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S'irrobustisce in Cina il centralismo di Stato nei trasporti marittimi
Le autorità di Pechino hanno presentato un progetto di regolamento che, se adottato, creerebbe un sistema di controllo dei prezzi sul mercato marittimo di natura estremamente burocratica
28 giugno 1999
L'astensione dal voto nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU sulle decisioni in merito alle sorti della Federazione Jugoslava e la sua posizione critica in campo internazionale ripropongono con forza molti problemi legati alla politica della Cina. Le decisioni di Pechino, assunte sia sul piano internazionale che su quello interno, comportano ripercussioni significative sul settore economico e commerciale mondiale, e così sembra debba essere anche per le novità che si prospettano nel campo dei trasporti marittimi mercantili.
Proprio ora che gli Stati Uniti stanno abbandonando il rigido regime centralizzato e pianificatore che li ha caratterizzati in questo settore per tanti anni, la Cina sta invece evolvendo verso una centralizzazione ancora più accentuata del sistema, rinnovando una politica illiberale che sembra essere ovunque in via di abbandono.
Mentre tutto il comparto del trasporto statunitense si sta confrontando con l'Ocean Shipping Reform Act (OSRA) appena adottato, i cinesi si apprestano infatti ad introdurre un sistema burocratico di eccezionale pesantezza. Il progetto del loro regolamento "per la registrazione dei dati inerenti il trasporto marittimo internazionale di container e il deposito dei tassi di nolo" rimette direttamente in causa il principio della confidenzialità dei contratti di servizio sempre riconosciuta in Europa ed ora introdotta con l'OSRA nel diritto americano.
La politica di Pechino in ambito marittimo sembra contrapporsi chiaramente alle iniziative americane che la riguardano in modo particolare. L'Ocean Shipping Reform Act del 1998 conteneva disposizioni contro gli armamenti controllati dallo Stato, e sembrava redatto appositamente contro la cinese COSCO. Questa compagnia aveva in effetti protestato a lungo contro quella che considerava una legislazione di carattere discriminatorio, intesa a limitare la sua libertà tariffaria. Sul versante opposto lo scorso anno la statunitense Federal Maritime Commission (FMC) aveva avviato indagini sulle restrizioni imposte alle navi americane nei porti cinesi per determinare l'eventuale messa in atto di ritorsioni, che la scorsa settimana ha infine deciso di predisporre (inforMARE del 25 giugno). Ci sono quindi i presupposti perché si rinnovi la guerra fredda tra Cina e Stati Uniti.
Quando le autorità cinesi istituirono nel 1996 lo Shanghai Shipping Exchange (SSE), dichiararono di voler aprire un elenco delle tariffe di nolo marittimo. L'SSE fu applicato nei porti di Shanghai, Jiangsu e Zhejian, ma i cinesi non nascosero l'intenzione di estendere il sistema a tutti i porti. L'obbligo di depositare le tariffe, all'epoca, non riguardò però le navi americane, ufficialmente per "non imporre un duplicato alle attività della FMC". Ora i nuovi progetti di normativa marittima cinese assumono proporzioni tali da tramutarli in veri e propri sistemi di controllo dei prezzi. Gli obblighi amministrativi arrivano anche ad includere la registrazione dei dati secondo procedure degne di una lunga tradizione burocratica. I piani sembrano voler negare qualsiasi libertà e creare un regime giuridico in piena antitesi con le pratiche amministrative seguite in Occidente.
Il progetto cinese è articolato in quattro parti: la registrazione dei dati, il deposito delle tariffe, le misure per farle rispettare, le misure di ritorsione. Il deposito obbligatorio delle tariffe è una pratica estremamente complessa e pesante, e si basa su concetti sconosciuti nel mondo occidentale. Infatti non si tratta di far registrare le tariffe in quanto oggetto di accordi di cooperazione tra armatori, ma di stendere veri e propri contratti standard di trasporto. La procedura prevede una mezza dozzina di documenti (formulario di richiesta, un prototipo di polizza, il documento di certificazione, vale a dire il certificato rilasciato dalle autorità cinesi che autorizzano l'impresa ad effettuare trasporti marittimi internazionali di container su territorio cinese, la licenza commerciale, la lista delle agenzie autorizzate ad emettere un documento in Cina). Una volta registrato il prototipo, gli sarà attribuito un numero di serie che dovrà essere ripetuto su ogni polizza. Se l'armatore avrà intenzione di apportare una modifica alla sua polizza di carico tipo, dovrà avvisare le autorità cinesi almeno dieci giorni prima. Inoltre le autorità cinesi effettueranno una volta l'anno una valutazione delle polizze, ma dovrà essere l'armatore a sollecitarla nel mese di giugno, pena la decadenza della registrazione. Ancora più complesso è il regime di deposito delle tariffe di nolo.
Se il progetto cinese andrà in porto è possibile che gli Stati Uniti e le nazioni europee intendano attivare, oltre a quelle già in cantiere, nuove misure di ritorsione. Negli anni '60 la maggior parte degli Stati europei, per contrastare l'illiberalità delle norme della FMC, avevano adottato leggi che proibivano di comunicare documentazioni o dati di tipo economico, commerciale o tecnico a enti o persone fisiche stranieri. Questo ruolo potrebbe essere assunto oggi dal Regolamento comunitario 4058/86. Tutte le nazioni europee sembrano infatti estremamente decise ad impedire che la Cina possa rimettere in discussione i principi della politica occidentale in fatto di concorrenza nei trasporti marittimi.
La Cina intanto ha intanto deciso di potenziare sensibilmente la sua flotta. I tre grandi gruppi marittimi di Stato - COSCO, Yangtze River Shipping Group e China Shipping Group, la cui prima nave del nuovo collegamento Cina - Europa, la Cape Race, ha fatto scalo nei giorni scorsi nei porti europei (inforMARE del 6 maggio) - hanno programmato la costruzione di 120 navi nei prossimi quattro anni, con un investimento di 1,8 miliardi di dollari. E' un piano di grande impegno, che irrobustirà l'attuale flotta di 600 portacontainer utilizzate da 150 compagnie armatrici cinesi.
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