- ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI SPEDIPORTO
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Sessione Pubblica
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- Palazzo San Giorgio - Genova, 28 Marzo
2012
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Relazione morale del Consiglio Direttivo
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- "OBIETTIVO PORTUALITA': DA CHE
PARTE STARE?"
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- Signore e Signori, gentili Ospiti ed Autorità,
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- come ogni anno è con grande piacere che sono a dare il
benvenuto, a nome del Consiglio Direttivo e dei Soci tutti della
Spediporto, alla nostra annuale Assemblea ringraziandovi altresì
per la presenza e numerosa partecipazione.
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- Dopo la parentesi dello scorso anno, Spediporto torna ad essere
ospitata in questa meravigliosa sala di Palazzo San Giorgio, che
ricorda e racconta di un glorioso passato del nostro porto ma anche
della nostra città, dove le attività mercantili
dell'uno e la crescita economica dell'altra seguivano una vera
osmosi progettuale.
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- Grazie dunque alla presidenza dell'Autorità Portuale per
averci ospitato.
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- Dopo la grave crisi che aveva investito l'economia mondiale nel
biennio 2008-2009 e la ripresa evidenziata nel 2010, la spinta
propulsiva è andata progressivamente affievolendosi nel corso
del 2011.
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- Il contesto di instabilità e di diffusa incertezza, le
prospettive di rallentamento della crescita economica a livello
globale impongono dunque di guardare con moderata cautela allo
sviluppo delle attività e dei traffici portuali
nell'immediato futuro.
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- Dopo un buon inizio l'economia mondiale, a partire dal secondo
trimestre 2011, ha registrato un moderato rallentamento frutto di
una generalizzata riduzione del ritmo di crescita delle economie
avanzate.
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- Quest'ultima infatti, si è mantenuta complessivamente
forte nei Paesi emergenti, trainata in larga parte dalla domanda
interna. In Cina ed in India, ad esempio, il PIL ha continuato ad
aumentare a ritmi sostenuti (rispettivamente del 9,5% e del 7%)
mentre la crescita è diminuita in misura più
accentuata in Brasile (3,1% sul periodo precedente) ed in Russia
(3,4% sul periodo corrispondente).
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- Nel secondo trimestre del 2011 il PIL dell'area euro è
aumentato solo dello 0,2% sul periodo precedente, mostrando evidenti
segni di stagnazione che hanno trovato conferma nei trimestri
successivi.
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- Ad incidere pesantemente sono certamente stati due fattori, Il
primo legato al venir meno del c.d. "effetto rimbalzo"
ossia dalla ripresa della crescita sostenuta della domanda arretrata
di consumatori e produttori; il secondo legato alle misure di
risanamento delle finanze pubbliche di molti Paesi dell'area euro
tra cui, come noto l'Italia, a cui è andato a sommarsi il non
trascurabile livello di incertezza derivante dalla crisi del debito
sovrano in numerosi Paesi dell'area euro.
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Secondo i dati recentemente pubblicati
nella nota congiunturale Confetra (Confederazione Generale
Italiana dei Trasporti e della Logistica) relativamente al numero
di spedizioni effettuato da un campione di oltre 200 imprese tra
le più rappresentative del settore, l'anno 2011 mostra un
saldo complessivo positivo, sia in termini di volumi che di
fatturato. I dati relativi al traffico marittimo, sia per quanto
riguarda i container che le rinfuse, sono positivi: +1,5% per i
teu e +1,8% per le rinfuse. Per quanto riguarda le spedizioni
internazionali, nel comparto marittimo il traffico è salito
del 2,7% ed il fatturato complessivo dell'1,7%. |
2 |
A giocare un ruolo da leone, anche in
questo caso, è stata la portualità asiatica che
continua a monopolizzare i primi otto posti della classifica
mondiale, con una movimentazione complessiva pari a 167 milioni di
TEU. |
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- Per quanto riguarda nello specifico il trasporto container, si
può osservare come negli ultimi anni il trend di crescita
globale del settore sia stato, in alcuni casi, sensibilmente
superiore a quello del PIL arrivando a mostrare come nel settore la
tendenza alla crescita, sebbene condizionata dai dati
macroeconomici, abbia manifestato segni di maggiore reattività1.
