Il grifone, simbolo di Genova, si è ammalato. Non di aviaria, come si presupporrebbe per un leone alato dalla testa aquilina, ma della sindrome NIMTO. Il terribile acronimo è stato coniato dagli spedizionieri locali per dare un nome alla cronica e tenace opposizione che contrasta qualsiasi nuovo progetto infrastrutturale per la città e per il suo porto. Se altrove il malanno è diagnosticato come sindrome NIMBY (Not In My Back Yard), a Genova - dicono gli spedizionieri - ha attecchito l'altrettanto perniciosa variante NIMTO (Not in My Town).
L'influenza colpisce in forme analoghe le altre città portuali liguri. Negli anni scorsi un progetto per portare a Savona il gruppo A.P. Møller-Maersk, leader mondiale dei container, si è irrimediabilmente arenato. Alla Spezia il tentativo di garantire l'operatività del porto attuando il dragaggio dei fondali, con un progetto definito poco coraggiosamente di "bonifica", è al palo.
Genova, da buon capoluogo regionale, non se la passa meglio. Per la realizzazione dell'ampliamento dell'area portuale di Voltri il piano regolatore portuale vigente prevede il soddisfacimento di una serie di prescrizioni, frutto di un compromesso raggiunto con la comunità locale. Ma l'ampliamento non si farà, su intimazione delle istituzioni cittadine. Invece - almeno tra le istituzioni - ha successo il progetto per la riorganizzazione dell'intero porto di Genova presentato dall'architetto Renzo Piano su iniziativa dell'ex governatore dell'ente regionale ligure Sandro Biasotti. L'attuale presidente della Regione, Claudio Burlando, il presidente della Provincia, Alessandro Repetto, e il sindaco della città, Giuseppe Pericu, sostengono l'"affresco" di Piano che, nei due anni dalla presentazione, ha cambiato notevolmente aspetto e che - secondo i programmi - dovrà avere una forma definita entro l'inizio della prossima estate.
Oltre alle nuove infrastrutture portuali, Genova attende da decenni la realizzazione del terzo valico ferroviario verso Milano, approvato ieri definitivamente dal Cipe.
Questo prodromo per spiegare sinteticamente alcuni motivi che, evidentemente, hanno indotto gli spedizionieri a ritenere che Genova sia affetta da virus. Un paragrafo della relazione del consiglio direttivo dell'Associazione Spedizionieri Corrieri e Trasportatori di Genova (Spediporto) è dedicato alla sindrome Not in My Town. Ma il documento - che pubblichiamo nella rubrica "
Forum dello Shipping e della Logistica" di
inforMARE - dedica ampio spazio anche al "ritardo dei porti italiani", ai "nodi del traffico cittadino" e a "l'enigma dei finanziamenti".
Nella relazione, presentata stamani dal presidente dell'associazione, Piero Lazzeri, a Palazzo San Giorgio in occasione dell'assemblea annuale di Spediporto, si sottolinea come «l'immobilismo dell'arcipelago portuale» sia «un lusso che il sistema produttivo italiano e la nostra città non si possono più permettere».
I problemi della portualità genovese e italiana sono rilevati sistematicamente dalla relazione dell'associazione, nella quale emergono - ha rilevato il presidente di Fedespedi, Alessandro Trapolino - le medesime preoccupazioni della federazione nazionale.
Differente l'opinione del presidente dell'ente regionale Burlando. «C'è uno scarto - ha ammesso - tra il punto di vista delle istituzioni e quello del Paese», frase che - in un periodo preelettorale come quello attuale - siamo abituati a sentire proferita da un esponente del centrosinistra nei confronti del governo Berlusconi. «Il vostro
mood, il vostro umore - ha spiegato Burlando - non è corrispondente ai processi reali in atto. Secondo me, stiamo in un processo simile a quello che negli anni '90 consentì al porto di Genova un salto, che avvenne con un cambiamento legislativo». «I porti vecchi - ha osservato - ora sono saturi; ora ci vuole un nuovo salto e stiamo costruendo questo nuovo salto». Il presidente dell'ente regionale ha ricordato la fresca approvazione da parte del Cipe dei progetti per il nodo ferroviario di Genova e per il terzo valico e l'impegno per lo sviluppo dell'affresco di Renzo Piano. «Queste cose - ha aggiunto - ora le comincio a vedere».
