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Venezia sollecita una normativa che non dia solo l'autonomia finanziaria alle Autorità Portuali, ma anche più poteri
Ipotizzato il conferimento agli enti portuali di un ruolo di coordinamento attraverso la stipula di una convenzione quadro con le altre amministrazioni coinvolte nella gestione dello scalo
29 ottobre 2010
inforMARE - Oggi, in occasione di un incontro di approfondimento sui porti e il Piano Nazionale della Logistica svoltosi a Venezia, al quale ha partecipato il sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti e presidente della Consulta Generale per l'autotrasporto e la logistica, Bartolomeo Giachino, l'Autorità Portuale dello scalo lagunare ha presentato alcune proposte di riforma della legislazione in materia portuale.
Riferendosi alle possibilità e opportunità di crescita del sistema portuale dell'Alto Adriatico, l'ente portuale ha evidenziato come la necessità di creare le condizioni infrastrutturali e organizzative per aumentare la scala delle operazioni portuali nella regione, indispensabile per sfruttare la collocazione strategica del sistema portuale e attirare i principali players mondiali dello shipping, si scontri con la difficoltà di finanziare i piani di sviluppo se non con il ricorso al project financing. «Ed è in tal senso opinione diffusa, condivisa e fondata - ha osservato l'Autorità Portuale - che la riforma della legge 84/94, attualmente all'attenzione del Senato, acquisterà senso compiuto solo se conterrà norme che garantiscano definitivamente la piena autonomia finanziaria delle Autorità Portuali. Autonomia finanziaria non più solo relativa alle spese correnti, ma anche autonomia di spesa per investimenti, tipicamente in infrastrutture portuali».
«Il principio che si vuol in questo modo affermare - ha spiegato l'ente veneziano - è: ogni Autorità Portuale deve essere messa in grado di rischiare per sé assieme ai propri terminalisti, coinvolti tanto più quando si dovesse ipotizzare che ogni investimento portuale vada realizzato solo in presenza di una quota obbligatoria di cofinanziamento privato. Le Autorità Portuali rese finanziariamente autonome sottoporrebbero quindi ogni investimento al doppio vaglio del successo di ogni singolo porto e del parere concorde del cofinanziatore privato; così, nessun porto in crisi di traffico e quindi di entrate, potrebbe intraprendere investimenti di dubbia utilità. Secondariamente, si instaurerebbe un meccanismo virtuoso di concorrenza tra porti giocato sia sull'efficienza comparata nel gestire i traffici che sulla capacità relativa di effettuare i migliori investimenti nel momento più opportuno. Realizzeremmo finalmente - secondo l'AP di Venezia - alcune condizioni di quella “concorrenza tra i porti” che la 84/94 non ha saputo o voluto affrontare limitandosi a regolare la “concorrenza nei porti”».
Rilevando come «un'autonomia di spesa che possa garantire indipendenza nella scelta degli investimenti da compiere sia condizione necessaria, ma non sufficiente a innescare un meccanismo di reale concorrenza tra porti», la Port Authority di Venezia ha precisato che la concorrenza tra porti «si invera solo se l'Autorità Portuale può controllare le determinanti dei propri flussi finanziari in entrata, in primis i livelli e la composizione dei propri traffici. Infatti, per poter essere responsabile dei propri equilibri economico-finanziari - ha spiegato - ogni Autorità Portuale deve essere messa in condizione di poter influire, nei limiti definiti da regole certe, su ogni prezzo (o tariffa) o ogni quantità relativa ad ogni servizio, pubblico o privato, fornito in porto alla nave e/o alla merce».
«Ma, se per garantire un'autonomia finanziaria dal lato della spesa è sufficiente lasciare che i porti scelgano autonomamente come investire le proprie risorse - ha proseguito l'ente - per l'autonomia finanziaria dal lato del reperimento delle risorse è necessario dotare i porti di una autonomia operativa che possa consentir loro di svolgere un ruolo attivo della determinazione delle azioni da compiere per rendere efficiente e competitivo il proprio porto. L'autonomia finanziaria si otterrebbe dunque come risultato formale di un modello operativo-gestionale nel quale le istituzioni di ogni singolo porto agiscono in modo autonomo e coordinato per aumentare i traffici nel proprio scalo.
L'estrema complessità del sistema portuale, in cui il ruolo dei vari soggetti sono intrecciati gli uni agli altri, in cui le istituzioni hanno spesso compiti complementari, rende facile comprendere che il porto più efficiente in banchina può non vincere la competizione se i servizi di contorno non sono altrettanto efficienti. Il sistema in ogni porto può alternativamente incepparsi su una inefficienza tariffaria, un inefficienza doganale, sanitaria o di polizia».
Secondo l'Autorità Portuale di Venezia, «si potrebbe quindi ipotizzare un decentramento delle competenze a livello di singolo porto, e l'organizzazione di un sistema di coordinamento tra i vari attori istituzionali. Maggior efficienza del sistema si tradurrebbe direttamente in una maggior competitività. È prioritario quindi individuare un soggetto che - dotato di strumenti idonei - organizzi e regoli i rapporti tra le singole istituzioni/soggetti portuali per ridurre o eliminare conflitti, contraddizioni, disarmonie, interventi inutilmente duplicativi e quindi antieconomici. La riforma della portualità non può non passare attraverso l'individuazione di questo soggetto, responsabile della competitività del porto».
«È nostra opinione - ha precisato l'ente - che il potere di coordinamento conferito dalla legge debba poter essere esercitato su due livelli distinti: organizzazione e coordinamento delle attività dei vari attori nell'ambito dell'ordinaria amministrazione delle attività; potere di intervento diretto nella risoluzione di situazioni di particolare interesse e gravità, intraprendendo tutte le azioni necessarie richieste per la soluzione di circostanze contingenti tali da pregiudicare il corretto funzionamento del porto».
Per esemplificare la propria proposta l'Autorità Portuale ha ipotizzato una situazione in cui la Sanità Marittima si dovesse trovare in carenza di organico: «ciò comporta - ha osservato l'ente - una riduzione dei ritmi dei controlli sanitari, l'allungamento dei transit time per le merci soggette a controlli e maggiori costi per l'utenza. L'Autorità Portuale dovrebbe poter intervenire direttamente reperendo presso altre istituzioni sanitarie il personale richiesto e trasferendolo presso le strutture del porto».
«Dato che l'Autorità Portuale è l'ente deputato alla gestione e alla regolazione dei traffici marittimi, nonché allo sviluppo della competitività/efficienza di un sistema portuale - ha concluso la Port Authority di Venezia - è ad esso che andrebbe conferito il ruolo di coordinamento attraverso - ma è solo un'ipotesi - la stipula di una convenzione quadro fra l'Autorità Portuale stessa e le altre amministrazioni coinvolte nella gestione del porto». (iM)
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