- In occasione delle trattative in corso tra Unione Europea e USA sull'accordo TTIP (Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti) condotte con l'obiettivo di rimuovere le barriere commerciali in molti settori economici, SEA Europe, l'associazione dell'industria navale europea che è nata dalla fusione della Community of European Shipyards Associations (CESA) e dell'European Marine Equipment Council (EMEC) ( del 6 giugno 2012), ha manifestato ai politici europei e alle parti coinvolte nei negoziati le proprie preoccupazioni sul Jones Act, la legge statunitense che regola il trasporto marittimo di cabotaggio, normativa che - ha spiegato l'associazione - limita il libero scambio del trasporto marittimo.
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- SEA Europe ha ricordato che il Jones Act prevede che tutte le navi mercantili che trasportano merci tra i porti degli Stati Uniti siano costruite negli USA, siano di proprietà e operate da cittadini statunitensi e siano registrate sotto la bandiera USA. La legge si applica a tutte le navi che operano tra due porti degli Stati Uniti.
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- Per SEA Europe, le disposizioni della norma statunitense sul cabotaggio che meritano maggior attenzione sono quella che impone che le navi che operano nell'ambito del Jones Act non siano riparate o convertite da cantieri navali esteri e quella in base alla quale se una nave Jones Act viene inviata presso un cantiere navale straniero per lavori di riparazione, o per l'installazione di alcune attrezzature, tali lavori sono soggetti a dichiarazione e al pagamento di un dazio del 50% all'atto del ritorno della nave negli Stati Uniti.
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- L'associazione europea ha evidenziato che se da un lato norme restrittive vengono applicate anche ad altre modalità di trasporto come il trasporto aereo, quello ferroviario e l'autotrasporto, dall'altro non esiste alcun obbligo di costruzione negli USA per i mezzi utilizzati negli Stati Uniti dalle altre modalità di trasporto.
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- L'associazione ha spiegato che il Jones Act ha avuto quindi l'effetto di impedire all'industria cantieristica europea, inclusa quella di riparazione e manutenzione navale, di vendere navi da impiegare nelle acque americane. Anche se alcuni produttori europei di attrezzature navali sono riusciti a vendere alcuni prodotti ai costruttori navali degli Stati Uniti - ha rilevato SEA Europe - la seconda disposizione del Jones Act impedisce loro di offrire apparecchiature navali integrate più ampiamente negli Stati Uniti perché l'uso di componenti stranieri per la costruzione delle navi è assolutamente limitato. Al contrario - ha sottolineato SEA Europe - l'Unione Europea non esclude i produttori navali degli Stati Uniti o di altri Paesi. «Questa forma di estrema protezionismo da parte degli Stati Uniti - ha denunciato l'associazione europea - è in contrasto con le generali intenzioni di liberalizzazione degli scambi dei due partner commerciali».
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- SEA Europe ha ricordato che nel corso degli ultimi anni diverse lobbies negli Stati Uniti hanno tentato senza successo di modificare o di ottenere parziali esenzioni da alcune disposizioni del Jones Act e che anche a livello internazionale gli sforzi condotti dall'OCSE, dalla World Trade Organization e dal North American Free Trade Agreement (NAFTA) per abrogare o modificare il Jones Act non sono ancora stati coronati dal successo.
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- La principale critica dell'industria marittima dell'UE nei confronti del Jones Act è la grave distorsione del contesto competitivo internazionale e SEA Europe ha sottolineato che inoltre, essendo una norma protezionista, il Jones Act ha diminuito la competitività dei produttori e degli operatori statunitensi e ha creato un mercato monopolista. L'associazione europea ha evidenziato che la normativa americana ha determinato un innalzamento del costo delle nuove navi costruite negli USA ed una contrazione della quota di mercato dei costruttori americani: attualmente - ha constatato l'associazione - la nave più costosa al mondo è la Liberty Bay, una nave cisterna Aframax di 115.000 tonnellate di portata lorda costruita per operare nell'ambito dei traffici Jones Act il cui costo di costruzione è ammontato a 184,7 milioni di dollari. «In Europa - ha osservato SEA Europe - una nave simile può essere costruita per soli 51 milioni di dollari», com'è avvenuto con le quattro Aframax di 112.700 tpl in costruzione in Romania da parte di Daewoo-Mangalia per la greca Tsakos. «Inoltre - ha proseguito l'associazione europea - le navi commerciali statunitensi costruite negli USA hanno un costo quattro o cinque volte maggiore rispetto a quello nelle nazioni che sono i principali costruttori navali, come la Corea del Sud e il Giappone. Secondo lo Shipping Intelligence Network, in Giappone il costo di costruzione per tonnellata è di 769,80 dollari mentre negli Stati Uniti è di 9.910,48 dollari. Anche se il costo del lavoro in Giappone è leggermente superiore a quello negli Stati Uniti e negli Stati Uniti gli investimenti economici sono meno onerosi rispetto al Giappone, costruire una nave negli Stati Uniti costa il 1.200% in più. È evidente che solo il monopolista mercato statunitense può determinare tali assurdi aumenti dei costi di capitale. In sintesi, il protezionista Jones Act ha generato una costosa industria navalmeccanica statunitense che non è competitiva sul mercato mondiale. Nel 1979 i cantieri navali degli Stati Uniti costruivano circa un decimo delle grandi navi mercantili del mondo. Oggi la quota di mercato è inferiore all'1%. Dato lo stato in cui l'industria ora si trova - ha rilevato SEA Europe - non sarà affatto in grado di far fronte al forte aumento del traffico delle merci e delle persone che dovrebbe concretizzarsi nei prossimi decenni».
