- Il Consiglio di Stato ha accolgo il ricorso presentato quest'anno dall'Autorità Portuale di Genova contro il gruppo siderurgico Ilva Spa a proposito dell'istituzione della sovrattassa sulle merci imbarcate e sbarcate nello scalo genovese ed ha respinto il ricorso presentato dall'Ilva che era stato invece accolto in primo grado dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria.
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- La sovrattassa era stata deliberata nel 2003, con applicazione a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo, per reperire risorse utili alla realizzazione di opere di interesse comune all'interno del porto di Genova. Con sentenza depositata martedì, che pubblichiamo di seguito, il Consiglio di Stato ha accolto le ragioni dell'Autorità Portuale ammettendo che l'istituzione della sovrattassa è una delle opzioni consentite dalla legge 84/94 di riordino della legislazione in materia portuale per consentire all'ente portuale di realizzare opere di interesse pubblico all'interno dello scalo.
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- «L'istituzione della sovrattassa - ha commentato il presidente dell'ente portuale genovese, Luigi Merlo - ha consentito negli anni di realizzare molte opere importanti per la comunità portuale genovese che ha accettato responsabilmente questa scelta. La bontà della decisione che l'ente ha assunto nel 2003 oggi è stata pienamente legittimata dal Consiglio di Stato e ciò ci consentirà di andare avanti lavorando per far crescere lo scalo».
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N. 05012/2013REG.PROV.COLL.
N. 00813/2013 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIl Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
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SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 813 del 2013, proposto dall'Autorità portuale di Genova, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Ilva s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Perli, con domicilio eletto presso lo studio legale Berenghi e soci in Roma, via IV Novembre, n.149; Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministero pro tempore, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Agenzia delle dogane e dei Monopoli - Direzione Regionale Liguria;
per la riforma
della sentenza 18 ottobre 2012, n. 1230 del Tribunale amministrativo regionale della Liguria, Genova, Sezione I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio di Ilva s.p.a.;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Palatiello e l'avvocato Perli.
FATTO
1.- La società Ilva s.p.a. (d'ora innanzi anche solo società), avente ad oggetto lo svolgimento di attività siderurgica, è concessionaria di una area demaniale di circa 73.000 metri quadri, facente parte del porto di Genova.
L'Autorità portuale di Genova, con delibera del comitato portuale del 5 novembre 2003, n. 4, e con decreto del Presidente del 2 dicembre 2013, n. 1553, ha istituito, ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), a partire dal 1° gennaio 2004, una sovrattassa sulle merci sbarcate ed imbarcate.
La società ha impugnato, innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sezione prima, tali provvedimenti.
In particolare, sono state dedotte le seguenti illegittimità (riportate in sintesi):
i) violazione dell'art. 5, comma 8, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), in quanto tale legge consentirebbe l'imposizione della sovrattassa al solo fine di «coprire i costi effettivamente sostenuti per la realizzazione delle opere», che, nella fattispecie in esame, non sarebbero state realizzate;
ii) violazione del predetto art. 5, commi 8 e 9, nonché carenza di presupposti e contrasto con il piano operativo triennale, in quanto le opere previste (dragaggio dei fondali del bacino di Sampierdarena e apertura a ponente del bacino di Sampierdarena, interventi di security, informatizzazione varchi portuali e collegamenti fognari, interventi infrastrutturali sulle aree comuni) non rientrerebbero nell'ambito applicativo della suddetta legge (dovendo essere sostenuti dallo Stato) e non sarebbero stati neanche programmati (il piano operativo triennale, approvato il 13 dicembre 2002 dall'Autorità portuale per gli anni 2003-2005, non contemplerebbe le predette opere);
iii) violazione del predetto art. 5, comma 8, nonché carenza di istruttoria, difetto di motivazione e contraddittorietà, in quanto l'Autorità non avrebbe indicato le ragioni, come richiesto dalla norma, per le quali avrebbe deciso di imporre una soprattassa piuttosto che optare per l'aumento dei canoni concessori (nella parte motiva della deliberazione n. 4 del 2003 è espressamente affermato che «tra le ipotesi che dovranno essere sottoposte a verifiche ed approfondimenti rientrano l'applicazione di una addizionale tariffaria ovvero l'ipotesi di aumento dei canoni demaniali»); si aggiunge che mancherebbe qualunque indicazione della misura della sovrattassa, dei costi stimati per le opere, delle opere che devono essere realizzate (quest'ultime, si sottolinea, sarebbero state indicate solo genericamente);
iv) violazione degli articoli 23 e 25 del Trattato CE, in quanto sarebbe stata introdotta una misura equivalente ai dazi doganali, vietata dalle norme europee indicate.