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- Ad una tenuta generale del traffico container2, sia a
livello mondiale che europeo, non ha però corrisposto un
altrettanto soddisfacente livello di tenuta dei noli e, dunque, di
redditività del traffico mercantile.
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- Per quanto riguarda l'andamento di questi ultimi infatti, le
tendenze generali hanno mostrato un andamento negativo nelle rotte
tra Asia ed Europa.
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- Lo Shanghai Shipping Exchange (SSE) ha evidenziato come
nel primo semestre 2011 vi sia stata una riduzione media dei noli
del 23% rispetto al medesimo dato del 2008 sulle rotte tra Asia ed
Europa.
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- Nello scorso mese di Febbraio il Dry Baltic Index (ovvero
l'indice dei carichi secchi su cui si stabiliscono i noli) è
sceso a 600 punti, il crollo più pesante mai avuto in due
decenni. Tendenza questa che difficilmente muterà nel corso
del 2012 secondo le stime di Alphaliner.
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- Interactive Stock Chart for Dry Baltic
Index - Riferimento Aprile 2011 - Marzo 2012
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- Tra i dati fino a qui esposti permetteteci di evidenziarne uno,
a nostro modo di vedere significativo.
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- Lo sviluppo del traffico contenitori, al netto della crisi dei
noli e conseguentemente del comparto della logistica, mostra una
capacità di crescita percentuale superiore ad ogni altro
settore economico e vede progressivamente aumentare la propria
rilevanza nella composizione del PIL europeo e nazionale.
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- Il ruolo della logistica nella crescita del PIL
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3 |
I dati Eurostat 2010 confermano che la
logistica rappresenta a livello europeo 500 miliardi di euro (4,6
del PIL EU27), impiega Ca. 9.2 milioni di persone (4,6% della
forza lavoro totale presente in Europa) di cui il 63% nel
trasporto terrestre, il 2% nel trasporto marittimo, il 5% nel
trasporto aereo e il 30% in attività di supporto come la
movimentazione merci, lo stoccaggio, i viaggi e i trasporti. |
4 |
IV Rapporto sull'Economia del Mare. |
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- In Europa3 si stima infatti che ben il 4,6% del PIL
sia riconducibile al settore del trasporto e della logistica.
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- Recenti studi del Censis4 evidenziano come il PIL
generato dal sistema marittimo nazionale, comprensivo sia della
componente industriale che terziaria, ammonta annualmente a 39.5
miliardi di euro, pari al 2,6 % del PIL nazionale a prezzi correnti,
rilevante anche il contributo dato all'occupazione che registra
oltre 213.000 unità di lavoro dirette.
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- Dati questi che confermano come l'economia portuale sia in grado
di stimolare significativamente la produzione ed occupazione del
sistema economico nazionale.
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- Non è un caso infatti che il c.d. "moltiplicatore
del reddito" del settore portuale sia pari a 2,75. Con ciò
significando che ogni 1000 euro di nuovi investimenti o di domanda
aggiuntiva di servizi nel settore, vengono a generarsi 2.757 euro di
ricchezza per il complesso dell'economia.
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- Parimenti non è un caso che il c.d. "moltiplicatore
dell'occupazione" per il settore della logistica sia pari a
2,03. Con ciò significando che con l'aumento di 1.000 nuovi
posti di lavoro nel settore se ne attivano 2.032 nel sistema
economico complessivo.
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- Il porto e la logistica rappresentano dunque un formidabile
volano di sviluppo del territorio, un polo funzionale in grado di
generare ricchezza ed occupazione, catalizzare risorse
imprenditoriali ed investimenti, stimolare Io sviluppo territoriale.
