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Per competere, la logistica italiana, Genova e il suo porto devono puntare all'aumento della capacità produttiva e dell'efficienza dei terminal e dei servizi marittimo-portuali e all'information technology
Spediporto esorta il governo a pianificare la creazione di Zone Economiche Speciali anche nei retroporti del Nord Ovest e Nord Est italiano
6 aprile 2017
Dietro ogni problema c'è un'opportunità. Gli spedizionieri genovesi citano Galileo Galilei per inquadrare l'attuale momento attraversato dal settore dei trasporti, della logistica e dello shipping. È auspicabile che dietro molti problemi ci siano altrettante opportunità. Perché sono davvero molti i problemi con cui la categoria si sta confrontando e che il consiglio direttivo dell'Associazione Spedizionieri Corrieri e Trasportatori di Genova (Spediporto) ha elencato nella propria relazione che è stata presentata oggi dal presidente Alessandro Pitto all'assemblea pubblica dell'associazione che si è tenuta al Palazzo della Borsa di Genova.
Un settore, quello più generale dello shipping - ha ricordato Pitto - che è stato ferito «da profonde trasformazioni, acute crisi finanziarie» ed un settore «ancora in certa di identità dopo che si è palesato il fallimento, o il limite, della cultura del “gigantismo navale”». Un gigantismo navale - ha osservato - «che sta divorando la redditività della gran parte delle compagnie armatoriali minacciandone l'esistenza e sovvertendo gli equilibri già precari. Eppure, nonostante i segnali già chiarissimi - ha denunciato - tutte le principali compagnie armatoriali sono ormai lanciate in una perenne sfida che ha nel prezzo (nolo) la sua principale leva competitiva e nella produzione di navi sempre più grandi la sua naturale, quanto “illogica”, conseguenza».
«Viene da chiedersi - ha rilevato Pitto - cosa debba ancora palesarsi allo shipping per prendere le dovute contromisure rispetto ad un fenomeno che ad oggi ha contribuito: alla spinta verso crescenti fenomeni di “merger and acquisition” con pesantissime ricadute occupazionali a livello globale; ne sono esempi - ricorda la relazione di Spediporto menzionando operazioni di concentrazione che in Italia, e soprattutto a Genova, hanno avuto ed avranno un impatto significativo principalmente sulle agenzie marittime, ma anche sulle case di spedizione e sull'intero comparto della logistica - la fusione tra COSCO e CSCL, la prevista fusione di UASC in Hapag-Lloyd, quella di APL da parte di CMA CGM, di Hamburg Süd da parte di Maersk, l'annunciata fusione tra NYK, “K” Line e MOL, voci di possibile merger tra le due taiwanesi Evergreen e Yang Ming». A queste concentrazioni si deve aggiunge l'impatto della cessazione di servizi marittimi e della crisi o del fallimento di compagnie di navigazione, primo fra tutti il crack della Hanjin Shipping che è stato - ha evidenziato Spediporto - «l'equivalente per lo shipping del caso Lehman Brothers» e che ha avuto ripercussioni a livello mondiale colpendo duramente anche Genova quale sede dell'agenzia marittima che rappresentava la compagnia sudcoreana in Italia.
Spediporto si domanda inoltre cosa aspetti l'industria dello shipping ad assumere contromisure al fine di cambiare direzione ad un percorso che ha portato «all'eccesso di capacità di stiva, che, in un periodo di calo della domanda, ha comportato una significativa flessione dei noli, portando, in alcuni casi, all'applicazione di noli negativi», che ha concorso «a minare l'equilibrio gestionale delle compagnie di navigazione», con un fabbisogno crescente di investimenti che, unito al calo dei noli, ha contribuito a determinare situazione di grave squilibrio economico-finanziario», e che ha contribuito «a riversare su porti e terminal operator ingenti investimenti e costi che devono essere necessariamente recuperati e che azzerano, dal lato della merce, i benefici solo teorici di noli sempre più bassi».
Un profondo mutamento, però, è in atto non solo sul mare. «La finanza - ha specificato Pitto - dal mare sta passando alla terra. L'imponenza degli investimenti dei servizi legata ai servizi alla nave ed alla produttività ha trasformato in pochi anni il settore del terminalismo da labor a capital intensive, come già successo al comparto armatoriale dove - dati Confitarma - l'80% delle compagnie armatoriali è in mano a banche ed a fondi di investimento».
Ciò sta avvenendo anche nel capoluogo ligure: «non è un caso - ha spiegato Pitto - che i moli genovesi parlino sempre meno “genovese” e sempre più “inglese”. Ad iniziare fu il gruppo Steinweg con l'entrata nel capitale di Genoa Metal Terminal; a seguire si pensi all'accordo tra ICON Infrastructure ed il Gruppo Spinelli, a Marinvest (MSC) partecipante al Consorzio Bettolo e, più recentemente, al MOU per l'acquisizione del 49% del Gruppo Messina ed, ancora in ultimo, alla cessione del 95% del Terminal SECH ai Fondi Infracapital ed Infravia».
Questi i problemi e le conseguenti reazioni del mercato. Ma quali sono le opportunità? Secondo Spediporto, lo scenario è «di grande interesse, sebbene sotto alcuni aspetti legati alla concorrenza inquietante. Insieme agli scali scelti dalle compagnie armatoriali, che vedono premiare tra gli altri i porti ligure - ha rilevato l'associazione degli spedizionieri genovesi - tutto il territorio gravitante sul porto diverrà certamente “land intensive” ma nel contempo potrà sperare di ricevere un imponente aumento del Pil e dell'occupazione. Si delinea infatti - per l'associazione - un quadro di grande interesse per quegli scali che sapranno cogliere la sfida lanciata dalle trasformazioni epocali sin qui descritte e che avranno, nonostante tutto, l'opportunità di incrementare l'occupazione ed il valore aggiunto a favore del proprio territorio».
