- Forse - e sembra essere proprio così - si è spenta la spinta propulsiva generata dalla legge 84 del 1994. Forse quella norma per il riordino della legislazione in materia portuale, che non è neppure stata applicata appieno, ha dato quello che poteva dare alla portualità nazionale e in particolare al porto di Genova, che negli anni successivi ha potuto recuperare notevoli quote di traffico grazie ad una gestione più moderna e all'opera dei suoi lavoratori e delle sue imprese.
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- Nel 2012 quell'impulso appare esaurito. Anzi sembra essersi dissipato da tempo. Pare giunto il momento di compiere delle scelte, di prendere nuove decisioni. Forse per questo Spediporto ha sollecitato tutti a esprimere la propria opinione nei confronti della portualità. Rispondendo per prima al proprio quesito “da che parte stare?”, l'associazione degli spedizionieri genovesi non avuto dubbi. Stamane a Palazzo San Giorgio, sede dell'Autorità Portuale, concludendo la propria relazione all'assemblea di Spediporto, che pubblichiamo nella rubrica “Forum dello Shipping e della Logistica”, la presidente dell'associazione, Roberta Oliaro, ha risposto senza esitazioni: «la scelta non può che essere quella di stare dalla parte del porto».
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- Lo stimolo propulsivo che negli ultimi quindici anni ha portato lo scalo portuale genovese a ritornare protagonista nel Mediterraneo e interlocutore di rilievo sui mercati internazionali pare essersi smarrito. È giunto il momento di interrogarsi sul futuro del porto. Intervenendo all'assemblea il presidente della Port Authority, Luigi Merlo, ha preannunciato che solo nelle prossime settimane, dopo l'elezione del nuovo sindaco, presenterà le linee guida del nuovo Piano Regolatore Portuale, per poter sviluppare un appropriato dialogo con l'amministrazione comunale non inficiato da bizantinismi pre-elettorali. Per il nuovo piano - ha anticipato - si dovrà discutere di sviluppo oppure di ridimensionamento. Anche secondo Merlo, evidentemente, è il momento di operare delle scelte.
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- Sul “da che parte stare” Merlo, come suo costume, non ha incertezze. La portualità italiana e genovese deve essere difesa oltreconfine da una «vergognosa azione di dumping” esercitata dai porti nordeuropei, ha ricordato riferendosi ai maggiori controlli doganali e ispettivi a cui sono soggette le merci che transitano a Genova rispetto a quelle che passano negli scali del “northern range”. Ma deve essere tutelata anche in ambito nazionale, ha sottolineato riferendosi alla riluttanza dei governi succedutisi alla guida del Paese di concedere risorse economiche proprie alle Autorità Portuali.
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- Inoltre la portualità deve essere liberata - secondo Merlo - da freni interni che ne limitano l'azione e lo sviluppo. Il riferimento, nella circostanza, è alla disapprovazione manifestata dall'associazione degli spedizionieri nei confronti della partecipazione dell'Autorità Portuale «a progetti, come il Tiger che - ha spiegato Roberta Oliaro - rischiano di trasformare il nostro scalo in un mero corridoio di trasferimento di contenitori». Missione del progetto Tiger è di decongestionare il traffico nei porti europei e di incrementarne l'efficacia e la produttività attraverso la promozione della multimodalità. Secca e diretta la replica di Merlo: «la colpa di Tiger è di facilitare lo sdoganamento al di fuori di Genova».
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- Oltre che alla portualità e alla comunità genovese, la domanda di Spediporto è riferita alla logistica ed è rivolta all'intera nazione: l'associazione chiede all'Italia dove vuole collocarsi, o da che parte intenda stare: «la sensazione degli operatori del settore, degli international forwarders - ha specificato Roberta Oliaro - è che in Italia manchi la convinzione sulla reale importanza dello sviluppo nel settore della logistica e, conseguentemente, venga meno un'attività che sappia coordinare le scelte nel settore delle infrastrutture con le politiche di rilancio del commercio estero».
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- Secondo Spediporto, la domanda è tutt'altro che retorica e le risposte tutt'altro che scontate, «soprattutto - ha osservato l'associazione - alla luce dei risultati del rapporto 2012 del “Doing Business” pubblicato dalla World Bank in collaborazione con l'IFC (International Finance Corporation). Lo studio della Banca Mondiale, condotto su 183 Paesi, ha valutato le economie di questi in 10 aree tematiche tra cui: l'avvio di un'impresa, l'accesso al credito, il commercio, la regolamentazione economica e la semplificazione normativa, collocando l'Italia all'87esimo posto della classifica generica, (l'anno scorso eravamo all'83esimo posto), alle spalle di Mongolia, Bahamas, Zambia ed Albania. I recenti interventi governativi in materia di liberalizzazioni e semplificazioni non hanno sostanzialmente mutato il quadro normativo in cui si trovano a confrontarsi gli operatori del settore».
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- Qualche anno fa la stessa World Bank aveva presentato una graduatoria basata su un indice delle performance logistiche delle nazioni in cui l'Italia era collocata in una lusinghiera 22esima posizione ( del 12 novembre 2007). Tuttavia - tralasciando classifiche che “lasciano il tempo che trovano” - è evidente che le denunce, le richieste e le proposte avanzate da Spediporto nella relazione di Roberta Oliaro non sono fondate su classifiche talvolta credibili, alcune volte inverosimili e in alcuni casi inattendibili, ma sulla diretta percezione di aziende come le case di spedizione che più di altre possono tastare il polso dell'economia nazionale e valutare la sua apertura verso i mercati esteri.
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- La disamina della situazione e delle opportunità della portualità italiana proposta oggi all'assemblea dal direttore generale per i porti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Cosimo Caliendo, concorda in molte parti con quelle di Spediporto e di altri rappresentanti delle istituzioni intervenuti all'assemblea e che da tempo si occupano del comparto marittimo-portuale, come il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, lo stesso Merlo e il presidente della Provincia di Genova, Alessandro Repetto.
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- Viene da chiedersi perché a questa convergenza di vedute, pressoché unanime a Genova come in altre parti del Paese - non corrisponda una conseguente azione governativa. Quasi tutti addossano la colpa ai politici. Noi riteniamo piuttosto che la comunità nazionale, in tutte le sue espressioni, non sia capace o, peggio, non abbia interesse a formare una classe politica desiderosa di migliorare il benessere della collettività nazionale. Per questo siamo arrivati ad avere un governo tecnico che ha commissariato la politica. Per questo molti esponenti delle istituzioni - come Caliendo ed altri - auspicano che ciò che non riusciamo a fare ci venga imposto dall'Unione Europea, ad esempio - in tema di portualità - con la revisione delle reti TEN-T.
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- Il futuro dell'Italia è di essere eterodiretta? Anzi: esterodiretta?
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- Bruno Bellio
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