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- E non può essere trascurato il gettito fiscale prodotto
dai traffici marittimi che si attestano nei porti, punti naturali di
frontiera doganale.
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- Esaminando i dati del Bilancio dello Stato, alla voce incassi da
entrate tributarie, si legge che dei 127.774 milioni di euro
incassati a titolo di IVA, ben 17.305 milioni (vale a dire il 13,5%)
derivano dagli scambi esteri e mercantili.
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- Non è un caso dunque che ancora recentemente un Paese
come l'Olanda, leader in Europa con il Porto di Rotterdam per i
traffici marittimi, abbia deciso di istituire, su iniziativa del
Ministero degli Affari Economici, dell'Agricoltura, dell'innovazione
e delle Infrastrutture il Dinalog (Dutch Institute for Advanced
Logistics) con lo scopo di rendere, entro il 2020, l'Olanda il
mercato leader in Europa per il controllo dei flussi di merci che
passano attraverso uno o più Paesi europei, progetto che,
secondo il Governo olandese, determinerà una crescita del PIL
nazionale di 7 miliardi di euro.
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- E' con tale obiettivo e con la volontà di potersi
proporre come gateway europeo per le operazioni doganali di
immissione in libera pratica, anche nei confronti di altri Stati
membri, che l'Olanda intende offrire la possibilità di
svolgere le operazioni doganali in modo più snello, con lo
scopo di consentire un abbattimento dei tempi e dei costi delle
operazioni di sdoganamento e compensare, in tal modo, i maggiori
costi di trasporto necessari per il trasferimento delle merci fino
allo Stato membro di immissione in consumo.
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- Nella sostanza dunque l'Olanda progetta di diventare, da qui ai
prossimi otto anni, la porta d'accesso delle merci all'Europa.
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- Una scelta che, alla luce dei dati fino a qui esposti, non può
che qualificarsi come lungimirante e vincente.
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- Ecco allora che viene da chiedersi dove intenda collocarsi, o da
che parte intenda stare, l'Italia rispetto ad un settore, quello
della logistica, che i dati alla mano documentano essere l'unico
comparto economico in crescita ed in grado di generare occupazione
ed attrarre investimenti dall'estero.
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5 |
Doing Business 2012 è una
co-pubblicazione di World Bank e International Finance
Corporation. Titolo completo "Doing Business in a more
transparent world". Economy Profile Italy. Lo studio
valuta le economie di 183 Paesi classificandole in 10 aree di
applicazione delle normative, come ad esempio, l'avvio di
un'impresa, la risoluzione di insolvenze ed il commercio
transfrontaliero. Non solo, i dati del rapporto di quest'anno
coprono la regolamentazione in materia economica da giugno 2010 a
maggio 2011 includendo anche indicatori del tutto nuovi come
quelli relativi al consumo energetico. |
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- La domanda è tutt'altro che retorica e le risposte
tutt'altro che scontate, soprattutto alla luce dei risultati del
rapporto 2012 del "Doing Business" pubblicato dalla
World Bank in collaborazione con l'IFC (International
Finance Corporation)5.
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- Lo studio della Banca Mondiale, condotto su 183 Paesi, ha
valutato le economie di questi in 10 aree tematiche tra cui: l'avvio
di un'impresa, l'accesso al credito, il commercio, la
regolamentazione economica e la semplificazione normativa. Ebbene al
primo posto della classifica del "fare business in modo
facile e trasparente" c'è Singapore, seguito da Hong
Kong, Cina, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Danimarca primo fra gli
Stati europei. Per trovare l'Italia bisogna, purtroppo, scivolare
all'87esimo posto della classifica generica, (l'anno scorso eravamo
all'83esimo posto), alle spalle di Mongolia, Bahamas, Zambia ed
Albania.