Burlando ha chiesto ai presenti di «ragionare senza stare dentro steccati» ed ha anche sottolineato che la chiusura dei cittadini nei confronti dei progetti infrastrutturali «non è grettezza». Il governatore ha sollecitato «ciascuno a mettere a disposizione un pezzo del proprio cortile». «Noi - ha aggiunto - la responsabilità di infrastrutturare la Liguria ce la prendiamo».
Anche secondo Repetto c'è «l'esigenza di fare sistema, di uscire dagli steccati». Il presidente della Provincia di Genova si è detto «convinto che l'affresco di Piano sia la soluzione ottimale per lo sviluppo del porto, ma - ha aggiunto - bisogna anche guardare al breve-medio periodo, dove ci sono sofferenze che bisogna risolvere».
Il porto di Genova deve essere obbligatoriamente agganciato allo sviluppo del network transeuropeo dei trasporti. Secondo l'europarlamentare Marta Vincenzi «il sistema-Italia a Bruxelles non c'è», «in particolare sulle questioni portuali». La Vincenzi ha evidenziato la necessità di «non perdere la priorità del corridoio ferroviario Genova-Rotterdam, che - ha detto - è diventata la sesta priorità nell'agenda dell'Unione Europea ed oggi è ad un passo dal finanziamento». L'europarlamentare ha osservato come il corridoio europeo che passa attraverso la Torino-Lione tagli fuori il ponente ligure e come sia «pertanto necessario che insieme con la Torino-Lione parta anche la Genova-Rotterdam».
Per il presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Giovanni Novi, c'è l'esigenza di «puntare su tre sistemi portuali: uno del Nord Tirreno, uno del Nord Adriatico ed uno del Sud.
Che lo scalo genovese sia inserito in un sistema portuale complesso e articolato come quello dell'arco tirrenico settentrionale lo ha rilevato anche il presidente di Assiterminal, Luigi Negri. Un sistema dove la concorrenza è spietata: «tra poco - ha ricordato- parte la piattaforma di Vado. Novanta su 100 la prenderà un armatore, ed è un armatore che adesso lavora a Genova».
Lamentando il mancato coinvolgimento degli operatori portuali nel processo di elaborazione dell'affresco di Renzo Piano («solo dopo due anni - ha accusato - qualcuno ha chiesto il nostro parere»), Negri ha chiarito l'opinione degli addetti portuali sulla collocazione dell'aeroporto nel contesto dell'affresco. Nei giorni scorsi l'architetto ha ribadito la sussistenza di due ipotesi: lo spostamento a mare dello scalo aeroportuale per far posto, sull'attuale pista, alle attività portuali; oppure il mantenimento dell'aeroporto nell'attuale collocazione e la creazione di un'isola artificiale dove insediare le attività portuali. «Noi - ha detto Negri - preferiamo che la piattaforma a sud dell'aeroporto sia porto, perché crediamo che nei primi dieci anni l'aeroporto sia più che sufficiente. Ma soprattutto l'attuale aeroporto mal si adatta ad essere porto: primo per i pescaggi (ci vogliono 18 metri); secondo per l'ampiezza, la profondità delle banchine, che devono essere sufficienti per garantire una corretta operatività».
«Nei prossimi anni - ha detto Negri - Genova potrà arrivare a quattro milioni di teu e nei dieci anni deve poter arrivare ai sei milioni di teu». «Oggi come oggi - ha però ammesso - questo traffico non c'è». «I porti spagnoli crescono perché l'economia spagnola cresce. L'Italia no». Il transhipment operato in Spagna - ha precisato - sono merci prodotte o dirette in Spagna.
Dello stesso parere anche il presidente dell'associazione degli agenti marittimi di Genova, Filippo Gallo: «il porto di Genova - ha concordato - riflette l'economia italiana».
Bruno Bellio