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A Genova, con la Concordia, si saggia la possibilità di riattivare le attività di demolizione navale
Il consorzio Ship Recycling ha presentato il progetto di smantellamento del relitto della nave da crociera
29 ottobre 2014
Esiste la possibilità che le imprese italiane ed europee del settore navalmeccanico tornino ad occuparsi di attività di demolizione navale? In verità è già accaduto. In questi giorni, infatti, sono iniziate le operazioni di smantellamento della nave da crociera Costa Concordia naufragata all'inizio del 2012 sugli scogli dell'isola toscana del Giglio e rimorchiata quest'estate fino al porto di Genova a conclusione di un'operazione di preparazione del relitto alla navigazione estremamente complessa.
A condurre i lavori è il consorzio Ship Recycling partecipato con il 51% dalla Saipem, società che fa capo al gruppo Eni, e con il 49% dalla genovese San Giorgio del Porto, azienda cantieristica detenuta dalla holding Genova Industrie Navali (famiglie Garrè, Bisagno e Zanetti). È quindi scontata la risposta alla domanda da parte dei responsabili del consorzio. Tuttavia neppure loro si azzardano a formulare previsioni sullo sviluppo di questo business, soggette come sono ad un'innumerevole serie di incognite a partire da quella cardine: il quadro normativo.
La Concordia non rappresenta un vero e proprio ritorno a questo tipo di attività, quanto piuttosto un'esperienza esplorativa nata da un fatto contingente. «Siamo dei pionieri», ha confermato oggi l'amministratore delegato di Ship Recycling, Ferdinando Garrè, presentando il progetto di smantellamento e riciclo del relitto nella sede di Confindustria Genova. «In Italia - ha aggiunto - questo tipo di lavori è stato abbandonato negli anni Ottanta».
Da tempo lo smantellamento delle navi avviene principalmente nel sud-est asiatico dove il costo del lavoro è estremamente basso e c'è elevata disponibilità di manodopera. Le navi vengono demolite sulle spiagge della regione spesso senza l'impiego di mezzi e infrastrutture e con l'utilizzo di semplici strumenti da taglio. Oggi, in assenza di normative specifiche, è solo il fattore costo a determinare la scelta del luogo di demolizione.
Solamente da qualche anno la comunità internazionale ha prodotto una legislazione in materia. Si tratta della Convenzione di Hong Kong adottata il 15 maggio 2009 dall'International Maritime Organization (IMO) che però entrerà in vigore solo 24 mesi dopo la ratificata da parte di almeno 15 nazioni a cui fanno capo flotte mercantili pari complessivamente ad almeno il 40% del tonnellaggio totale mondiale (inforMARE del 15 maggio 2009). Ad oggi la “Hong Kong International Convention for the Safe and Environmentally Sound Recycling of Ships” è stata ratificata da appena cinque Stati (Francia, Italia, Olanda, Saint Kitts and Nevis e Turchia) e vede tre Stati contraenti (Congo, Francia e Norvegia) per una percentuale del tonnellaggio mondiale pari all'1,98%.
In Europa la materia è oggetto di un regolamento sulla demolizione e riciclaggio delle navi della Commissione Europea che è stato adottato un anno fa dal Parlamento e dal Consiglio dell'UE (inforMARE del 22 ottobre 2013). La nuova norma non è ancora in vigore: il regolamento UE n. 1257/2013, come recita il testo, si applicherà «a decorrere dalla prima delle due date seguenti, ma non prima del 31 dicembre 2015: a) sei mesi dalla data in cui il volume annuo massimo combinato di riciclaggio delle navi degli impianti di riciclaggio delle navi iscritti nell'elenco europeo rappresenta almeno 2,5 milioni di tonnellate di dislocamento a vuoto (LDT). Il volume annuo di riciclaggio delle navi di un impianto di riciclaggio delle navi è calcolato sommando il peso espresso in LDT delle navi che sono state riciclate in un dato anno in tale impianto. Il volume annuo massimo di riciclaggio delle navi è determinato selezionando il valore più elevato registrato nei dieci anni precedenti per ciascun impianto di riciclaggio delle navi o, nel caso di un impianto di riciclaggio delle navi autorizzato di recente, il valore annuo più elevato conseguito in tale impianto; o b) il 31 dicembre 2018».
Al di là delle incertezze sull'effettiva entrata in vigore della normativa UE, è evidente che questa, da sola, potrebbe non bastare a creare un mercato delle demolizioni navali in Europa e potrebbe anzi indurre gli stessi armatori europei a valutare la possibilità di trasferire le loro navi sotto altre bandiere per evitare di far fronte ad un'impennata del costo dello smantellamento delle vecchie unità della flotta. «Quello della demolizione - ha sottolineato il presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Luigi Merlo, nel corso dell'incontro - finora è considerato dagli armatori come un costo residuale».
Ne è consapevole lo stesso Garrè: pur evidenziando come Ship Recycling ritenga che questo settore potrà offrire opportunità di lavoro, ha precisato che le prospettive di business potranno forse concretizzarsi solo nel medio periodo.
Intanto il consorzio si fa le ossa sulla Costa Concordia, un progetto di smantellamento e riciclo di carattere eccezionale per dimensioni e tipologia dell'intervento che è regolato da un contratto che - ha reso noto Garrè - ha un valore di 104 milioni di dollari. Ulteriori ricavi potranno derivare dalla vendita dei materiali della nave, principalmente acciaio e metalli di cui si prevede di recuperare complessivamente circa 50.000 tonnellate.
L'operazione - ha confermato Valerio Mulas, project manager di Ship Recycling - verrà completata nel maggio 2016 in quattro fasi esecutive nel corso di 22 mesi con l'impiego di 100-250 persone. La prima fase, in corso, è relativa all'arrivo della nave a Genova, all'ormeggio presso la Diga Foranea dell'area portuale di Prà-Voltri e al suo alleggerimento con la rimozione degli arredi e degli allestimenti dei ponti emersi con l'obiettivo di ridurre il pescaggio portandolo dagli attuali -17,5 metri circa a -14,5/-15,5 metri (dipendentemente dallo stato di attuazione dei dragaggi in esecuzione nel porto) per consentire l'accesso della nave nell'area delle riparazioni navali. La seconda fase prevede il trasferimento della Costa Concordia in quest'area portandola al Molo Ex Superbacino e il successivo smantellamento dei ponti dal 14 al 2. Con la terza fase verranno realizzate le attività propedeutiche al trasferimento del relitto nel bacino di carenaggio n. 4, tra cui la rimozione dei 30 cassoni che attualmente consentono il galleggiamento della nave. Con l'ultima fase verranno effettuate le operazioni finali di smantellamento.
Ship Recycling auspica che, una volta portato a termine il progetto, ci saranno le condizioni per acquisire nuove commesse di demolizione navale. Ora come ora ciò pare una scommessa.
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