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6 |
Vedasi altresì sul punto "Le
Infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione,
realizzazione", Banca d'Italia, Aprile 2011 n. 7 pag. 187. |
7 |
Vedasi sempre sul punto "Infrastrutture
e servizi di trasporto in Italia. Un quadro di problemi" di
Piero Casadio, Area Ricerca Economica ed Internazionale, Banca
d'Italia. |
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- Non certo più incoraggianti sono i dati e la classifica
stilata dal World Economic Forum che, sulla base di
indicatori qualitativi e quantitativi, pone l'Italia6 al
54esimo posto nel comparto delle infrastrutture su 134 Paesi
analizzati. In termini di qualità infrastrutturale il nostro
Paese scenderebbe poi al 73esimo posto, molto lontano da Germania e
Francia ma anche da Paesi come la Spagna.7
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- In base al DPEF 2009-2013, nel 2005 l'Italia presentava una
dotazione infrastrutturale di trasporto pari a circa la metà
di quella francese e tedesca. Un quadro questo destinato a non
migliorare se si pensa che, anche alla luce della recente Decisione
di Finanza Pubblica 2011-2013, viene evidenziato un pesante
taglio degli investimenti fissi lordi della P.A. nel comparto delle
infrastrutture che porterà ad una riduzione degli stessi pari
ad 8 miliardi di euro.
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- Negli anni futuri poi la necessità di dare seguito ai
rientri imposti ai debiti sovrani dell'UEM (come nel caso della
Grecia) faranno sì che gli investimenti per infrastrutture
potrebbero ulteriormente ridursi, a meno che non si ponga mano ad
una seria riallocazione della spesa e delle strategie di governance
del settore.
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- In questo contesto si colloca dunque la necessità e
l'urgenza di porre in essere scelte che sostengano il settore della
logistica.
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- E' bene però ricordare che aumentare ed accrescere la
capacità competitiva dell'Italia nel settore non significa
solo intervenire sulle infrastrutture.
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- Non solo infrastrutture. Semplificazione normativa e
programmazione per sostenere lo sviluppo logistico del Paese.
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- Sono numerosi i settori e le aree di intervento dove è
necessario chiarire la posizione che l'Italia vuole assumere
rispetto alla competizione internazionale. Dobbiamo scegliere se
aggredire il mercato delle merci, come stanno facendo Olanda e
Germania, oppure se vogliamo vederlo progressivamente sfilare
davanti ai nostri occhi a vantaggio dei nostri competitors europei.
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- La strategia italiana nel settore pare infatti essersi
accontentata di salvare le apparenze lasciando immutata la sostanza.
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- I recenti interventi governativi in materia di liberalizzazioni
e semplificazioni non hanno sostanzialmente mutato il quadro
normativo in cui si trovano a confrontarsi gli operatori del
settore. Anzi è vero il contrario.
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Vedasi sul punto "The ease of
trading across borders in Italy over time", in Doing
Business Report Year. |
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- Come testimoniato dal Doing Business 2012, a partire dal
2006 ad oggi in Italia non si sono registrati sostanziali interventi
di semplificazione delle procedure amministrative e commerciali
legate all'importazione ed esportazione di merci. Di fatto non vi è
stato un solo intervento normativo volto ad alleggerire il carico di
incombenti e dei costi che le aziende del settore devono sostenere.8
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- Non si capisce dunque il perché mentre altri Paesi
europei mirino a rendere effettivi interventi di semplificazione
normativa, in Italia si persegua una politica diametralmente
opposta.
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- Solo per citare alcune delle più recenti novelle
dispositive che hanno ulteriormente aumentato, nell'ambito delle
spedizioni internazionali, lo "spread" tra la capacità
competitiva del nostro settore rispetto ai partners europei,
citiamo:
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- la modifica dell'art. 303 deI TULD che introduce sanzioni senza
pari in Europa per le errate dichiarazioni doganali;
- le importanti e gravose modifiche dell'art. 50 bis del Decreto
Legge n. 331/1993 che disciplina l'istituto dei Depositi IVA;
- l'introduzione della normativa Black List;
- la normativa sul dimetilfumarato (DMF) che ha aumentato in
Italia, senza pari in Europa, i costi dei controlli sulle merci in
importazione;
- la nuova disciplina sulle attività di controllo
radiometrico dei semilavorati metallici che non trova confronto o
pari a livello europeo;
- la normativa sulle cessioni intracomunitarie;
- le disposizioni applicative sulla Security e sulla Safety.
