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DOGANE
CLECAT ed ESC, la riforma del Codice Doganale dell'UE rischia di penalizzare fortemente le piccole e medie imprese
«Probabilmente non saranno in grado di permettersi le infrastrutture necessarie per soddisfare i nuovi requisiti»
Bruxelles
29 gennaio 2024
Se la scorsa settimana ESC, ECASBA, ESPO, FEPORT e WSC avevano
presentato alcune proposte per il rinnovamento del Codice Doganale
dell'UE nel quadro della riforma della regolamentazione in atto
(
del 25
gennaio 2024), alla luce dell'intervento della scorsa settimana
della Commissione Europea presso la Commissione per il mercato
interno e la protezione dei consumatori del Parlamento UE, la stessa
associazione dei caricatori europei European Shippers' Council (ESC)
e l'associazione europea del settore delle spedizioni, della
logistica e dei servizi doganali CLECAT, evidenziando
«l'incredibilmente ambizioso» programma di riforma del
Codice Doganale dell'Unione, hanno esortato gli europarlamentari a
non farsi soverchie illusioni «in quanto i vantaggi di un EU
Data Hub centrale - hanno spiegato - potrebbero non concretizzarsi,
soprattutto per le piccole e medie imprese che non hanno i mezzi per
diventare Trust and Check Traders».
La proposta della Commissione Europea, infatti, prevede che con
l'introduzione del EU Data Hub, il nuovo centro doganale digitale
europeo che sarà reso disponibile dal 2028 per le spedizioni
nell'ambito dell'e-commerce e dal 2032 per tutte le altre imprese,
sulla base del programma per certificare gli Operatori Economici
Autorizzati (AEO) venga definito uno specifico gruppo di operatori
economici Trust and Check (T&C) che presentino la massima
trasparenza della loro supply chain e che, tra l'altro, saranno
abilitati a sdoganare tutte le importazioni attraverso le autorità
doganali dello Stato membro in cui hanno sede indipendentemente da
dove le merci entrano nell'Unione Europea, abilitazione che la
proposta prevede possa essere estesa a tutti gli operatori se una
valutazione effettuata nel 2035 darà esito positivo.
Ribadendo il loro ripetuto sostegno agli obiettivi generali
della riforma del Codice, ESC e CLECAT hanno rilevato che «uno
degli elementi chiave della riforma si basa sul presupposto che la
maggior parte delle imprese opterà per il nuovo status T&C,
che consentirà loro di svincolare autonomamente le merci dopo
aver calcolato autonomamente i diritti doganali, senza presentarle
fisicamente alla dogana. I T&C - hanno specificato le due
associazioni - sono una versione migliorata dell'attuale status di
Operatore Economico Autorizzato, uno schema che sta lentamente
guadagnando riconoscimento a livello globale. Tuttavia - hanno
sottolineato ESC e CLECAT - dato che è soggetto ad un
rigoroso iter autorizzativo e necessita di una non indifferente
struttura aziendale, oggi è utilizzato in misura limitata
dagli operatori dell'UE. Secondo il rapporto 2023 della Corte dei
Conti Europea, nel 2022 nel territorio doganale dell'UE erano in uso
18.210 autorizzazioni AEO. Si tratta - hanno evidenziato ESC e
CLECAT - di una percentuale molto piccola di aziende europee
coinvolte nel commercio estero».
Precisando che la Commissione intende aggiungere ulteriori
condizioni per concedere lo status di T&C, come l'accesso
diretto al sistema informatico degli operatori e il tracciamento in
tempo reale delle spedizioni, ESC e CLECAT hanno espresso dubbi
circa «la capacità o la volontà di molte
imprese, soprattutto delle Pmi, di richiedere lo status di T&C
non disponendo né dell'infrastruttura IT né delle
competenze interne per sfruttare i vantaggi delle agevolazioni
doganali legate esclusivamente allo status di T&C».
Secondo ESC e CLECAT, «la proposta di riforma non ha colto
appieno la complessità della supply chain e la capacità
di tutti i suoi attori coinvolti di soddisfare tutti i nuovi
requisiti».