1.1.- Nel giudizio di primo grado si è costituita l'Autorità portuale, eccependo, in via preliminare: i) l'irricevibilità del ricorso di primo grado, in quanto la società avrebbe avuto conoscenza della sovrattassa già a fare data dal 31 dicembre 2003, come risulterebbe dal preavviso di bolletta, depositato in giudizio; ii) l'inammissibilità del ricorso per acquiescenza, per non avere la società impugnato taluni atti successivi all'istituzione della sovrattassa (quali, la convenzione che ha attribuito all'Agenzia delle dogane i compiti di accertamento, riscossione e versamento della tassa, il decreto dell'Autorità portuale del 30 agosto 2004, n. 1152, i piani operativi triennali, i bilanci ed i conti consuntivi, che indicherebbero le concrete modalità di utilizzo e destinazione della sovrattassa).
2.- Il Tribunale amministrativo, con sentenza 21 dicembre 2010, n. 10957, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, indicando, quale giudice competente, la commissione tributaria.
Il Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza 2 dicembre 2011, n. 6360, ha riformato la predetta sentenza, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto «i ricorrenti hanno impugnato la scelta discrezionale dell'amministrazione di scegliere, tra le due alternative possibili, quella dell'addizionale tariffaria, ritenendo che con tale scelta non siano raggiungibili nel migliore dei modi gli interessi pubblici perseguiti».
2.1.- Il Tribunale amministrativo, con sentenza 18 ottobre 2012, n. 1230, ha, pertanto, deciso la controversia.
In via preliminare, ha ritenuto non fondate le suddette eccezioni, in quanto: i) la mera indicazione di un codice tributo non sarebbe sufficiente ad integrare il requisito della piena conoscenza; ii) la legittimità di un provvedimento deve essere valutata al momento della sua adozione, senza che, ai fini del giudizio di validità, possano venire in rilievo i successivi atti di attuazione.
Nel merito, il Tribunale ha accolto il ricorso.
In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto, in primo luogo, che l'art. 5, comma 8, della legge n. 84 del 1994, pur non richiedendo che le opere debbono essere già realizzate all'atto della istituzione della sopratassa, le stesse, in applicazione del principio di legalità sancito dall'art. 23 della Costituzione, devono essere quantomeno pianificate. Nella fattispecie in esame, i provvedimenti impugnati non danno conto, si afferma nella sentenza, dell'inserimento delle opere «nell'atto di programmazione dei lavori pubblici» e, in particolare, «nel piano operativo triennale e nell'elenco annuale».
In secondo luogo, il Tribunale ha rilevato che l'Autorità portuale non ha indicato le ragioni della preferenza della soprattassa rispetto all'aumento dei canoni concessori. Sul punto, anzi, espressamente l'Autorità ha rinviato, con la delibera impugnata, a successive verifiche ed approfondimenti, anche in coordinamento con le categorie interessate.
3.- L'Autorità portuale ha proposto appello per i motivi indicati nel considerato in diritto.
3.1.- Si è costituita in giudizio la società, chiedendo il rigetto dell'appello.
3.2.- Con ordinanza 11 marzo 2013, n. 806, questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione degli effetti della sentenza impugnata.
3.3.- Le parti hanno depositato, nei termini legali, memorie difensive e di replica.
4.- La causa è stata decisa all'esito dell'udienza di discussione del 18 giugno 2013.
DIRITTO
1.- La questione posta all'esame della Sezione attiene alla legittimità degli atti con cui l'Autorità portuale di Genova ha previsto l'imposizione di una sovrattassa sulle merci sbarcate ed imbarcate.