9 |
Sul punto leggasi il "Grande Rapace"
in Capo Horn - Edizione n. 2 deI 2012 dove, tra l'altro, si trova
commentato come: "la pressione fiscale sull'economia italiana
è superiore al 60%. Il Total Taxe Rate, ovvero il
livello di tassazione complessiva sulle imprese, è -
secondo proiezioni - pari al 68,6%. Come dire che ad una impresa
resta poco più del 31% di margine per far fronte a costi di
gestione che sono incommensurabilmente più alti in Italia
che in ogni altro Paese." |
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- Non dimentichiamoci poi dei nefasti effetti introdotti con la
disciplina dei costi minimi nel settore dell'autotrasporto,
avvallati anche dal recente Governo, in chissà quale ottica
di liberalizzazione del mercato, e fortunatamente oggi sotto
l'attento vaglio dell'Antitrust, né dimentichiamoci che il
contesto economico in cui si trovano ad operare gli spedizionieri
internazionali è lo stesso di ogni impresa e pertanto
caratterizzato da una pressione fiscale che ha sfondato il tetto del
70%, da sempre maggiori difficoltà ad accedere al credito, da
tempi di pagamento (soprattutto quando il cliente è lo Stato)
che sforano i 180 giorni, da un costo del lavoro senza eguali in
Europa9.
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- Una breve, ma necessaria, considerazione sulla recente vicenda
dell'Antitrust. Con sincera convinzione continuiamo a ritenere la
pronuncia dell'Autorità Garante destituita di ogni fondamento
giuridico e logico, e conseguentemente, profondamente ingiusta.
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- Riesce difficile pensare come possa il nostro settore economico,
già duramente messo alla prova da anni di crisi, ritrovare
stabilità e dialogo costruttivo, soprattutto tra le
categorie, se anche il semplice incontrarsi e discutere può
diventare il presupposto di denunce - magari abilmente costruite
proprio per preservare ruoli monopolistici ed anticoncorrenziali nei
confronti della media impresa - seguite da altrettanto assurde
pronunce che hanno solo lo scopo di fare cassa. In queste condizioni
è veramente difficile lavorare per la crescita.
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- La sensazione degli operatori del settore, degli international
forwarders, è che in Italia manchi la convinzione sulla
reale importanza dello sviluppo nel settore della logistica e,
conseguentemente, venga meno un'attività che sappia
coordinare le scelte nel settore delle infrastrutture con le
politiche di rilancio del commercio estero, passando attraverso una
semplificazione normativa ed un chiarimento delle competenze tra
Stato e territorio, anche a seguito delle modifiche del Titolo V
della Costituzione, per quanto riguarda il piano delle priorità
di intervento.
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- Non si può negare che alcuni tentativi di coordinamento e
programmazione siano stati condotti negli anni passati.
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- L'anno scorso lodammo l'importante lavoro che portò alla
redazione del Piano Nazionale della Logistica: il timore oggi è
che quel lavoro ed i risultati a cui pervenne non troveranno
sostanziale applicazione e che anche in questo caso, come nelle
precedenti edizioni, il Piano rimanga inattuato riducendosi ad un
puro esercizio teorico.
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- L'attuale Governo, che certamente fa del suo DNA "tecnico"
e non politico un motivo di forza, deve avere il coraggio di
compiere scelte forti, anche nel settore, marittimo e portuale, se
realmente vuole vedere realizzato quel progetto di rilancio
dell'economia e dell'occupazione.
