilibri di
mercato».
Federlogistica ha quindi specificato di sostenere «la
posizione del presidente dell'Autorità di Sistema Portuale,
condividendo l'esigenza di preservare la competitività del
porto di Genova e dell'intero sistema logistico nazionale».