L'International Road Transport Union (IRU) ha espresso «grave preoccupazione circa l'elevato impatto finanziario derivante dall'implementazione delle misure di sicurezza proposte dalla Commissione Europea» lo scorso febbraio (
inforMARE del
28 febbraio 2006).
Secondo l'associazione internazionale dell'autotrasporto, la proposta di Bruxelles «non accrescerà realmente la sicurezza». Inoltre - sostiene l'IRU - la maggior parte delle misure «sarebbero a carico degli operatori dell'autotrasporto». «Data la situazione di remuneratività estremamente bassa dell'attuale mercato nel settore del trasporto merci nell'UE - rileva l'organizzazione - bisognerebbe chiaramente implementare in concomitanza misure di accompagnamento definite e quantificabili, inclusi incentivi fiscali così come chiari benefit economici per le aziende che si adeguano. Cose che, sinora, sono difficili da percepire. Altrimenti questi costi dovranno essere trasferiti sui clienti, quindi sull'economia!».
Inoltre, secondo l'IRU, è necessario chiarire come, da parte pubblica, si intenda assicurare il più libero ed ampio accesso alle reti infrastrutturali di trasporto nonché il ruolo e le responsabilità pubbliche nel mantenimento della sicurezza nella catena trasportistica.
«Aumentare il livello di sicurezza nella catena distributiva - ha commentato ieri il presidente Goods Transport Council (CTM) dell'IRU, Janusz Lacny - è un impegno che richiede una partnership pubblico-privata, per cui non tutto può o dovrebbe essere regolamentato da leggi, regolamenti e decreti. Inoltre una partnership pubblico-privata significa il riconoscimento del valore aggiunto delle iniziative del settore, in particolare delle linee guida sulla sicurezza dell'IRU che danno ai manager del trasporto, agli autisti, ai caricatori, agli operatori del trasporto di merci pericolose e alle società di autotrasporto che si confrontano con gli uffici doganali, consigli pratici per aumentare realmente la sicurezza».
L'IRU ha sottolineato anche la necessità di definire il concetto di "operatore sicuro", che probabilmente implicherebbe discriminazioni nei confronti di operatori di nazioni terze che non avrebbero facile accesso al sistema di certificazione europea.
L'IRU si è quindi appellata al Parlamento e al Consiglio europei affinché venga trovato «un miglior equilibrio tra i costi più elevati previsti e i benefici, difficili da identificare, per l'industria privata».