Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha presentato la propria relazione al Parlamento e al Consiglio dell'UE sulla possibilità di istituire uno strumento finanziario finalizzato ad agevolare il riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente. La valutazione della possibilità di istituire un apposito meccanismo finanziario applicabile a tutte le navi che scalano i porti dell'Unione Europea era stata affidata dal regolamento UE 1257/2013 sul riciclaggio delle navi alla Commissione, alla quale era stato chiesto, se lo avesse ritenuto necessario, di corredare tale valutazione con una proposta legislativa ( del 22 ottobre 2013). La Commissione ha concluso la sua relazione decidendo un rinvio dell'esame della necessità dell'eventuale creazione di un apposito strumento finanziario.-
- La decisione non è stata accolta con favore dalla NGO Shipbreaking Platform, coalizione di organizzazioni non governative che si occupano della salvaguardia dei diritti umani, del lavoro e dell'ambiente, che ha invitato l'Unione Europea ad agire subito, «dato che - ha evidenziato la NGO - è assodato che gli armatori potranno aggirare con facilità il regolamento dell'UE sul riciclaggio delle navi semplicemente cambiando la bandiera della loro nave con quella di uno Stato extra UE», pratica che - ha evidenziato la coalizione - è assolutamente già diffusa.
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- Nella sua relazione la Commissione Europea ha ricordato che il regolamento sul riciclaggio delle navi del 2013 introduce una chiara sequenza di strumenti. Lo strumento principale, con un calendario per la sua istituzione e una serie di obblighi correlati stabiliti nel testo del regolamento, è l'elenco europeo degli impianti di riciclaggio delle navi. Da una certa data in poi, al più tardi il 31 dicembre 2018, le navi battenti bandiera UE potranno essere riciclate solo presso gli impianti conformi che figurano in tale elenco. Una prima lista di 18 impianti con sede nell'UE è stata pubblicata lo scorso dicembre (
del 22 dicembre 2016). Inoltre a partire dal 2017 possono essere aggiunti all'elenco ulteriori impianti con sede al di fuori dell'UE.-
- All'articolo 29 e al considerando 19 del regolamento sul riciclaggio delle navi si allude a un potenziale secondo strumento di natura finanziaria come misura di emergenza contro eventuali rischi di elusione dell'elenco europeo, elusione che - come ha ricordato la NGO Shipbraking Platform - consisterebbe nel fatto che le navi possano ricorrere a bandiere di Stati al di fuori dell'UE per facilitare lo smantellamento in un cantiere non presente nell'elenco europeo. L'incentivo finanziario avrebbe appunto lo scopo di annullare il divario in termini di profitto fra lo smantellamento in cantieri non conformi alle regole e quello in cantieri che figurano nell'elenco europeo.
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- Nella sua relazione la Commissione ha fatto il punto sullo stato degli studi su una potenziale istituzione di un apposito strumento di finanziamento. In previsione dell'adozione della convenzione di Hong Kong - viene ricordato -, era già stato preso in considerazione uno strumento finanziario. Uno studio del 2005 aveva chiesto l'istituzione di un “fondo per il riciclaggio delle navi” cui affidare il compito di riscuotere tasse ed erogare fondi per una demolizione delle navi compatibile con l'ambiente. Tale studio aveva considerato anche l'istituzione di un'“assicurazione sulla vita obbligatoria” per coprire i costi di un riciclaggio pulito. Seguendo un approccio diverso, nel suo articolo sulla cooperazione tecnica la convenzione di Hong Kong contiene una clausola per “finanziamenti” basati su contributi volontari. La clausola non fa riferimento al principio “chi inquina paga”. Al di fuori dell'UE - ha precisato inoltre la Commissione - la Cina ha introdotto nel 2013 un regime finanziario combinato per la costruzione e il riciclaggio delle navi battenti bandiera cinese, che è stato rinnovato nel 2016. Infine nel dicembre 2014 la Commissione, allo scopo di predisporre la propria relazione, aveva commissionato al consorzio costituito da Ecorys, DNV-GL e Erasmus School of Law uno apposito studio pubblicato lo scorso giugno in cui vengono scartate diverse opzioni valutate in studi precedenti e che invece individua una nuova opzione: la licenza di riciclaggio delle navi.
