- «Un embargo petrolifero deve essere un embargo petrolifero, e questo non è un embargo petrolifero». L'affermazione è di Anastassia Fedyk, professoressa di Finanza presso la Haas School of Business dell'Università californiana di Berkeley e membro del The International Working Group on Russian Sanctions presso la Stanford University nonché cofondatrice del collettivo Economists for Ukraine. Parole che sono state riprese dal quotidiano britannico “The Independent” ad avvalorare le argomentazioni di un proprio articolo di ieri dal titolo “Le compagnie di navigazione europee si prendono gioco delle sanzioni alla Russia dato che raddoppiano i carichi petroliferi” in cui si denuncia come l'industria europea dello shipping starebbe aggirando le sanzioni incrementando l'attività con la Russia e di pari passo i profitti. A criticare l'operato degli armatori europei è anche un articolo di ieri del periodico britannico “The Sunday Times” che, riferendosi all'attività di trasbordo di petrolio russo da navi russe a navi europee, ha titolato: “le compagnie di navigazione greche traggono profitto mascherando il trasporto di petrolio russo”.
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- L'accusa rivolta agli armatori europei dai due giornali del Regno Unito è non solo quella di sottrarsi alle disposizioni del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, misure adottate dall'Unione Europea a seguito dell'invasione da parte delle truppe di Mosca del territorio dell'Ucraina avviata lo scorso 24 febbraio, ma soprattutto quella di aggirare le sanzioni con lo scopo di fare ancora più soldi.
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- L'analisi del “The Independent” si incentra soprattutto sul mancato divieto imposto alle navi di bandiera dell'Unione Europea di trasportare petrolio russo. Vero è che il sesto pacchetto di sanzioni include disposizioni sui servizi di trasporto di petrolio in base alle quali, «al termine di un periodo di transizione di sei mesi, agli operatori dell'UE sarà vietato assicurare e finanziare il trasporto di petrolio verso Paesi terzi, in particolare attraverso rotte marittime». Tuttavia, al di là del semestre di transizione, posto in questi termini il divieto non sembra affatto difficile da eludere tanto che “The Independent” ha osservato che, «dopo le pressioni di nazioni marittime di Grecia, Malta e Cipro, le navi registrate nell'UE potranno continuare a trasportare petrolio dai porti russi verso Paesi non UE. Ciò significa che le compagnie dell'UE potranno continuare a trarre profitti dall'agevolare il trasferimento del petrolio russo verso Paesi come l'India e la Cina che si sono dimostrati acquirenti disponibili del greggio che l'Europa non vuole più».
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- Riferendosi alle risultanze di un rapporto dell'organizzazione non governativa Global Witness, “The Independent” ha evidenziato che dall'inizio della guerra Russia-Ucraina le tre principali nazioni armatrici europee - Grecia, Cipro e Malta - hanno rapidamente incrementato la quantità di petrolio russo trasportato: a febbraio, quando le truppe di Putin hanno invaso l'Ucraina - ha spiegato il quotidiano - le compagnie e le navi collegate alle tre nazioni hanno trasportato 31 milioni di barili di petrolio russo; a maggio questa cifra è balzata a 58 milioni di barili. In totale - ha reso noto il giornale - da febbraio le navi collegate a Grecia, Malta e Cipro hanno trasportato 178 milioni di barili per un valore, a prezzi correnti, di 17,3 miliardi di dollari di petrolio russo. All'inizio della guerra - ha specificato inoltre “The Independent” - le navi legate a questi Paesi trasportavano poco più di un terzo delle esportazioni di petrolio russi, mentre a maggio questa cifra è balzata a poco più della metà.
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- A tal proposito “The Independent” ha riportato il commento della Fedyk. «L'UE - ha rilevato la professoressa - ha una leva sulla Russia data dalla anelasticità delle forniture di energia: per la Russia - ha spiegato - è difficile e costoso indirizzare la propria energia altrove. Consentire alle navi battenti bandiera dell'UE di trasportare petrolio russo - ha denunciato - mina quindi solo il potere contrattuale dell'UE». «I cittadini comuni dei Paesi europei - ha sottolineato Fedyk - hanno pagato di più per il petrolio russo senza in realtà punire la Russia, anzi aumentando solo le entrate della Russia con l'entrata in guerra, cosa di cui il Ministero delle Finanze russo si è apertamente vantato».
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- «Le navi collegate a Grecia, Cipro e Malta - ha detto senza mezzi termini Louis Goddard, consulente senior di Global Witness - stanno prendendosi gioco dello sforzo dell'UE di sanzionare la macchina da guerra di Putin mantenendo il flusso di denaro verso la Russia mentre le forze armate del Paese continuano a colpire l'Ucraina. Per bloccare queste scappatoie - ha esortato Goddard - l'UE deve resistere risolutamente alle pressioni di tutti gli Stati membri con radicati interessi nel commercio di petrolio con la Russia e porre le restrizioni al trasporto marittimo al centro del suo regime di sanzioni».
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- La denuncia del “The Sunday Times” è invece incentrata principalmente sulle attività di trasbordo di petrolio russo che - secondo il settimanale - sarebbero in corso tra navi russe e navi greche, pratica a cui da tempo si fa già ricorso con lo scopo di aggirare sanzioni. In particolare, il periodico britannico si è soffermato su questo tipo di attività che sarebbe in corso nel porto russo di Kavkaz, sullo Stretto di Kerc fra il Mar Nero e il Mar d'Azov. Il “The Sunday Times” ha citato ad esempio il caso della petroliera russa Vladimir Monomakh che è entrata in quel porto lo scorso primo marzo dove avrebbe trasferito il suo carico sulla tanker MR Minerva Emily di proprietà della greca Minerva Marine e di bandiera maltese, operazione che il periodico britannico ha evidenziato essersi svolta alla luce del sole e realizzata - bisogna aggiungere - quando ancora l'ultimo pacchetto di sanzioni dell'UE non era ancora stato adottato.
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