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- Un Governo che abbia assunto consapevolezza dell'importanza del
settore deve non solo definire un programma chiaro di interventi
sulle infrastrutture garantendone, a livello di programmazione
economico finanziaria, la sostenibilità dei costi, ma deve,
senza indugio, procedere ad una reale semplificazione normativa e
burocratica.
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- Prima tappa la riduzione delle Autorità Portuali o un
loro eventuale accorpamento regionale, ciò allo scopo di
garantire un allineamento di programmi e di politiche commerciali in
grado di sfruttare pienamente le caratteristiche dei singoli scali.
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- Le stesse Autorità Portuali dovrebbero poi essere messe
nelle condizioni di esercitare un ruolo di indirizzo e coordinamento
reale tra i diversi soggetti pubblici e privati che operano ed
intervengono nelle dinamiche operative. Il tutto assistito da
adeguate capacità di spesa e di gestione funzionale.
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- Seconda tappa l'accelerazione del progetto dello "Sportello
Unico" superando le attuali resistenze interne alle
Amministrazioni e Direzioni Centrali che, in alcuni casi, vedono in
esso una minaccia alla propria "sovranità"
decisionale.
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- Terza tappa un riordino complessivo delle norme che presiedono
alle procedure di importazione ed esportazione delle merci e perciò
in grado di incidere sulla nostra capacità di competere a
livello internazionale, con l'obiettivo di coordinarle in un Testo
Unico che ne definisca, a livello nazionale, interpretazione, ambito
di applicazione e sanzioni. Vorremmo che si ponesse fine al
proliferare di un fenomeno che potremmo definire di "federalismo
dispositivo di tipo feudale", che rinvia l'interpretazione di
norme alle singole amministrazioni, direzioni ed uffici periferici
votati più a preservare competenze e potere discrezionale che
non a favorire il mercato.
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- Riforma questa, come la precedente, che può definirsi a
costo zero per le casse dello Stato. Le riforme esistono, quelle
vere, ma manca la volontà di perseguirle.
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- Non tutto può però essere fatto o programmato dal
centro, anche le amministrazioni territoriali, siano esse uffici
della Dogana, dei Presidi o delle stesse Autorità Portuali,
devono provare a fare un salto culturale, orientando il proprio
operato non solo al perseguimento dei fini dell'amministrazione di
appartenenza ma anche al più alto scopo dello sviluppo e
della crescita economica del Paese.
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- Luci ed ombre nei programmi di sviluppo del Porto.
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- Analizzando e studiando il Piano Operativo Triennale 2012-2014
dell'Autorità Portuale di Genova si avverte il peso legato
all'incognita dei finanziamenti.
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- La pianificazione di un porto di rilevante interesse
internazionale deve essere di ampio respiro e contenere al suo
interno obiettivi di sviluppo anche ambiziosi purché
realizzabili, ciò anche al fine di garantire la competitività
del sistema logistico e produttivo nazionale.
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10 |
European Port Governance 2010.
Report dell'indagine sulla Governance dei porti marittimi
europei. |
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- Ancora recentemente una ricerca dell'ESPO ha confermato la
debolezza del sistema portuale italiano causata dalle pesanti
limitazioni in termini di risorse finanziarie e dalla mancanza di
una vera e propria autonomia funzionale10.
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- Le Autorità Portuali devono essere considerate quali
generatori di reddito per lo Stato e per il sistema economico e non,
come purtroppo i fatti dimostrano, essere trascurate e sottovalutate
nella loro rilevanza strategica.
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- Nel Piano Operativo Triennale 2012-2014 piace trovare conferma
della forte apertura alla telematica ed ai sistemi dì
riorganizzazione operativa; piace l'apertura ad iniziative a
carattere europeo in grado di dare lustro ed assicurare risorse alle
attività dell'Autorità Portuale di Genova; non
piacciono le partecipazioni a progetti (come il TIGER) che rischiano
di trasformare il nostro scalo in un mero corridoio di trasferimento
di contenitori; spiace, inoltre, trovare posticipato al 2013
l'intervento di realizzazione del PED che, proprio nell'assemblea
della Spediporto del 2010, era stato lanciato ed accolto con grande
favore dalla Regione Liguria e dalla stessa Autorità Portuale
di Genova.