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- SEA Europe ha elencato quali sono gli argomenti che di solito vengono addotti a difesa del Jones Act. In particolare, i difensori della normativa statunitense sostengono che i fattori principali che determinano gli elevati costi di costruzione e operativi delle navi americane sono innanzitutto che i cantieri esteri sono più grandi e possono beneficiare di economie di scala, mentre quelli statunitensi in genere costruiscono navi su misura, argomento che - ha puntualizzato SEA Europe - non è valido nel caso dell'Europa dove la maggior parte dei cantieri costruiscono navi e prodotti complessi e specializzati e dove le navi non sono prodotte in grandi serie standardizzate come quelle realizzate in Asia. I difensori del Jones Act sostengono inoltre che i salari nei cantieri navali esteri sono più bassi, mentre l'associazione europea rileva che anche questo non è il caso dell'Europa che ha norme sul lavoro analoghe a quelle americane. I sostenitori della legge statunitense affermano poi che gli standard di costruzione, sicurezza e ambientali nelle altre nazioni sono inferiori rispetto agli standard degli Stati Uniti, mentre SEA Europe ribatte nuovamente che questo non è il caso dell'Europa che a tal riguardo ha norme più severe rispetto agli Stati Uniti. I difensori del Jones Act sostengono inoltre che il Jones Act è l'unico modo per contrastare le pratiche di dumping adottate da alcune nazioni, mentre l'associazione europea precisa che tali pratiche e distorsioni commerciali sono state poste in atto principalmente in Asia e che l'Europa è sempre stata una forte sostenitrice della necessità di disciplinare il commercio internazionale al fine di affrontare questo problema e, dal momento che i negoziati in sede OCSE per un accordo sulla costruzione navale sono falliti, l'Europa ha optato per un approccio bilaterale e multilaterale per risolvere il problema. Infine, secondo i sostenitori del Jones Act, questa legge è necessaria per garantire agli USA una sufficiente marina mercantile e una base di costruzione navale necessaria per proteggere gli interessi della nazione dal punto di vista della difesa e della sicurezza, mentre SEA Europe replica che, prendendo ad esempio il settore del trasporto aereo, anch'esso strategico, da parte americana non è stato fissato alcun obbligo di costruire aeromobili negli USA e che, inoltre, le norme sul cabotaggio marittimo degli Stati Uniti hanno causato la perdita di competenze nel comparto della costruzione navale e del trasporto marittimo contraddicendo lo scopo originario della legge.
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- Secondo SEA Europe, i negoziati TTIP costituiscono quindi un'opportunità da non perdere per rimuovere ingiustificate barriere agli scambi commerciali poste dal Jones Act e, in particolare, per rimuovere i requisiti di costruzione negli USA richiesti alle navi di elevata specializzazione prodotte in Europa. Una riforma delle norme sul cabotaggio marittimo degli Stati Uniti che apra il mercato ai prodotti specializzati dell'UE, cioè alle navi e ai servizi di riparazione e manutenzione realizzati dai cantieri europei - ha evidenziato SEA Europe - consentirebbe all'industria navale europea di entrare in un nuovo mercato del valore di circa 90 miliardi di euro per le nuove costruzioni e un mercato potenziale di due miliardi di euro per la riparazione e la conversione navale nonché di creare circa 500.000 nuovi posti di lavoro.
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- «La riforma - ha precisato l'associazione europea - porterebbe ad una situazione vincente per entrambe le parti. L'Unione Europea e gli Stati Uniti condividono valori comuni; entrambi hanno sistemi giuridici comparabili e standard elevati di lavoro e di salvaguardia dell'ambiente. A differenza delle altre grandi nazioni e regioni cantieristiche in Asia, ad esempio la Corea, la Cina e il Giappone, l'Unione Europea ha norme sugli aiuti di Stato e norme antitrust molto rigorose. I cantieri navali degli Stati Uniti - ha sottolineato SEA Europe - potranno costruire ancora le loro usuali tipologie di navi senza alcuna minaccia alle loro capacità. Gli armatori e gli operatori degli Stati Uniti potranno beneficiare di una riduzione dei costi e di una migliore efficienza energetica. I consumatori degli Stati Uniti potranno beneficiare di una maggiore sicurezza e di un ambiente più pulito. Nei momenti di bisogno e di emergenza, ad esempio in caso di catastrofi naturali, l'occorrente potrà essere disponibile senza inutili e onerose procedure di esenzione. I porti degli Stati Uniti saranno in grado di soddisfare i moderni standard internazionali e di ridurre i colli di bottiglia a favore degli scambi commerciali. Tutta l'economia degli Stati Uniti - ha concluso SEA Europe - potrà beneficiare di tali modifiche grazie ad un prezzo più competitivo del trasporto marittimo nazionale».
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