Per Spediporto, le “chiavi per competere” sono: «aumento della capacità produttiva della componente terminalistica, efficienza dei servizi marittimo-portuali ed information technology». L'associazione avverte però del pericolo di indirizzare gli sforzi esclusivamente a soddisfare le esigenze delle portacontainer di grande capacità e a concentrare l'attenzione unicamente sulla conseguente esigenza di attrezzare i porti per queste navi: «l'errore più facile in cui cadere - ha precisato Pitto - è quello legato al fatto che un sistema economico possa orientarsi, monotematicamente, su di un unico obiettivo. Sarebbe grave - ha chiarito - limitare le potenzialità dello scalo genovese o del territorio ricompreso nelle competenze del Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale alle sole necessità del gigantismo navale. Vi sono infatti fenomeni come il reshoring e la logistica dei marketplace - ha osservato Pitto - che stanno portando ad accorciare la filiera logistica, closer to consumer market, ed a personalizzare, quasi all'esasperazione, il servizio al cliente. È l'esatto opposto - ha sottolineato - della vision logistica delle compagnie armatoriali che vedono il trasporto Asia-Europa o transpacifico caratterizzato da “navi magazzino” sempre più grandi, sempre più lente e con servizi sempre più impersonali».
«È lo scontro - ha proseguito Pitto - tra due modelli di business diametralmente opposti dove i numeri, ad oggi, si commentano da soli. L'e-commerce e la componente marketplace vanta oggi numeri che l'industria dello shipping, così come le economie tradizionali, possono solo sognare. Il turnover globale dell'e-commerce ha segnato con oltre 1,895 miliardi di euro un +23,3% nel 2014, un +19,9% nel 2015 con 2,273 miliardi di euro ed un +17,5% nel 2016 con 2,671 miliardi di euro».
Constatando che «il commercio internazionale mostra segni evidenti di riavvicinamento ai suoi consumers», con una tendenza a «creare reti di supply chain estremamente organizzate e costruite su misura per la clientela finale», Pitto ha evidenziato che «la portualità ligure e genovese deve quanto prima arrivare ad offrire a questo mercato non solo produttività di banchina, ma una rete efficiente di servizi alla merce, a basso impatto burocratico, tracciabile elettronicamente, interconnesso ai principali Port Community System mondiali ed in grado di personalizzare prodotti e consegne. Il porto e Genova - ha aggiunto - hanno tutte le carte in regola per poter giocare un ruolo importante nei prossimi trent'anni, ma c'è bisogno di una visione condivisa di crescita che coinvolga tanto gli addetti ai lavori quanto la comunità dei cittadini».
«La nostra idea - ha detto Pitto esponendo il punto di vista di Spediporto - è lavorare ad un “sistema portuale” non solo “shipping oriented”, ma anche “marketplace oriented”: avanzato tecnologicamente, ad alta produttività e redditività, che estenda il proprio perimetro operativo oltre Appennino, garantendo una eccellenza burocratica ed una alta attrattività fiscale per gli investitori. Molte di queste condizioni - ha precisato - già esistono, altre sono alla nostra portata».
Pitto ha rammentato le iniziative già avviate con successo, tra cui molte con il sostanziale contributo di Spediporto, per rendere più efficiente la supply chain che passa per il porto di Genova, ad esempio con l'introduzione massiccia della telematica, ed ha esortato a guardare anche ad altre esperienze «come quella - ha specificato - di PortXL, incubatore di startup innovative nell'ambito port & shipping, lanciata recentemente a Rotterdam» ( del 30 ottobre 2015), iniziativa - ha osservato - che «potrebbe essere agevolmente replicata in ambito genovese».
Un'altra iniziativa - secondo Spediporto - potrebbe essere la creazione di Zone Economiche Speciali: «sappiamo - ha spiegato Pitto - che il governo italiano parrebbe orientato a dare vita ad alcune ZES localizzate nelle regioni del Sud (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia). Sarebbe però un errore - ha evidenziato - non immaginare la creazione di Zone Economiche Speciali anche nei retroporti del Nord Ovest e Nord Est italiano. È molto probabile - ha rilevato Pitto - che nei prossimi anni molta dell'attività produttiva delocalizzata nel Far East torni ad avvicinarsi al mercato di destinazione finale dei prodotti».
«Non possiamo trascurare gli effetti sul nostro territorio - ha concluso Pitto rivolgendosi ai candidati alla carica di sindaco di Genova presenti oggi all'assemblea dell'associazione degli spedizionieri - di una politica condivisa tra Stato, Regioni del Nord Ovest e Comuni che traguardi la creazione di un porto ad alta efficienza produttiva e di servizi, collegato sia nelle infrastrutture materiali che immateriali con i retroporti e le piattaforme informatiche nazionali ed europee in grado di attrarre investimenti ed insediamenti produttivi grazie ad un saggio ricorso ad una ZES che offra alle merci sbarcate la possibilità di essere lavorate, finite, personalizzate, spedite al destinatario finale attraverso il ricorso a manodopera altamente qualificata ed a processi di robotizzazione».
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