Il numero di eventi infortunistici nel porto di Trieste è aumentato dai 10 del 1999 ai 12 del 2000. I dati sono stati resi noti in un'analisi dell'Autorità Portuale dello scalo giuliano pubblicata nel terzo numero del 2002 del suo periodo quindicinale "Sailing List". Si tratta della prima ricerca su questo tema effettuata sulla base dei dati raccolti secondo disposto dalla specifica ordinanza 53 del 29 dicembre 2000. In precedenza infatti - ha spiegato l'ente portuale - erano disponibili soltanto informazioni sulle aziende che, prima della riforma portuale, svolgevano la parte preponderante del lavoro nel porto, vale a dire l'Ente Autonomo del Porto e la Compagnia Portuale.
Se nel 2000 è stata rilevato un leggero aumento del numero di eventi infortunistici, è stata però registrata anche una riduzione dell'indice di frequenza - determinato dall'aumento delle ore lavorate - ed un valore dell'indice di gravità costante. «Nel complesso - ha sottolineato l'authority portuale - si conferma l'andamento decrescente degli ultimi anni e valori non elevati in considerazione dell'ambito operativo in cui l'ente è inserito».
E' stato sottolineato come, rispetto agli anni precedenti, il numero complessivo degli infortuni sia rimasto pressoché costante. Il maggior numero di eventi e di giornate perse in termini assoluti è stato registrato nel settore di attività svolta dalle cooperative; gli indici di gravità e di frequenza, in leggero aumento evidenziano anch'essi la pericolosità dell'attività che non evidenza sostanziali inversioni di rotta. In questo settore - ha precisato l'ente portuale - la situazione è particolarmente delicata per il progressivo inserimento di giovani alle prime esperienze lavorative e per l'incidenza di attività prevalentemente manuali.
Nell'ambito delle imprese portuali, malgrado in termini assoluti vi sia stato un aumento del numero degli infortuni, l'indice di frequenza evidenzia un leggero calo in quanto sono aumentate considerevolmente le ore lavorate, cioè l'esposizione al rischio, dei lavoratori delle imprese. L'aumento dell'indice di gravità - viene precisato - pone l'accento sulla pericolosità del lavoro svolto, da paragonarsi in parte a quello delle cooperative. In termini assoluti, sia per ore lavorate, che per numero di infortuni e giornate perse, le imprese portuali risultano essere, dopo le cooperative di facchinaggio, i soggetti portuali più esposti al fenomeno infortunistico.
Nel settore delle aziende di manutenzione, riparazione e costruzione navale, malgrado siano stati rilevati nel 2000 la metà degli infortuni registrati ne1 1988, l'indice di frequenza rimane alto, mentre l'indice di gravità aumenta a livelli decisamente elevati evidenziando la pericolosità dell'attività.
L'analisi ha preso in esame le seguenti categorie di soggetti portuali:
- aziende non collocabili in settori specifici
- Autorità Portuale di Trieste
- aziende commerciali, case di spedizioni e agenzie marittime
- compagnia portuale e cooperative di facchinaggio
- cooperative e consorzi dediti a operazioni di controllo (pesatura,
- misurazione)
- imprese portuali autorizzate art. 16 L.84/94
- attività industriali
- aziende di manutenzione, riparazione, trasformazione navale
- servizi generali (pulizie, asporto rifiuti, vigilanza antincendio, ecc.)
- servizi portuali ex l. 84/94 (rimorchio, ormeggio, pilotaggio, battellaggio)
- aziende di trasporti
L'analisi ha condotto al calcolo degli indici di frequenza, di gravità e della durata
media degli infortuni. L'indice di frequenza - ha specificato l'Autorità Portuale - rappresenta il rapporto tra il numero degli infortuni e la durata dell'esposizione al rischio espressa in ore. L'indice di gravità rapporta invece la durata dell'inabilità alla durata dell'esposizione al rischio.
|
|