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Cantieri sudcoreani e traghetti greci, ostacoli sulla strada dell'industria marittima europea e italiana?
Allarme per il futuro della cantieristica comunitaria del presidente della Fincantieri, Corrado Antonini, e per i presupposti da cui parte la liberalizzazione del cabotaggio del presidente della Grandi Navi Veloci, Aldo Grimaldi. I porti crocieristici di MedCruise uniformano i propri dati statistici
17 marzo 1998
L'industria marittima europea, e in prima linea quella italiana, sta lottando da anni per mantenere la competitività sul mercato internazionale e sul campo di battaglia ormai non si contano le perdite. Ma quella che si prospetta ora è una vera e propria carneficina. Un assalto all'arma bianca contro postazioni ben munite e difendibili.
La concorrenza che si appresta ad affrontare parte infatti in evidente condizione di vantaggio. Lo hanno affermato senza reticenze Corrado Antonini, presidente della Fincantieri, e Aldo Grimaldi, presidente di Grandi Navi Veloci (gruppo Grimaldi), in un incontro con i componenti della delegazione della Commissione per le Relazioni economiche esterne del Parlamento europeo in visita ieri e oggi a Genova.
Questo pomeriggio Antonini ha raffreddato qualsiasi entusiasmo destato dagli indici di crescita del settore, sottolineando che "la cantieristica sta vivendo uno degli snodi più drammatici della sua storia". Eppure i dati sono confortanti: i cantieri europei a fine '97 avevano raccolto il 90% degli ordini mondiali di navi passeggeri, il 74% di ordini di traghetti convenzionali e veloci e quasi il 60% di quelli di ro-ro e di navi per il trasporto di auto. Percentuali minori invece per le cisterne per il trasporto di prodotti petroliferi e chimici (37%) e per le navi portacontainer (20%).
Il presidente della Fincantieri ha ricordato il processo di ristrutturazione dell'industria cantieristica europea, costato una falcidia di posti di lavoro, da 300.000 a metà anni '70 agli attuali 85.000. Una riorganizzazione che ha consentito di detenere circa il 21% del carico di lavoro mondiale. Le cifre sono estremamente positive per il 1997: c'è stato un record di nuovi ordini, che hanno superato i 23 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata, contro i 17,5 milioni di tslc del 1996 e una media annua di 13,8 milioni di tslc nel periodo 1990-1995.
Questi numeri da primato nascondono - ha detto Antonini - un grave tarlo che fino a ieri "aveva un solo nome: eccesso di offerta, sovracapacità produttiva dovuta, in particolare, all'irresponsabile raddoppio della potenzialità impiantistica attuata negli ultimi 4 -5 anni dai coreani, tanto che oggi la Corea, da sola, è in grado di produrre più navi di tutti i cantieri europei messi assieme".
"Che l'offerta sia eccedente rispetto alla domanda è testimoniato in modo inequivoco dal fatto che pur in presenza di ordinativi record - che hanno anticipato, peraltro, la domanda futura - l'anno scorso i prezzi delle nuove costruzioni hanno registrato in tutti i comparti un calo o al più una stagnazione: in dollari correnti una nave nuova ha oggi un prezzo uguale a quello che aveva sette, otto anni fa".
Lo squilibrio portato dai sudcoreani è stato fortemente accentuato - ha continuato Antonini - dalla crisi valutaria che ha colpito i paesi asiatici: la moneta coreana è passata da un valore medio di 805 won per dollaro USA nel 1996 a un picco, nel dicembre - gennaio scorsi, di 1.800 won per dollaro. Questo ha aggravato le prospettive future: "è stato calcolato che, con il cambio attorno ai 1.600 won per dollaro, e pur considerando tanto il maggior costo dei materiali importati quanto i maggiori oneri connessi con l'aumento del tasso d'interesse, i coreani potrebbero abbassare i prezzi delle loro navi fino al 30% mantenendo invariati gli attuali margini". E Fincantieri ha già subito le conseguenze di questa situazione, avendo perso le gare per due importanti ordini di navi tecnologicamente sofisticate, settore dove la società cantieristica italiana è più competitiva.
Antonini si è chiesto "cosa potrebbe succedere ai prezzi delle navi fra due o tre anni quando la domanda, secondo le previsioni, scenderà al di sotto dei 15 milioni di tslc per l'esaurirsi del ciclo di rinnovo della flotta, mentre la capacità produttiva, anche a seguito dei forti ampliamenti impiantistici annunciati dalla Cina, avrà abbondantemente superato i 20 milioni di tslc". E ha sottolineato che "tutto questo dovrebbe collocarsi subito dopo il 2000, anno nel quale è prevista la cessazione del regime di aiuti al settore consentito dalla VII direttiva dell'UE".
La cantieristica italiana richiede quindi alla Commissione e all'Unione Europea (che entro giugno dovrà pronunciarsi sulla nuova politica per il settore navalmeccanico fino al 2003) che "vengano adottate misure atte ad evitare che gli aiuti del Fondo Monetario siano destinati anche al salvataggio di cantieri coreani in crisi laddove, una volta 'fatti i conti' in modo trasparente (conti oggi di fatto 'annegati' nelle risultanze dei grandi gruppi, i Chaebols [raggruppamenti di imprese coreane, ndr]) dovessero emergere situazioni insostenibili a causa dei debiti contratti per finanziare la citata espansione della capacità produttiva". E che inoltre "i principali responsabili della situazione in cui versa il settore cantieristico a livello mondiale accettino quantomeno un'autolimitazione della produzione - e quindi delle esportazioni - per non accentuare lo squilibrio fra domanda e offerta".
