Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
15:34 GMT+1
Unioncamere, il nuovo Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale mette a rischio 15 scali al servizio dei territori
Dardanello: è necessario tenere conto non solo dei risultati di bilancio, ma anche dei benefici per il territorio
18 aprile 2013
Secondo Unioncamere, l'Atto di indirizzo emanato lo scorso gennaio dal ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture per la definizione del nuovo Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale ( del 29 gennaio 2013) può causare una severa contrazione dell'attività aeroportuale e pone a rischio 15 aeroporti al servizio dei territori.
Nel corso del convegno svoltosi oggi a Roma, organizzato da Unioncamere e dalla rivista “Capo Horn” con il supporto di Uniontrasporti, è stato evidenziato come l'intero settore dell'aviazione (considerando compagnie aeree, aeroporti, industria aeronautica e fornitori di servizi) dia un apporto al prodotto interno lordo italiano di 15 miliardi di euro, offrendo lavoro a 500mila persone e movimentando un traffico di 149 milioni di passeggeri. Secondo Unioncamere, a fare le spese di un riassetto del sistema degli aeroporti italiani potrebbero essere 15 dei 46 aeroporti aperti ai voli commerciali, definiti dall'Atto di indirizzo “non di interesse nazionale”. «Se la scelta di questi siti “minori” verrà confermata in sede di Conferenza Stato-Regioni - ha rilevato Unioncamere - essi saranno destinati alle Regioni e per queste realtà si apriranno due scenari diversi: la possibilità di operare con una concessione regionale oppure di essere indirizzati ad altre destinazioni o alla chiusura. In pratica, dovranno cavarsela da soli e gli enti locali e le Camere di Commercio che ne sono soci dovranno decidere se ricapitalizzarli, ripianando le perdite d'esercizio cumulate, a fronte di un piano di riassetto e rilancio, cederne la partecipazione a privati, oppure chiuderli, con tutte le implicazioni del caso».
Unioncamere ha ricordato che i 15 aeroporti che l'Atto del ministero identifica come “non di interesse nazionale” sono in ordine geografico quelli di Cuneo, Aosta, Brescia, Bolzano, Albenga, Forlì, Parma, Grosseto, Marina di Campo (Elba), Perugia, Foggia, Taranto, Crotone, Comiso e Tortolì. Nel loro complesso, nel 2012 questi aeroscali hanno registrato un traffico passeggeri di 1.106.230 persone, nel 40,5% dei casi con voli nazionali, nel 59,5% con tratte internazionali. Il 73,1% di questi passeggeri ha utilizzato, in tali strutture, voli low cost. La quota rimanente ha interessato invece voli di tipo tradizionale.
Per Unioncamere, la riduzione di queste realtà cosiddette minori potrebbe avere un sensibile contraccolpo sulle imprese del settore e sui cittadini, ma anche sui territori da esse serviti. «Si stima infatti - ha spiegato l'Unione italiana delle Camere di Commercio - che se in Italia venissero meno i voli di linea dagli aeroporti minori, oltre 500mila persone subirebbero un allungamento dei tempi di viaggio superiore ai 60 minuti, con un aggravio medio di 100 minuti per singolo viaggio di sola andata ed una stima del costo complessivo del maggior tempo impiegato (prudenzialmente valutato in 10 euro ora) valutabile in circa 52 milioni di euro, considerando gli aeroporti con traffico fino a due milioni di passeggeri annui. Questo scenario vedrebbe penalizzate aree già oggi svantaggiate quanto a collegamenti ed infrastrutture ed azzererebbe gli sforzi fatti nel corso di più decenni con risorse anche ingenti ed investimenti di natura sia pubblica che privata, per offrire a questi territori opportunità di sviluppare e qualificare i flussi economico-produttivi, innovando ed allargando la rete dei modelli relazionali. Si andrebbe inevitabilmente ad uno spostamento di ricchezza da queste aree, dinamiche ed economicamente assai vivaci, ma certo generalmente meno sviluppate e talvolta marginali, verso quelle più ricche e congestionate, non solo con una perdita di addetti direttamente o indirettamente coinvolti nell'economia aeroportuale (mediamente 400-500 addetti per milione di passeggeri), ma anche con una perdita pressoché certa della spesa turistica generata dai flussi turistici inbound che in questi anni, grazie anche all'esplosione del low cost, sta generando interessanti processi di crescita e redistribuzione delle presenze turistiche rispetto alle storiche tradizionali destinazioni».