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- La realizzazione di un centro unificato di controllo sulle merci
in importazione (il c.d. PED) deve essere un obiettivo prioritario.
E' infatti attraverso progetti di questo tipo che si eleverebbe
considerevolmente la qualità dei servizi alla merce,
riducendo tempi e costi sui controlli. Esattamente quello che stanno
facendo Germania ed Olanda.
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- All'Autorità Portuale però chiediamo anche più
coraggio sia nell'avviare un effettivo rinnovo della propria
struttura sia nel sostenere con maggiore convinzione e forza i
progetti e le richieste provenienti da quelle categorie dell'utenza
portuale abituate, per cultura e tradizione, a collaborare con
lealtà. Ciò anche per dare un segnale forte, rivolto a
chi invece agisce ferendo il porto ed i suoi traffici con
manifestazioni fondate sul ricatto del blocco operativo. Contro
questi fenomeni vorremmo vedere più determinazione e
coraggio.
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- Una riflessione a parte merita la predisposizione del nuovo
Piano Regolatore Portuale, qui infatti il tema del rapporto tra
sviluppo del porto e della città diventa tutt'uno.
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- Non si può negare che la presenza e lo sviluppo di un
porto si traducano anche in vincoli e condizionamenti per la
comunità territoriale, potendo provocare congestionamenti dei
trasporti, limitazione all'utilizzo ed alla destinazione di spazi.
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- Sotto altro verso è certo che la presenza di una realtà
portuale si traduce generalmente in sviluppo occupazionale e
crescita economica ed è ormai comunemente ammesso che i porti
possono e debbono essere strumento per lo sviluppo di un territorio.
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- Genova ed il Porto. La nostra visione
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- Nel caso poi di Genova l'importanza dello sviluppo del porto per
il futuro della città è forse ancora più
evidente che in altre parti d'Italia.
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11 |
Nel 2010 nella Provincia di Genova, dove
operano oltre la metà delle imprese della Liguria (85.644
su 167.001) la 'forza lavoro' è stata quantificata in
381.212 persone (di cui 209.355 uomini e 171.856 donne) e fra
questi gli occupati sono 356.302 ed i disoccupati 24.910. Il tasso
di attività è del 68,86%, quello di occupazione del
64,27% (per i maschi del 70,77%, per le femmine del 57,92%),
quello di disoccupazione del 6,56% a livello generale, del 19,95%
a livello giovanile (per i maschi del 21,80%, per le femmine del
17,5 1%). |
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- Si pensi al dato per cui nella nostra città circa il 18%
della popolazione residente trae la propria fonte di reddito dal
Porto ed al dato che quasi il 30% dell'intera forza lavoro della
Provincia di Genova è impiegata in attività portuali o
del suo indotto11. Si proiettino queste percentuali in
un'ottica di sviluppo e rilancio reale dell'economia marittima,
potremmo così arrivare ad immaginare i riflessi occupazionali
e sul reddito che potrebbero prodursi.
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- Ecco perché è importante decidere da che parte
stare: da quella di una cultura orientata a conservare uno stato di
conflittualità ed incomprensione sulla rilevanza della
portualità o, invece, aperta a comprenderne le potenzialità
di sviluppo e di benessere?
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- Perché un porto si affermi come polo logistico non basta
che adegui a posteriori le infrastrutture portuali alle esigenze dei
traffici e del sistema economico, ma sono necessarie una
pianificazione territoriale ed una convergenza di strumenti e di
politiche di sostegno alle imprese che travalichino i confini del
porto, attraverso un profondo coinvolgimento degli organi di
programmazione locale, regionale e nazionale.
