Il composito mondo delle attività portuali genovesi sembra tranquillo. I terminali sono stati tutti privatizzati, il traffico cresce, trascinato in alto dall'incremento del movimento dei contenitori, i simboli negativi del passato - scioperi e superbacino - sono svaniti, il lavoro apparentemente non manca. Ma la Compagnia dei portuali soffre di un'inquietudine determinata proprio da questa situazione di relativa tranquillità che è vuota di progettualità, di obiettivi e di programmi. Si interroga sul proprio futuro e non sa darsi risposte, e questo, nella vita di un'impresa - la Compagnia è oggi a tutti gli effetti un'impresa portuale - è come un esercito senza guida.
"In porto molti stanno tornando alla politica del piccolo cabotaggio, al comitato d'affari che difende alcuni ma affonda altri, al depauperamento della forza lavoro - afferma il console Paride Batini, affiancato dal suo stato maggiore nel corso di una conferenza stampa - . Il governo non ha mai espresso una politica di sviluppo per i porti, manca una visione concreta d'intervento e nelle amministrazioni locali c'è un vuoto impressionante di competenze. L'autorità portuale in questo clima 'si assopisce' ed è soggetta a pressioni di tutti i generi".
"Si parla molto e in tutte le sedi di grandi politiche portuali, di alleanze, di competizione con altri grandi porti - continua Batini - ma in concreto non c'è nessuno che proponga un progetto che accomuni tutte le forze imprenditoriali portuali in un progetto comune di sviluppo, con obiettivi chiari e realistici".
La Compagnia dunque soffre della mancanza di una politica portuale orientata alla ricerca di traffico, di nuove attività, di clienti che, afferma Batini, ci sono e possono essere convinti della bontà del sistema Genova. Attualmente i risultati raggiunti dai terminalisti non ripagano degli investimenti effettuati. Il traffico aumenta, ma solo quello dei contenitori. Eppure le prospettive per farlo lievitare negli altri settori ci sono.
Batini ricorda anche il lavoro e i sacrifici compiuti dalla Compagnia per rendere al porto un Ponte Libia efficiente. "L'abbiamo ricevuto in gestione che era poco più di un deposito di rottami, e gli abbiamo ridato efficienza". Ma nel settembre del 1994 un fortunale ha abbattuto le due gru Paceco della banchina. Il governo ha sùbito stanziato una somma per altri due mezzi di sollevamento, da installare al posto delle precedenti, ma la previsione di due anni di tempo è stata abbondantemente superata e delle due gru nessuno parla più.
"Ci stiamo muovendo in una linea strettamente imprenditoriale - afferma Batini - e nella nostra autonomia vogliamo contribuire a realizzare il sistema Genova con tutte le forze sane che vi sono in porto. Ma è necessario un progetto, degli obiettivi e un strategia per perseguirli. Questo manca e il Consiglio d'amministrazione nel prossimo settembre presenterà questa situazione ai soci. Faremo una serie di riunioni e forse decideremo di assumere delle iniziative imprenditoriali autonome, anche in concorrenza con altri terminalisti".
E' una squillante prova di vitalità quella annunciata da Batini. Nonostante i numeri tutti favorevoli e l'immagine del porto che vi si costruisce sopra, la sensazione è che non molti abbiano capito la reale trasformazione che è avvenuta e che ci mette davanti agli occhi un porto completamente mutato. Si tratta ora di prendere atto della nuova e per certi versi entusiasmante situazione e formulare piani per l'avvenire. "Bisogna dar vita a grandi politiche di sviluppo - ha concluso Batini nella sua inedita e inaspettata espressione di sentimenti - ora invece ci si sofferma pensosi a giudicare fatti di piccolo cabotaggio, ad esempio se le cooperative devono o non devono entrare nel mondo del lavoro portuale".
Ma forse è proprio questo uno dei crucci principali che amareggia le torride giornate estive del vertice della Compagnia.
C.B.
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