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ANCIP, la sentenza del TAR conferma che l'autoproduzione nei porti è e rimane subordinata al rilascio della necessaria autorizzazione
Come rilevato dalla sentenza - specifica l'associazione - le AdSP sono tenute ad individuare i servizi portuali sulla base delle esigenze operative del porto e delle necessità risultanti dall'organizzazione del lavoro
29 marzo 2019
Se, come già ribadito in passato dal sindacato assieme alle altre sigle nazionali Fit Cisl e Uiltrasporti con un no sostanzialmente “senza se e senza ma” alle pratiche di autoproduzione nei porti a meno che in questi - a seguito di espressa autorizzazione dell'autorità portuale o dell'autorità marittima - non sia possibile ricorrere all'opera dei lavoratori portuali ( del 7 e 13 marzo 2019), mercoledì Filt Cgil ha nuovamente confermato questa contrarietà con riferimento alla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia che ha respinto il ricorso presentato su questa questione dalla compagnia dei lavoratori portuali del porto di Trapani contro l'Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale e la Capitaneria di Porto di Trapani ( del 27 marzo marzo 2019), apparentemente più sfumata appare l'interpretazione del provvedimento dei magistrati del TAR proposta dall'Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali (ANCIP).
Il pronunciamento dei giudici ha decisamente allarmato i sindacati, con il segretario nazionale della Fit Cisl, Maurizio Diamante, che ha sottolineato come la sentenza possa «essere interpretata come un via libera all'autoproduzione», autoproduzione che - ha evidenziato - «significa non far fare ai portuali lavori per cui solo loro sono qualificati», autoproduzione - ha aggiunto - che «per gli armatori significa risparmiare, e questo potrebbe mettere a rischio la sicurezza».
Da parte sua l'ANCIP, associazione a cui fa capo la trapanese Impresa Portuale Srl che ha presentato il ricorso, ha sottolineato la necessità di «una lettura attenta ed obiettiva della recente sentenza del Tar Sicilia (Palermo) in tema di classificazione delle attività portuali di rizzaggio/derizzaggio», lettura che - secondo l'associazione - «impone delle precisazioni tecniche, soprattutto a seguito di alcune interpretazioni della decisione, apparse sulla stampa, non in linea con quanto effettivamente scritto nel provvedimento».
Secondo l'ANCIP, «la sentenza, infatti, ha sancito il principio secondo cui le attività di rizzaggio/derizzaggio dei semirimorchi e degli automezzi gommati in genere a bordo traghetti ro/ro debbano essere inclusi tra i servizi specialistici, complementari ed accessori al ciclo delle operazioni portuali previsti dall'art.16, comma 1 seconda parte, legge n.84/1994 (e dal d.m. n.132/2001). Il provvedimento - ha osservato l'associazione - ha confermato una tendenza, già sperimentata in alcuni porti, di non includere tali attività nell'ambito delle operazioni portuali ex art.16, comma 1 prima parte (carico, scarico, trasbordo e movimentazione in genere delle merci in ambito portuale) ma di considerarle come accessorie al ciclo operativo portuale, così rimettendo ogni potere di qualificazione alle singole Autorità di Sistema Portuale le quali, come rilevato dalla sentenza, sono tenute ad individuare autonomamente i servizi portuali sulla base delle esigenze operative del porto nonché delle specifiche necessità risultanti dall'organizzazione del lavoro (art.2, ult. comma, d.m. n.132/2001)».
«Da tali rilievi - ha osservato l'associazione delle compagnie portuali italiane - scaturisce inevitabilmente che, come espressamente riconosciuto pure dal TAR Palermo, l'espletamento di queste attività, anche da parte dei vettori marittimi, è (e rimane) sempre subordinato al preventivo rilascio dell'autorizzazione da parte della competente AdSP, previa verifica dei requisiti previsti dall'art.16 citato, dall'art. d.m. n.132 /2001 nonché dai locali regolamenti adottati dagli enti portuali; resta inteso, dunque, che gli enti portuali dovranno vagliare attentamente il possesso dei presupposti richiesti per il rilascio di tali autorizzazioni al fine di garantire (anche) l'esecuzione delle attività di rizzaggio/derizzaggio in condizioni di massima sicurezza e nel rispetto delle regole basilari del lavoro portuale, vigilando pure sullo svolgimento concreto dei servizi. La inclusione delle attività di rizzaggio/derizzaggio nell'ambito del lavoro portuale comporta certamente che esse potranno essere svolte anche dai lavoratori delle imprese abilitate ex art.17 legge n.84/1994 alla fornitura di lavoro portuale temporaneo, i quali potranno essere avviati in favore delle imprese portuali autorizzate ex art.16 legge n.84/1994 a svolgere le predette attività (siano esse qualificate come operazioni oppure come servizi portuali) per integrarne l'organizzazione operativa».
«Infine - ha rilevato l'ANCIP - va precisato che il richiamo alla sicurezza della navigazione ed alla natura pubblicistica delle attività di rizzaggio/derizzaggio non costituisce più un elemento sufficiente per poter includere le stesse tra i servizi tecnico-nautici ancillari alla navigazione; in tal senso, la sentenza ha confermato un orientamento ormai pacifico che, anche alla luce della recente normativa dell'Unione Europea (regolamento n.2017/352), inquadra il rizzaggio/derizzaggio nel contesto della movimentazione delle merci, del lavoro portuale e del necessario regime autorizzativo degli enti portuali».
L'ANCIP ha concluso evidenziando che l'associazione, «anche sulla base della recente sentenza del TAR Palermo, continuerà a sostenere i citati principi in tutte le sedi, a difesa del lavoro portuale, delle regole del mercato delle operazioni/servizi portuali nonché dei diritti dei lavoratori portuali e delle imprese associate».
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