Antonini ha reclamato che la Commissione Europea, prima di "far decadere nel 2000 ogni aiuto alla produzione, proceda, a fine 1999, ad una verifica dello stato e delle prospettive del settore".
Altrettanto preoccupata l'attesa per la data della liberalizzazione del cabotaggio. Aldo Grimaldi ha detto infatti che nel '92, quando l'Unione Europea fissò questo termine per il 1° gennaio 1999, "si concretizzò la più grave ingiustizia mai verificatasi nel settore marittimo. Solo un paese ebbe la particolare concessione del rinvio al 1° gennaio 2004 e cioè con ben cinque anni di ritardo". "La cosa ancora più grave è che quel paese potrà svolgere ugualmente traffico di cabotaggio negli altri paesi dell'Unione Europea sino dal 1° maggio 1999". Il presidente di Grandi Navi Veloci, padrone di casa ieri all'incontro con i parlamentari europei sulla nave "Splendid", era furioso per la dilazione concessa alla Grecia, slittamento ottenuto - ha ricordato - perché "i collegamenti tra il territorio peninsulare e le isole erano di vitale importanza per le popolazioni isolane e come tali dovevano essere affidati al naviglio nazionale". Un presupposto giudicato erroneo, soprattutto se riferito all'elenco del numero di abitanti delle isole mediterranee suddivisi per nazione, nell'ordine: Italia 6.724.655 abitanti, Grecia 784.120, Spagna 558.000, Francia 250.000.
Grimaldi ha denunciato la singolarità della decisione comunitaria, che premia un paese con una popolazione isolana di gran lunga inferiore a quella italiana, e che dell'Italia è diretta concorrente sulle linee cabotiere. La richiesta è quindi sia di una revisione della situazione che dell'adozione di regole generali, valide per tutti i paesi dell'Unione Europea, che tengano conto di criteri di sicurezza ("tutte le navi devono rispondere non solo alle norme di sicurezza del paese di origine, ma anche a quelle internazionali"), dell'efficienza delle navi ("si dovrebbe stabilire un'età massima del naviglio utilizzato per i collegamenti con le isole specialmente quando si tratta di navi da passeggeri"), della composizione dell'equipaggio ("non è ammissibile che un collegamento cabotiero con navi passeggeri non venga attuato con equipaggi che abbiano dimestichezza con la lingua di quel paese") e del bilanciamento dei costi gestionali ("una diversità di tali costi renderebbe non competitivi gli armamenti di alcuni paesi. E' pertanto imperativo che tutti i costi gestionali ed amministrativi di qualsiasi tipo siano similari per tutti i paesi di origine ed ospitante, ivi compresa l'equità fiscale").
"E' pacifico - ha concluso Grimaldi - che quelle aziende pubbliche e private che godono di sovvenzioni statali, non potranno svolgere attività di cabotaggio negli altri paesi dell'Unione Europea".
La preoccupazione per quanto succederà dopo il 1° gennaio 1999 è condivisa dal presidente della Confederazione Italiana Armatori, Paolo Clerici, pur soddisfatto per la conclusione vittoriosa della battaglia per l'istituzione del registro internazionale della navigazione. Il leader di Confitarma ha sottolineato infatti che "arriverà una 'parziale' liberalizzazione, visto che fino alla fine del 2003 la Grecia avrà una deroga". Non solo, ma "si parla spesso di 'liberalizzazione del cabotaggio', ma non bisogna incorrere nell'errore che spesso spinge i mass media in Italia nel parlare di privatizzazioni. Infatti, finché lo Stato - direttamente o indirettamente - manterrà il 51% di una azienda non si può parlare di privatizzazioni, si può semmai parlare di 'parziali' privatizzazioni".
Con l'accesa rivalità fra gli operatori del mercato cabotiero mediterraneo contrasta il clima di cooperazione tra i porti crocieristici del Mediterraneo descritto da Fabio Capocaccia, presidente di MedCruise, nel corso dell'incontro odierno. L'associazione, che raggruppa 32 importanti scali di 10 nazioni, è infatti riuscita a stabilire un rapporto collaborativo tra i propri membri, con l'obiettivo di portare ordine in un settore che in ambito mediterraneo non è stato sino ad ora oggetto di studio.
Capocaccia ha ricordato i risultati raggiunti nell'assemblea generale dell'11 luglio a Napoli: ad esempio l'accordo sul conteggio dei passeggeri giunti nei porti, che ha portato alla distinzione tra gli home port, dove i passeggeri sono conteggiati due volte (sbarco e imbarco), e i transit port, dove i passeggeri in transito vengono invece contati una sola volta. Un principio applicato anche nel computo del numero delle navi che hanno scalato questi porti.
MedCruise sta inoltre cercando di portare chiarezza nella distinzione tra il traffico crocieristico e quello dei servizi traghetto, proponendo dati statistici omogeni che saranno elaborati per la prima volta in questa forma alla fine del 1998.
Anche l'aumento di offerta in questo settore non preoccupa il presidente di MedCruise, nonostante un numero crescente di porti mediterranei stia convertendo o allestendo strutture per il traffico di navi da crociera. Secondo Capocaccia non c'è infatti il rischio di saturare il mercato, visti i margini di crescita ancora a disposizione soprattutto per i porti di transito: è infatti atteso un raddoppio del traffico entro i prossimi cinque anni. Più delicato invece il ruolo assunto dagli home port, che devono rispettare standard di qualità, efficienza e sicurezza sicuramente più elevati.
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