Se all'inizio di quest'anno, commentando le prime proposte di definizione delle norme per includere il trasporto marittimo nel sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione Europea (EU ETS), Intercargo, l'associazione internazionale che rappresenta gli armatori impegnati nel segmento del trasporto di rinfuse secche, aveva manifestato favore per emendamenti volti a far pagare i costi delle emissioni a coloro che gestiscono commercialmente le navi
( del
4 febbraio 2022), oggi l'associazione sembra assai più preoccupata di assicurare che per la decarbonizzazione dello shipping venga preso in considerazione l'intero settore marittimo.
«In fin dei conti - ha evidenziato oggi Intercatgo - la responsabilità della decarbonizzazione non può ricadere solamente sulle spalle degli operatori di navi: è una sfida che deve essere affrontata in modo olistico dall'intero settore marittimo».
Per «intero settore marittimo» l'associazione intende anche le infrastrutture e gli operatori addetti al bunkeraggio per rifornire le navi con fuel alternativi a zero emissioni di carbonio. «È essenziale - ha infatti specificato Intercargo - che appropriate politiche vengano incluse nella revisione della strategia sui gas serra dell'International Maritime Organization (IMO) al fine di assicurare che i combustibili verdi siano garantiti così come le infrastrutture necessarie per assicurare la loro disponibilità e il bunkeraggio nei porti di tutto il mondo. Sfortunatamente - ha rilevato l'associazione - questi aspetti non vengono sufficientemente discussi e affrontati nonostante il loro ruolo critico».
Relativamente ai costi per la decarbonizzazione del trasporto marittimo, Intercargo ha precisato che la procedura migliore è l'ultima proposta (ISWG-GHG 13-4-9) formulata ad ottobre dall'associazione internazionale International Chamber of Shipping (ICS) e basata su un contributo forfettario per tonnellata di CO2 emessa su base Tank-to-Wake (TtW) e soggetto all'esito delle discussioni in corso presso l'IMO sull'intero ciclo di vita delle emissioni dei fuel, che dovrebbe essere combinato con un meccanismo International Maritime Sustainability Funding and Reward (IMSF&R) in cui le navi di almeno 5.000 tonnellata di stazza lorda verseranno un contributo annuo per tonnellata di CO2. Intercargo ha specificato che, sulla base di tale regime, solo le navi che utilizzano “combustibili alternativi ammessi” riceverebbero un rimborso per le emissioni di CO2 evitate.
Intercargo ha sottolineato anche come il Carbon Intensity Indicator (CII) non dovrebbe essere preso come riferimento per le misure a medio termine che verranno decise dall'IMO, dato che - ad avviso degli associati di Intercargo - in condizioni operative reali questo indicatore dell'intensità di carbonio non consentirà diminuzioni delle emissioni eque, trasparenti e non distorsive. Per Intercargo, infatti, sono numerosi i fattori che possono avere un impatto negativo sul rating CII di una nave, e la maggior parte di questi sono al di fuori del controllo della nave, Tra questi, condizioni meteorologiche avverse, distanza del viaggio, tempi di attesa nei porti, infrastrutture portuali e decisioni dei noleggiatori. «Paradossalmente - ha osservato l'associazione - se si prendono in considerazione le distanze del viaggio e i tempi di attesa nei porti, le navi con distanze di viaggio più lunghe possono produrre più emissioni ma hanno un rating CII migliore rispetto alle navi che percorrono distanze più brevi e producono meno emissioni».