 La Confederazione Italiana Armatori sottolinea l'importanza che
la strategia di decarbonizzazione dello shipping sia definita in
sede IMO. Alla luce del ritiro degli USA dai negoziati condotti dai
rappresentanti delle nazioni dell'International Maritime
Organization che partecipano alla riunione in corso a Londra del
Marine Environment Protection Committee (MEPC), l'organo composto da
tutti gli Stati membri dell'IMO che si occupa dei temi della
prevenzione e del controllo dell'inquinamento causato dalle navi
(
del 9
aprile 2025), la confederazione armatoriale italiana auspica che
il confronto rimanga in sede IMO, ma precisa di condividere alcune
preoccupazioni degli USA.
«Certamente - spiega in una nota il presidente di
Confitarma, Mario Zanetti - è importante che si continui a
lavorare per individuare una soluzione globale e che quindi in sede
IMO si definiscano le regole evitando il propagarsi di una
frammentazione normativa con il diffondersi di iniziative regionali
non coordinate, come già si osserva con l'ETS europeo. Tale
eventualità esporrebbe gli operatori, in particolare quelli
europei, ad una imposizione regolatoria a macchia di leopardo, con
un conseguente aggravio di costi operativi, che minerebbe alla base
il valore aggiunto che lo shipping è stato in grado di creare
per l'economia e quindi per tutti i cittadini. Va comunque rilevato
- specifica Zanetti - come in queste ultime settimane, considerando
anche la recente questione dei dazi, vi sia una rinnovata attenzione
dell'amministrazione USA per l'importanza e la strategicità
del trasporto marittimo e la tutela/valorizzazione dell'industria
armatoriale del Paese. Auspichiamo vivamente che le istituzioni
europee consolidino ancor di più il ruolo centrale nella
strategia politica europea di un settore strategico come quello
dello shipping».
La nota, in equilibrio fra il detto e il non detto, da cui è
difficile comprendere se da biasimare sia l'amministrazione di
Washington o quella di Bruxelles, oppure tutte e due, o magari
nessuna delle due, esprime l'auspicio di Confitarma «che si
possa presto tornare a un confronto costruttivo e multilaterale, in
grado di garantire equilibrio tra obiettivi ambientali e
sostenibilità industriale affinché la transizione
energetica del settore marittimo prosegua, d'ora in poi, lungo una
traiettoria realistica, coordinata e inclusiva».
Chiarendo che «la transizione verso un'economia a basse
emissioni è un obiettivo condiviso a livello globale che
riguarda trasversalmente tutti i settori produttivi, incluso il
trasporto marittimo» e che «in tale contesto, azioni
scoordinate per i diversi settori sono controproducenti»,
nella nota Confitarma «ribadisce la necessità che la
transizione sia sostenibile anche economicamente e che tenga conto
della neutralità tecnologica. Occorre, cioè -
puntualizza la Confederazione - evitare il rischio di “lock-in
tecnologici” predisponendo una normazione che non favorisca o
penalizzi una specifica tecnologia. Le norme devono limitarsi a
definire obiettivi da raggiungere, lasciando libertà agli
operatori su quali soluzioni adottare per conseguirli».
Quello proposto da Confitarma di concordare norme che
stabiliscano solamente dove porre il traguardo, senza imporre ai
corridori quale percorso seguire per giungervi, sembra francamente
un approccio semplicistico a problemi che doverosamente
un'istituzione, anche una sovranazionale come l'IMO, deve affrontare
fissando la linea di partenza, il tracciato da seguire e definendo
il punto d'arrivo, senza dimenticarsi di verificare che i
partecipanti non usino espedienti illeciti per raggiungere il
termine del percorso prima degli altri e facendo meno fatica degli
altri. Insomma, assicurandosi che la competizione sia equa e che i
concorrenti non vengano danneggiati e così pure gli
spettatori (cioè le comunità) direttamente o meno
indirettamente interessati dai potenziali esiti di un confronto
iniquo.
Che qualcosa non vada nel suggerimento a che «le norme
devono limitarsi a definire obiettivi da raggiungere, lasciando
libertà agli operatori su quali soluzioni adottare per
conseguirli» lo sembra sospettare la stessa Confitarma, che
nella nota precisa che «le misure ambientali devono essere
applicate con gradualità, premiando gli investimenti già
effettuati in tecnologie low-carbon e high-efficiency»,
ammettendo implicitamente un doveroso controllo per essere sicuri di
premiare chi ha tagliato per primo il traguardo senza barare e
magari penalizzare coloro che hanno imbrogliato.
Sottolineando l'importanza «che continui il confronto su
queste tematiche, tenendo conto delle preoccupazioni espresse
dall'amministrazione americana» e ribadendo di ritenere «l'IMO
sede privilegiata di confronto internazionale sulle tematiche dello
shipping», la nota di Confitarma prosegue evidenziando, «in
particolare, la necessità di preservare l'equilibrio
competitivo delle flotta - anche, aggiungiamo, con le altre modalità
di trasporto - la richiesta di maggiore neutralità
tecnologica - anche alla luce delle criticità riscontrate nel
sistema CII - e la preoccupazione per l'impatto economico di misure
potenzialmente sproporzionate per determinati traffici e realtà
marittime».
Se Confitarma non sembra preoccupata per come le imprese dello
shipping competeranno per conformarsi agli obiettivi fissati in sede
IMO, sembra giustamente allarmata dalla possibilità che il
settore dello shipping venga penalizzato nel confronto con le altre
modalità di trasporto. Sono temi - ricorda la Confederazione
italiana - che Confitarma, insieme all'associazione armatoriale
europea ECSA e a quella internazionale ICS, ha da tempo posto
all'attenzione delle sedi competenti.
Giusta la sollecitazione di Confitarma all'IMO di tener conto di
quest'ultima eventualità. Ma confidare che l'industria dello
shipping si autoregolamenti, proprio no.
Bruno Bellio
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