Nessuna discussione, nessuno scambio di opinioni tale da far compiere un passo avanti al porto di Genova. Insomma, un incontro tra persone che evidentemente nulla avevano da aggiungere al dibattito sul futuro del porto.
Quasi due anni fa l'architetto Renzo Piano, sollecitato dall'allora presidente dell'ente regionale ligure, Sandro Biasotti, aveva presentato la sua proposta per una completa ristrutturazione del porto genovese (
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25 maggio 2004). Un "affresco", quello di Piano, che - comunque lo si giudichi - non può non suscitare entusiasmo, critiche, delusione. Insomma non può non stimolare il dibattito. Invece nulla.
Trascorsi due anni - un'eternità rapportata a quelli che dovrebbero essere i ragionevoli tempi decisionali per lo sviluppo di un porto - i rappresentanti delle istituzioni dichiarano tuttora compatti il loro apprezzamento per le soluzioni proposte da Piano (anche se il presidente della Provincia di Genova, Alessandro Repetto, ha espresso disappunto proprio per la mancanza di dibattito che caratterizza il percorso dell'affresco). Ma nessuno si è chiesto: il progetto va bene? Quando si farà? Chi lo farà? Sembra che l'affresco di Renzo Piano - come le malattie - debba fare il suo corso. Che il trascorrere del tempo sanerà i mali e risolverà le controversie. Non facendo affidamento sull'effetto taumaturgico degli anni, e sentendosi esclusi dagli ambiti nei quali viene sviluppato il progetto, venerdì scorso gli industriali genovesi hanno proposto un loro piano per il nuovo porto (
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3 febbraio 2006). Gli altri - per ora - sembrano preferire l'attesa.
L'incontro "Costruiamo insieme il porto di domani", svoltosi stamani a Palazzo San Giorgio su iniziativa dell'Autorità Portuale di Genova, ci è sembrato sterile.
Certo, è stato un successo per il presidente della port authority, Giovanni Novi, che ha convocato i vertici delle istituzioni locali e i rappresentanti del governo, del mondo dell'imprenditoria e del lavoro per sottolineare come l'obiettivo del suo mandato sia quello di promuovere lo sviluppo del porto in sintonia con le esigenze della comunità cittadina. «Siamo stati accusati contemporaneamente - ha detto - di troppo decisionismo e, insieme, di sudditanza da parte di altri nella politica portuale». «Non possiamo pensare - ha spiegato - che l'Autorità Portuale decida e porti avanti autonomamente programmi che, comunque, debbono poi, in fase finale, passare al vaglio delle istituzioni, senza verificare passo passo insieme alle istituzioni stesse le scelte da segurie e le modalità per realizzarle: ciò non significa abdicare alle nostre prerogative ma lavorare in modo concreto ed efficace».
Se l'obiettivo di Novi era quello di stimolare il dibattito tra le istituzioni, allora l'incontro è stato un fallimento.
Deluso è il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, per il quale il modello di città-portuale da perseguire rimane quello di Amburgo, di Brema. In questa direzione - ha ammesso - si è fatto poco. Pericu ha sottolineato come l'accentramento decisionale a livello nazionale ponga problemi di programmazione economica alle autorità portuali ed ha criticato il concetto di «Stato accentrato, in cui i porti sono di proprietà dello Stato».
Condividendo «le preoccupazioni del sindaco», il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, si è dichiarato «molto più ottimista su quello che accade nei nostri porti». Secondo Burlando, come è avvenuto negli anni '90 quando a Genova «Rinaldo Magnani fece il porto delle imprese», «i nostri porti sono alla vigilia di un nuovo scatto».
Burlando ha sottolineato come «la città voglia bene al porto» e come «non si possa più contrapporre bene comune ed attività portuali». «Non possiamo più fare un piano regolatore portuale contro la città - ha spiegato - non ce lo lasciano fare. Hanno ragione. Bisogna progettare il porto con la città: è quello che stiamo facendo con Piano».
Ad inizio mandato Giovanni Novi aveva accettato il divieto posto dalle istituzioni a qualsiasi ipotesi di potenziamento dell'area portuale di Voltri (previsto invece dal piano regolatore portuale vigente). Evidentemente (ma a noi non sembra così) il "maquillage" disegnato dal piano regolatore per Voltri è ritenuto più invasivo delle radicali proposte progettuali di Renzo Piano.
Alessandro Repetto ha riproposto l'antico dilemma: «che tipo di porto vogliamo sviluppare?».
Cavallo di battaglia del console della Culmv, Paride Batini, è la centralità geografica del porto di Genova rispetto ai mercati. «Il porto - ha detto - possiamo rovinarlo solo noi».
Il presidente della Capitaneria di Porto di Genova, Marco Brusco, ha evidenziato le sinergie tra l'Autorità Portuale e l'autorità marittima, mentre il rappresentante di Assindustria Genova, Franco Gattorno, ha chiesto nuovamente spazio alle opinioni degli operatori del porto: «le istituzioni - ha rilevato - decidono, ma noi dovremmo essere chiamati a dire quali sono le necessità, le strade le certezze di cui noi terminalisti abbiamo bisogno».
Per il presidente della Camera di Commercio di Genova, Paolo Odone, i problemi dei porti sono indissolubili da quelli delle infrastrutture. «Le imprese - ha osservato - chiedono a gran voce di accelerare la realizzazione delle infrastrutture. Le ristrettezze di bilancio hanno messo alla corda tutti i progetti».
Andrea Roncallo, in rappresentanza di Cgil, Cisl e Uil, ha sottolineato l'importanza del valore del lavoro, mentre il ministro alle Attività produttive, Claudio Scajola, rilevando che «il disegno di Piano piace a tutti e non credo non possa non piacere a qualcuno», si è chiesto se «varianti, come quelle presentate dagli industriali, possano dare un'accelerazione». Scajola ha difeso l'operato del governo nei confronti dei porti: «negli ultimi cinque anni sono stati investiti dallo Stato quattro miliardi di euro, di cui la metà non sono stati spesi, come dato a livello nazionale. Questo è stato il motivo per cui non si è andati a rifinanziare capitoli di spesa che avevano giacenze del 50%». Il ministro si è comunque dichiarato a favore della rimozione del tetto del 2% di spesa per le Autorità Portuali.
Bruno Bellio