È all'esame della Commissione Trasporti, Poste e
Telecomunicazioni della Camera la “Legge quadro in materia di
interporti” che ha come primo firmatario Mauro Rotelli,
deputato di Fratelli d'Italia, e che vede tra gli aspetti più
dibattuti la definizione del regime applicabile ai soggetti gestori
degli interporti, con l'articolo 5 a stabilire che «i soggetti
che gestiscono gli interporti agiscono in regime di diritto
privato». Inoltre l'articolo prevede che gli enti pubblici
concedenti le aree su cui sorgono gli interporti, «al fine di
garantire la certezza degli strumenti economico-finanziari»
utilizzati per la loro realizzazione, costituiscano «sulle
aree in cui è ubicato l'interporto un diritto di superficie,
ai sensi degli articoli 952 e seguenti del codice civile, in favore
dei soggetti gestori dell'interporto interessato già
convenzionati con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La durata del diritto di superficie - precisa il progetto di legge -
è stabilita tenendo conto del valore degli investimenti
effettuati per le opere realizzate dai soggetti gestori nonché
dell'ammortamento dei costi da questi già sostenuti».
Inoltre il testo all'esame della Commissione stabilisce che i
soggetti gestori degli interporti interessati possano riscattare
tali aree dagli enti concedenti «trasformando, a seguito di
espressa richiesta, il diritto di superficie in diritto di piena
proprietà sui beni immobili».
«La legge - ha spiegato Maria Grazia Frijia, deputato di
Fratelli d'Italia e componente della Commissione Trasporti alla
Camera - definisce gli interporti come infrastrutture gestite in
forma imprenditoriale, dove il gestore agisce in regime
concorrenziale e di diritto privato. Stabiliamo inoltre il principio
della programmazione pubblica, intestata al Mims con il
coinvolgimento delle autonomie territoriali e locali. Nella norma è
poi previsto che all'attività prettamente intermodale possa
essere associata un'attività di lavorazione delle merci
stesse, quali l'imballaggio e l'etichettatura, favorendo
l'occupazione e il contenimento dei costi».
Ricordando che «ad oggi gli interporti italiani
ufficialmente censiti dal Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti sono 24 e constano in 32 milioni di metri quadri di aree
per la logistica e cinque milioni di metri quadri di magazzini»,
Frijia ha sottolineato che «con questa riforma diamo risposte
esaustive e risolutive per l'efficientamento dei servizi. Rammarica
solo - ha aggiunto - la posizione assunta dalla minoranza che ha
preferito una pretestuosa polemica politica. Grazie all'attenzione e
al grande lavoro svolto dalla maggioranza, con questa legge
superiamo una disciplina che risale a più di 30 anni fa e
definiamo un quadro giuridico aggiornato in cui si incontrano la
programmazione pubblica e l'iniziativa economica privata, offrendo
una cornice giuridica entro cui gli interporti italiani non solo
riusciranno meglio a sfruttare le risorse loro destinate dal PNRR,
ma anche a collegarsi meglio con le reti TEN-T e con le Zes».
Secondo Valentina Ghio, vicecapogruppo del Partito Democratico
alla Camera e componente della Commissione Trasporti, «la
legge quadro sugli interporti configura l'avvio di una vera e
propria privatizzazione di un'infrastruttura strategica del nostro
Paese, dopo quella di Ferrovie e Poste Italiane. Nell'articolo 5,
che rappresenta il cuore della legge - ha specificato - appare
chiaro il disegno di questo governo di privatizzare anche gli
interporti quando si precisa che gli stessi soggetti gestori devono
agire in regime di diritto privato, con modalità che non
garantiscono meccanismi di natura pubblica. È preoccupante
inoltre la trasformazione del diritto di superficie in diritto di
proprietà, senza prevedere nessuna gara pubblica ma solo una
perizia giurata di un tecnico per la valutazione degli investimenti.
Siamo di fronte ad una nuova svendita del nostro patrimonio e di
strutture fondamentali per il Paese. Come Partito Democratico
abbiamo presentato numerosi emendamenti per chiedere che vengano
garantiti meccanismi basati su parametri che hanno come riferimento
il codice dei contratti pubblici. Se non verranno approvati, si
perderanno altri pezzi di patrimonio pubblico strategici per
l'Italia. Ancora una volta - ha concluso Ghio - un provvedimento
senza alcuna lungimiranza, che non potenzia adeguatamente
l'intermodalità necessaria per tenere insieme sviluppo
economico e protezione dell'ambiente. L'ennesimo passo indietro di
un centrodestra che a parole si erge a paladino della Patria, ma nei
fatti la svende ai privati e non ne rafforza lo sviluppo equo».