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- Come categoria siamo fermamente convinti che lo sviluppo futuro
della portualità genovese, sotto il profilo economico,
territoriale, tecnologico ed ambientale non solo debba vedere
fortemente impegnate tutte le categorie di operatori ma, ancor
prima, coinvolta la città.
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- Siamo convinti che sia fondamentale avviare un'osmosi
progettuale tra porto e città che declini percorsi e scelte
per giungere alla realizzazione di un MasterPlan Porto-Città
che sia la sintesi per temi specifici di quanto elaborato nel PUC -
lato Porto - e di quanto sarà contenuto nel redigendo Piano
Regolatore Portuale.
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- E' un momento delicato ed importante, dove alle scelte a
carattere programmatico si associano altre a carattere politico ed
amministrativo. E' necessario e quanto mai urgente trovare un
corretto equilibrio fra le esigenze di sviluppo dello scalo e le
aspirazioni ed i bisogni dei cittadini.
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- Le prossime elezioni nel Comune di Genova e la presenza oggi
alla nostra Assemblea dei candidati sindaco, rappresentano
un'occasione unica per verificare la loro visione del Porto, del suo
sviluppo, anche infrastrutturale, e del fondamentale rapporto con la
città.
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- E' un dato di fatto che le difficoltà di crescita del
Porto di Genova nel recente passato sembrano potersi ascrivere, in
aggiunta a quanto fin qui detto, più ai colli di bottiglia
della c.d. "logistica esterna" che non ai limiti di
ricettività delle banchine. E' lecito dunque chiedersi, in
attesa che vengano realizzate le grandi infrastrutture del Terzo
Valico e della Gronda, come il porto e la città intendono
affrontare l'aumento del traffico camionistico; l'indispensabile
individuazione di un'area definitiva per l'autoparco; la possibile,
se non certa, saturazione dei nodi stradali - come nel caso di San
Benigno - o, come nel caso di Lungomare Canepa, delle vie di
percorrenza dove i confini tra porto e città si fondono.
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- Di fronte a questi interrogativi ed alla concreta possibilità
che Genova abbia il rango di un vero e proprio "Porto di terza
generazione" siamo convinti che la nostra città non
possa fare a meno di un assessorato dedicato alla portualità,
ciò con lo scopo non di creare sovrapposizioni di funzione o
competenze con l'Autorità Portuale, ma con il fine di creare
una figura di coordinamento tra i piani di sviluppo della città
e quelli portuali, ma non solo, anche un promotore della cultura
delle attività marittime in seno alla città, un
soggetto di raccordo tra la comunità economica e quella
sociale.
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- Niente di più di quello che in altre città
portuali europee già esiste con il Port Community Manager.
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- Diffondere la cultura dello Shipping, avvicinare i giovani alle
attività mercantili e della logistica guardando ad esse non
come "disturbatori sociali" ma quali sviluppatori di
occupazione. Anche questi sono obiettivi che una comunità
dovrebbe porsi al fine di avvicinare le sensibilità della
società civile alle necessità economiche di uno scalo
marittimo di rilevanza internazionale.
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- Le peculiarità del nostro scalo, l'obiettivo di
accrescerne la capacità produttiva, potrebbero trasformare lo
stesso in un laboratorio sperimentale per processi ad alta
automazione (già esistenti in numerosi porti europei) per la
movimentazione su banchina delle merci, di telematizzazione dei
processi operativi e di coordinamento informatico tra operatori.
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- Le eccellenze scientifiche raccolte intorno al progetto del
Villaggio Tecnologico degli Erzelli, ma anche quelle professionali
dell'Accademia del Mare, possono costituire un collante
straordinario tra la città ed il porto.
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- Ciò di cui oggi la città ed il porto hanno bisogno
è avere prospettive reali di crescita e sviluppo. Per chi,
come noi spedizionieri, vive confrontandosi quotidianamente con il
mercato internazionale, la scelta non può che essere quella
di stare dalla parte del Porto.
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- Grazie per l'attenzione e buon prosieguo di lavori.
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