2.- L'appello, a prescindere dalle eccezioni preliminari riproposte, è fondato nel merito.
3.- Con un primo motivo si assume l'erroneità della sentenza nella parte in cui, in applicazione dell'art. 23 della Costituzione (non evocato, peraltro, nel ricorso di primo grado), ha ritenuto che le opere non fossero state oggetto di adeguata programmazione. Sul punto, si deduce che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, l'Autorità avrebbe programmato in maniera dettagliata le opere da effettuare come risulterebbe dal fatto che la delibera impugnata: i) fa espresso riferimento alle opere previste dal piano regolatore portuale dell'ente entrato in vigore nell'anno 2001; ii) richiama le opere previste nel piano operativo triennale dell'ente 2003-2005, approvato dal comitato portuale in data 13 dicembre 2002; iii) è stata assunta «a valle» di altra delibera, n. 84, adottata in pari data, con cui l'ente ha provveduto ad aggiornare il programma degli interventi infrastrutturali del porto di Genova; iv) è stata adottata contestualmente all'adozione del bilancio di previsione 2004, in cui sono stati inseriti il piano operativo triennale 2004-2006 e l'elenco annuale delle opere.
Il motivo è fondato.
La legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), prevede, all'art. 5, comma 8, le modalità di finanziamento delle opere portuali, stabilendo che: i) spetta allo Stato l'onere «per la realizzazione delle opere» nei porti finalizzati alla difesa e alla sicurezza dello Stato (categoria I) nonché «per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione» nei porti di rilevanza economica internazionale (categoria II, classi I e II); ii) le Regioni, il Comune interessato o l'Autorità portuale possono comunque intervenire con proprie risorse, in concorso o in sostituzione dello Stato, per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti da ultimo indicati; iii) spetta alla Regione o alle Regioni interessate l'onere per la realizzazione delle opere di grande infrastrutturazione nei porti di rilevanza economica nazionale (categoria II, classe III); iv) «le autorità portuali, a copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, possono imporre soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate, oppure aumentare l'entità dei canoni di concessione» (corsivi aggiunti).
I successivi commi 8 e 9 dell'art. 5 prevedono, rispettivamente, che:
- «sono considerate opere di grande infrastrutturazione le costruzioni di canali marittimi, di dighe foranee di difesa, di darsene, di bacini e di banchine attrezzate, nonché l'escavazione e l'approfondimento dei fondali (…)»;
- «il Ministro dei trasporti e della navigazione, sulla base delle proposte contenute nei piani operativi triennali predisposti dalle autorità portuali (…) individua annualmente le opere di cui al comma 9 del presente articolo, da realizzare nei porti di cui alla categoria II, classi I e II».
Le norme sopra riportate devono essere così interpretate:
- l'Autorità portuale, nell'ambito delle proprie competenze, per “tutte” le opere «realizzate» può ricorrere alle modalità di finanziamento sopra indicate;
- l'espressione «realizzate» deve essere intesa, in linea con la ratio della norma che è quella di consentire il reperimento di risorse finanziarie per attuare gli interventi dalla stessa previsti, nel senso che deve trattarsi di opere che l'Autorità ha intenzione di realizzare mediante l'adozione dello specifico atto programmatorio rappresentato dai piani operativi triennali;
- le specifiche modalità procedimentali previsti dal comma 10, che contemplano un atto del Ministero, operano soltanto in presenza di «opere di grande infrastrutturazione» da realizzare nei porti di rilevanza economica internazionale.
Nella fattispecie in esame risulta che l'Autorità ha osservato le regole poste dalla norma riportata. Infatti, la delibera impugnata:
- ha indicato le opere da realizzare (interventi infrastrutturali sulle aree comuni; dragaggio dei fondali del bacino di Sampierdarena; interventi di security e informatizzazione varchi portuali; collegamenti fognari; interventi di apertura a ponente del bacino di Sampierdarena);
- ha richiamato, per le ulteriori specificazioni, i «contenuti del piano operativo triennale 2003-2005 approvato dal comitato portuale nella seduta del 13 dicembre 2002».
