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Confitarma chiede all'UE pari condizioni di competitività tra la flotta cabotiera italiana e quella greca
Paolo Clerici, presidente della Confederazione Italiana Armatori, ha rivolto un appello ai componenti della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento europeo in visita a Genova
25 settembre 1998
Nell'incontro di oggi all'Acquario di Genova con la Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento europeo Paolo Clerici, presidente della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), ha manifestato con estrema chiarezza la preoccupazione degli armatori privati italiani per le sorti del mercato cabotiero nel Mediterraneo. "Il 1° gennaio 1999 - ha detto Clerici - ci sarà quella che 'impropriamente' è stata definita la liberalizzazione del cabotaggio. Dico 'impropriamente' perché nel '92, quando l'Unione Europea ha deciso di liberalizzare questo settore, ha previsto che ciò avvenisse gradualmente, escludendo però di fatto l'armamento greco". Per la Grecia infatti la data della liberalizzazione è stata rinviata al 1° gennaio 2004: "in pratica noi non potremo andare in Grecia a prendere quote di mercato, mentre loro lo potranno fare da noi". Clerici ha ricordato che il 70% del traffico cabotiero nel Mediterraneo si svolge proprio tra Italia e Grecia e che in Adriatico la flotta greca è leader nel comparto passeggeri.
Le scelte dell'Unione Europea del '92 furono frutto di un compromesso politico: se da una parte la potente 'casta' armatoriale greca riuscì a far valere i propri interessi, dall'altra l'Italia ebbe un occhio di riguardo per la propria flotta pubblica. Confitarma è consapevole che quelle decisioni non possono essere cambiate, ma cerca strade per evitare che ci sia una distorsione della concorrenza. Clerici ha ricordato che il costo-nave delle unità greche è inferiore a quello italiano: non solo quindi l'armamento greco potrebbe vendere servizi a costi inferiori, "ma ci risulta anche che queste navi prima di venire in Italia facciano viaggi tra le isole dell'arcipelago greco, linee per le quali sono fortemente sovvenzionate dal loro Stato. Non solo quindi il costo dell'equipaggio e quello fiscale sono inferiori a quelli italiani, ma i greci usufruiscono anche di sostanziosi contributi da parte dello Stato". Ne risulta - ha concluso - che l'armamento italiano è attualmente fuori mercato.
E' necessario quindi per l'associazione armatoriale trovare il modo, fino a tutto il 2003, di fare impresa senza i vantaggi distorsivi garantiti dalle diverse legislazioni.
L'importanza dell'economia marittima per l'Italia è racchiusa in poche, ma significative cifre: il 25 per cento del commercio mondiale trova destinazione o origine nell'Unione Europea ed oltre il 70 per cento di questi traffici viene effettuato via mare. Di questa percentuale una grande fetta, il 18 per cento, è appannaggio dell'Italia che, nella produzione annua di beni e servizi nell'ambito del settore marittimo mercantile, totalizza una cifra di circa 25.000 miliardi di lire, dando lavoro a 80.000 persone (di cui 30.000 nel settore armatoriale).
L'Italia parte da una situazione di svantaggio. Sicuramente per colpe proprie, a partire dal divario che la separa dalle altre bandiere UE in termini di costi operativi. Le altre nazioni comunitarie hanno da anni agevolato fiscalmente le proprie flotte con l'introduzione di registri internazionali. Un gap che potrà essere in parte colmato con la recente legge italiana sul cosiddetto registro-bis, in cui è prevista l'iscrizione di 5 milioni di tonnellate di flotta sugli 8,5 milioni di tonnellate dell'armamento privato (che rappresenta il 90% dell'intero armamento italiano). Ma se i problemi derivanti dalla ritardata introduzione del nuovo registro interessavano un numero di occupati pari a circa 3-4 mila persone, nel caso del cabotaggio - ha detto Clerici - questo numero è di 15.000 addetti, di cui circa il 90% proveniente dalle regioni del Sud, notoriamente alle prese con un tasso disoccupazione ai vertici della classifica europea.
Confitarma confidava che, nel lasso di tempo tra il '92 e il '99, venisse introdotta qualche regolamentazione per equilibrare gli effetti provocati dalle differenti date della liberalizzazione del cabotaggio. Un'attesa vana: ogni speranza è invece oggi rivolta proprio ai delegati europei convenuti a Genova, che dovranno pronunciarsi su questo problema. Confitarma intende fornire alla Commissione tutte le informazioni necessarie perché siano prese decisioni sulla base di dati oggettivi ed ha quindi commissionato uno studio sul costo degli equipaggi e sulla fiscalità alla società di consulenza internazionale Arthur Andersen Consulting, con la certezza che questa indagine renda evidenti gli aspetti di distorsione della concorrenza oggi già in atto e l'incremento di questa disparità che interverrà nel 1999.
Sia il francese Jacques Donnay, che ha guidato la delegazione parlamentare europea, che la britannica Anne McIntosh, relatrice sul cabotaggio marittimo per la Commissione Trasporti e Turismo, hanno assicurato che il loro lavoro sarà svolto con la massima trasparenza e obiettività. Ma Donnay non ha nascosto la difficoltà di trovare una soluzione equa quando ci sono in gioco un tale numero di interessi, di questioni legali e commerciali. "Se trovate difficoltà in Italia nel risolvere i problemi tra l'armamento pubblico e quello privato - ha detto Donnay - figuratevi i problemi che affronteremo noi".
Un deputato della delegazione, l'italiano Francesco Baldarelli, ha ricordato che nelle decisioni riguardanti il cabotaggio comunitario non è mai stato posto al centro dell'attenzione il tema della sicurezza e non sono ancora stati stabiliti requisiti minimi in questo campo. "In questo settore - ha suggerito - l'Italia potrebbe recuperare competitività", visto che l'armamento greco offre servizi, tra cui il 'camping on board', apertamente criticati come poco sicuri dagli armatori italiani.
Rimangono però solo tre mesi. Sembra quindi scontato che la 'liberalizzazione' verrà avviata nel prossimo gennaio nei termini previsti nel '92 e resta inoltre l'incertezza riguardo ai tempi e ai contenuti di eventuali decisioni in merito da parte della Commissione. Gli armatori privati italiani avrebbero voluto una presa di posizione del governo italiano, ma tale aspettativa è rimasta sinora disattesa.
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