«Il presupposto alla base della proposta della Commissione
- hanno osservato ancora le due associazioni - è che gli
operatori commerciali beneficeranno di agevolazioni rendendo
disponibili i propri dati aziendali all'EU Data Hub. Questo
presupposto trascura il fatto che le informazioni richieste anche
per la procedura doganale più semplice contengono molti più
dati di quelli prontamente accessibili nei sistemi IT aziendali.
Oggi la maggior parte dei trader, delle Pmi e delle grandi aziende -
hanno evidenziato ESC e CLECAT - si affida alla competenza esperta
degli agenti doganali, che spesso agiscono come parte integrante del
servizio di spedizione/logistica che sposta le merci. Le
responsabilità sono ben definite nella forma di
rappresentanza più comunemente utilizzata, la cosiddetta
rappresentanza doganale diretta. Il processo è chiaro e
rigorosamente regolamentato: l'importatore conserva e fornisce le
informazioni specifiche sul prodotto e sulla transazione e
l'intermediario doganale è responsabile della loro
elaborazione e presentazione secondo la normativa doganale. È
un sistema - hanno sottolineato ESC e CLECAT - che apparentemente
non ha bisogno di essere aggiustato: ogni proprietario dei dati è
responsabile per la propria parte, nell'ambito sicuro delle proprie
competenze. Tuttavia - hanno evidenziato le due associazioni - la
proposta di riforma doganale afferma che l'accuratezza dei dati può
essere migliorata rendendo l'importatore pienamente responsabile o
affidando la piena responsabilità dell'importatore
all'intermediario doganale, che sarà poi chiamato
“rappresentante indiretto”: un importatore a tutti gli
effetti. Con la proposta di riforma la rappresentanza diretta
diventa limitata e, con alcune delle nuove agevolazioni,
praticamente abolita. Come ulteriore cambiamento, ci si aspetta che
i rappresentanti doganali indiretti abbiano competenze non legate
alla dogana in materia di sicurezza dei prodotti, emissioni di
carbonio, deforestazione, lavoro minorile, ecc., con la piena
responsabilità dell'accuratezza dei dati basati su spesso su
transazioni commerciali internazionali riservate e multilivello e su
processi produttivi. Comprensibilmente, gli intermediari doganali
sono molto riluttanti ad assumere questi nuovi obblighi, non perché
non siano disposti ad assumersi la responsabilità, ma perché
non possono garantire l'accuratezza dei dati specifici del prodotto
e soprattutto non per centinaia di clienti provenienti da centinaia
di settori diversi».
«Ciò - hanno osservato ancora ESC e CLECAT - lascia
le aziende senza rappresentanza doganale e con la necessità
di reperire risorse per le proprie autorizzazioni, garanzie,
competenze e sistemi informatici. Particolarmente esposte in questo
processo sono le Pmi, che hanno meno probabilità di avere le
risorse per sostituire l'“ombrello” di agevolazioni e
infrastrutture fornito loro dal fornitore di servizi logistici o
dallo spedizioniere doganale, solitamente sotto forma di
rappresentanza diretta».
Per ESC e CLECAT, pertanto, «l'imposizione di nuovi
obblighi ai rappresentanti doganali porterà probabilmente ad
una diminuzione della loro disponibilità ad accettare tali
responsabilità. Questi fattori rallenteranno il commercio,
poiché le aziende faticheranno a trovare le risorse e le
competenze necessarie. Se le uniche significative agevolazioni sono
limitate allo status di T&C e solo una minoranza di operatori è
in grado di ottenerlo, l'intero concetto di sdoganamento basato sul
sistema viene snaturato, dato che la maggior parte delle transazioni
rimane basata sulle transazioni, il che potrebbe persino rallentare
i flussi di merci alla frontiera per coloro che sono beneficiari
delle nuove agevolazioni. Le Pmi - hanno concluso le due
associazioni - sono i maggiori potenziali sconfitti della riforma,
sia dal lato dei fornitori di servizi logistici che da quello dei
trader. Né gli intermediari doganali delle Pmi né gli
importatori delle Pmi probabilmente saranno in grado di permettersi
le infrastrutture necessarie per soddisfare i nuovi requisiti».
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