Da quanto esposto risulta chiaramente come sia stato rispettato quanto previsto dalla legge di disciplina della materia. Né varrebbe obiettare, come fa la società, nei propri scritti difensivi, che le opere non sono state realizzate, che le stesse non sarebbero poste a servizio dell'attività della società stessa e che non sarebbero stati previsti i costi delle opere e la misura concreta della tassa. Sul punto, infatti, è sufficiente rilevare che la norma, come già sottolineato, impone soltanto la programmazione degli interventi. Le questioni poste dalla società attengono alla diversa fase di attuazione degli interventi stessi che esula da questo giudizio e, più, in generale, dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
3.1.- Con un secondo motivo, l'appellante assume l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l'Autorità non avrebbe indicato le ragioni della preferenza della soprattassa rispetto all'aumento dei canoni concessori, rinviando l'approfondimento di questo aspetto a successivi atto istruttori non adottati. Sul punto, l'appellante deduce che la delibera impugnata conterrebbe una espressa motivazione sul punto e che il rinvio operato riguarderebbe esclusivamente la scelta relativa al mezzo di finanziamento più idoneo da utilizzare per due categorie, individuate nei «passeggeri» e nella «nautica da diporto».
Il motivo è fondato.
L'art. 5, comma 8, sopra riportato, dispone che «le autorità portuali, a copertura dei costi sostenuti per le opere da esse stesse realizzate, possono imporre soprattasse a carico delle merci imbarcate o sbarcate, oppure aumentare l'entità dei canoni di concessione».
La norma attribuisce un potere di scelta all'Autorità, nell'esercizio dei propri poteri discrezionali e senza predeterminazione di criteri legali. Non è, pertanto, sindacabile sul punto la scelta effettuata in quanto tale.
In ogni caso, anche a volere prescindere da questo aspetto, la delibera impugnata contiene una motivazione espressa in ordine all'opzione fatta. In essa, infatti, si legge che «le opere previste si caratterizzano per un'utilità comune che se da un lato rende inefficiente un criterio ispirato all'individuazione di specifici utenti su cui rivalersi in ragione del principio, sancito a livello comunitario, del “chi usa paga”, dall'altro lato non può gravare in termini di costi direttamente e totalmente a bilancio dell'Autorità portuale».
Si aggiunge che «gli interventi proposti possono essere assimilati alla realizzazione di beni rientranti nella categoria dei beni pubblici, poste le caratteristiche di non rivalità del consumo e di non escludibilità (…) dei benefici in capo ai diversi utenti, fattori che oltre a demandare al settore pubblico la produzione dei beni in questione inducono una copertura dei costi attraverso meccanismi diversi dai prezzi e riferibili principalmente ai prelievi di tipo obbligatorio» (pag. 3).
Nel prosieguo della motivazione della delibera si legge, infatti, che: «se gli investimenti in banchine, piazzali e più in generale in strutture produttive gestite dalle imprese concessionarie, hanno un ritorno, seppure lento e nel lungo periodo, rappresentate tanto dal pagamento dei canoni demaniali, il costo dei “progetti comuni” deve trovare un adeguato supporto finanziario in una fonte alternativa», quale è la soprattassa (pag. 5).
Il riferimento, invece, all'esigenza di effettuare ulteriori approfondimenti istruttori mirati alla scelta tra le due modalità di finanziamento attiene esclusivamente, come si desume sempre dalla lettura della delibera impugnata, alle misure da applicare ai «passeggeri» e alla «nautica da diporto» (pagg. 6, ultimo capoverso, e 7).
4.- L'appello, per le ragioni sin qui esposte, deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso di primo grado.
5.- La società appellata è condannata al pagamento delle spese processuali dei due gradi, in favore dell'Autorità appellante, che si determino in euro 2.000, oltre accessori.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l'appello proposto con il ricorso n. 813 del 2013, indicato in epigrafe, e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado;
b) condanna l'Ilva s.p.a. al pagamento, in favore dell'Autorità portuale di Genova, delle spese processuali dei due gradi, che si determinano in euro 2.000,00, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere Roberta Vigotti, Consigliere Bernhard Lageder, Consigliere Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE
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- DEPOSITATA IN SEGRETERIA
- Il 15/10/2013
- IL SEGRETARIO
- (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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