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- I principi chiave di tale licenza prevedono che le navi che approdano nei porti dell'UE ottengano preventivamente una licenza da un'agenzia centralizzata (ad esempio un'Agenzia europea già esistente), licenza che sarebbe configurata come uno strumento pubblico di natura amministrativa. Inoltre nel presentare la domanda di licenza gli armatori dovrebbero versare un contributo che andrebbe a coprire un onere amministrativo di piccola entità (0,8%) e un premio destinato alla singola nave (99,2%). Il premio riscosso dipenderebbe dall'importo del capitale necessario per colmare il divario finanziario tra lo smantellamento in un cantiere non conforme alle regole e lo smantellamento in un cantiere inserito nell'elenco europeo alla fine del ciclo di vita della nave. Il premio dipenderebbe anche dall'intervallo di tempo a disposizione per accumulare il capitale. L'importo totale del capitale verrebbe pagato al proprietario finale della nave a condizione che la nave sia stata inviata a un impianto di riciclaggio incluso nell'elenco europeo. La penalità per non aver optato per un impianto incluso nell'elenco europeo sarebbe la confisca del capitale maturato.
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- L'opzione della licenza di riciclaggio delle navi prevede inoltre che, al fine di evitare un sistema sproporzionato nei confronti delle navi che approdano con una frequenza molto elevata o molto bassa nei porti dell'UE, la licenza dovrebbe essere valida per un determinato periodo di tempo piuttosto che per un certo numero di approdi, per cui una licenza di un mese sarebbe più economica di una licenza annuale ma darebbe luogo a un diritto minore in quanto al pagamento a fine vita.
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- Nelle conclusioni della propria valutazione la Commissione Europea, pur riconoscendo «i meriti di una potenziale licenza di riciclaggio delle navi, che - ha specificato Bruxelles - rappresenta l'opzione più promettente studiata finora», ha precisato di essere «tuttavia consapevole del fatto che una serie di questioni meriti un'ulteriore analisi, anche per quanto riguarda la compatibilità di tale potenziale strumento finanziario con la normativa UE e internazionale».
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- La Commissione UE ha concluso quindi che, «coerentemente con l'approccio graduale descritto per la prima volta nella comunicazione della Commissione del 2008 e nella valutazione d'impatto del 2012, e ripreso poi nel testo definitivo del regolamento sul riciclaggio delle navi, la necessità di ulteriori misure in materia di incentivi finanziari sarà riesaminata in una fase successiva, in base a un'analisi dell'utilizzo e degli effetti dell'elenco europeo degli impianti di riciclaggio delle navi».
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- La NGO Shipbreaking Platform ha esortato invece la Commissione Europea a non attendere di valutare gli effetti dell'entrata in vigore dell'obbligo di riciclo delle navi esclusivamente negli impianti inclusi dell'elenco europeo degli stabilimenti autorizzati al riciclaggio delle navi, ma di prendere invece in considerazione l'istituzione della licenza di riciclaggio delle navi. «L'enorme beneficio di questo strumento della licenza - ha spiegato il diretto della coalizione, Ingvild Jenssen - è che esso si applicherà anche alle navi con bandiera non UE, il che significa che lo scopo del regolamento UE sul riciclaggio delle navi sarà molto più ampio e rappresenterà veramente una forza trainante del cambiamento dell'industria dello shipping».
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- «Quegli armatori che già si fanno carico responsabilmente della loro flotta giunta a fine vita - ha concluso Jenssen - dovrebbero sostenere la proposta della licenza di riciclaggio delle navi dato che creerà condizioni eque assicurando che anche i loro concorrenti paghino il prezzo di un riciclaggio pulito e sicuro delle navi».

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