«Non vogliamo certo affermare l'inutilità di un riassetto complessivo del sistema», ha chiarito il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. «Molte società di gestione degli aeroporti - ha spiegato - registrano risultati d'esercizio anche fortemente negativi, unitamente allo squilibrato rapporto tra costi e ricavi per passeggero che non possono certo essere ignorati. Ma per qualsiasi azione di riassetto - ha rilevato Dardanello - sono necessarie politiche di accompagnamento per individuare soluzioni alternative e/o di rimodulazione del quadro dei costi, e politiche di sistema, che non tengano conto esclusivamente dei risultati di bilancio, ma anche dei benefici per il territorio. La stessa logica europea - pur sottolineando che i comportamenti degli azionisti pubblici devono essere improntati al principio dell'investitore privato in un'economia di mercato - sembra offrire la possibilità, in alcuni casi particolari e circoscritti, di costruire politiche di sostegno agli aeroporti e alle compagnie aeree».
«L'incontro di oggi - ha detto il presidente di Uniontrasporti, Antonio Paoletti - rappresenta l'avvio di un'indispensabile riflessione dell'intero sistema camerale sulla situazione della realtà aeroportuale italiana, con particolare attenzione agli aeroporti minori - dopo l'adozione dell'Atto di indirizzo per la definizione del Piano nazionale degli aeroporti - che possa portare all'adozione di una strategia condivisa. Le Camere di Commercio sono fortemente impegnate nelle infrastrutture aeroportuali (35 dei 46 aeroporti commerciali considerati dal Piano sono gestiti da società partecipate dalle Camere) e le drastiche previsioni del Piano impatteranno su territori, sistemi produttivi locali ed enti camerali».
Unioncamere ha ricordato inoltre che dei 46 aeroporti commerciali rientranti nel Piano nazionale degli aeroporti (di cui 35 gestiti appunto da società partecipate da Camere di Commercio), tra i dieci facenti parte del core network, considerati di rilevanza strategica a livello UE, le Camere sono presenti in sei, con un investimento complessivo di 48 milioni di euro. Inoltre 15 dei 19 aeroporti del comprehensive network (quelli che hanno un traffico superiore al milione di passeggeri annui, ovvero che hanno un traffico superiore ai 500mila e siano in possesso di ulteriori specifiche caratteristiche, quali l'unicità nell'ambito regionale o il servizio ad un territorio caratterizzato da scarsa accessibilità, ovvero siano indispensabili ad assicurare continuità territoriale) vedono la presenza di almeno una Camera di Commercio con una partecipazione complessiva di 49,5 milioni di euro. Infine gli enti camerali partecipano anche alle società di due aeroporti rientranti nella categoria “altri aeroporti” (Rimini, con un trend di traffico in forte crescita, e Salerno, usato per delocalizzare il traffico di Napoli) con 2,1 milione di euro investiti. Tra i restanti 15 scali, 12 hanno le Camere di Commercio nella compagine societaria per un valore complessivo di 10,9 milioni di euro. L'investimento finale di 55 enti camerali ammonta quindi a quasi 110 milioni di euro, pari al 15% del capitale complessivamente investito.
Unioncamere ha precisato che «la ragione per cui il sistema camerale affronta il tema del riassetto aeroportuale, tuttavia, non è solo legata alla presenza di partecipazioni nelle società di gestione. Infatti, gli investimenti delle Camere nelle infrastrutture, non solo di trasporto ma anche di promozione dell'economia, sono sempre state fatte guardando non a una logica di redditività del singolo investimento, ma agli effetti complessivi per il territorio. La rete camerale, quindi, è consapevole del rilievo del tema sul piano dello sviluppo locale e delle opportunità che si verrebbero a perdere per il territorio, per le sue imprese, per le comunità di riferimento».
Unioncamere ha concluso specificando che il sistema camerale ritiene pertanto che «sarebbe utile immaginare un riassetto del settore diretto a creare una strategia aeroportuale nazionale che riesca: a collegare il Piano ad una politica europea specie per l'aeroportualità minore (tuttora assente ma sicuramente necessaria, visto che in Europa il 67% degli aeroporti con traffico di linea gestisce volumi inferiori al milione di passeggeri l'anno e la struttura proprietaria è in gran parte pubblica); riconsideri il sistema dei costi, abbattendo rigidità oggi non più giustificabili, dei servizi aeroportuali garantiti dallo Stato, tenendo conto delle diverse dimensioni e necessità degli scali; consenta alle società aeroportuali di operare in un regime di certezze normative ed autorizzatorie, almeno di medio periodo, per consentire piani di investimento e sviluppo di lungo termine; valuti con criteri oggettivi l'esistenza o meno di un impatto positivo dell'infrastruttura aeroportuale sul territorio del quale è al servizio, non solo relativamente ai collegamenti per il trasporto di passeggeri e merci, ma in particolare per il reddito che vi genera ed il contributo che apporta alla crescita del prodotto lordo territoriale».
- Via Raffaele Paolucci 17r/19r - 16129 Genova - ITALIA
tel.: 010.2462122, fax: 010.2516768, e-mail
Partita iva: 03532950106
Registrazione Stampa 33/96 Tribunale di Genova
Direttore responsabile Bruno Bellio Vietata la riproduzione, anche parziale, senza l'esplicito consenso dell'editore