L'Italia deve sbrigarsi a concludere un accordo bilaterale con gli Stati Uniti sulla sicurezza del traffico container. Lo ha detto oggi il presidente di Assoporti (Associazione Porti Italiani), Tommaso Affinita, partecipando al convegno "Logistica e sistema paese", organizzato da Federmanager nell'ambito della prima sessione dell'European Logistics Forum (ELF), che ha aperto i battenti questa mattina alla Fiera Internazionale di Genova.
Dopo l'11 settembre 2001 il problema della security è diventato la priorità anche nel mondo dei trasporti marittimi e in quello portuale. Gli Stati Uniti, colpiti direttamente dai tragici attacchi terroristici, hanno avviato un programma di controllo dei carichi importati negli USA via mare, che sono sottoposti ad ispezioni nei porti di origine. Affinita ha precisato che anche in questo campo i porti sudeuropei devono colmare il gap che li separa dagli scali del Nord Europa, i quali - ha accusato - «hanno chiuso accordi bilaterali con gli USA fregandosene bellamente del parere dell'Unione Europea».
Azioni per garantire lo sviluppo del sistema portuale sudeuropeo - secondo il presidente di Assoporti - devono essere assunte in sede europea anche in materia di scelte infrastrutturali, con particolare riguardo alla realizzazione dei corridoi plurimodali. Questo tema sarà ancor più cruciale con l'allargamento ad est dell'Unione Europea e con la conseguente riduzione delle risorse a disposizione dei Paesi membri. Il rischio - ha spiegato Affinita - è di privilegiare i corridoi del nord Europa e di porre in secondo piano quelli che si sviluppano dall'Europa meridionale e dall'Italia.
Sul fronte italiano Affinita ha sottolineato la necessità di difendere nel suo complesso la legge 84/94 di riforma portuale «che - ha detto - ha portato novità essenziali e che, se stravolta, rischia di far fare un passo indietro alla nostra portualità». Il presidente di Assoporti ha infine criticato l'applicazione dello spoils system anche ai dirigenti dei porti italiani. La legge di riforma della dirigenza pubblica (cosiddetta legge Frattini) è entrata in vigore lo scorso 8 agosto, data nella quale sono iniziati i 60 giorni per la conferma ai dirigenti di prima fascia, e quindi il rinnovo del loro contratto, e i 90 giorni per l'eventuale destinazione ad altro incarico di quelli di seconda fascia. Tale normativa ha riguardato anche i dirigenti delle autorità portuale. Affinita ha sottolineato la peculiarità dello status delle Autorità Portuali ed ha confermato l'assunzione di misure da parte di Assoporti per far sì che la normativa non colpisca i dirigenti delle authority portuali.
Nel corso del convegno il segretario generale dell'Autorità Portuale di Genova, Fabio Capocaccia, ha illustrato il rapporto "Logistica e sistema paese" della commissione Trasporti di Federmanager, che riportiamo di seguito. Anche Capocaccia ha posto l'accento sul tema delle infrastrutture e sulla necessità di sviluppare nell'Europa meridionale un nodo logistico alternativo a quello nordeuropeo situato in Olanda, Belgio e Germania. Parlando di sicurezza, il segretario generale dell'ente portuale genovese ha sottolineato l'esigenza di non «appaltare la security a paesi terzi» ed ha evidenziato la leadership italiana in materia di sicurezza marittima. Questo primato - ha detto - dovrebbe spronare il governo a sostenere la candidatura di Genova a sede dell'authority europea per la sicurezza marittima, «la cui sede a Bruxelles - ha ammonito - da temporanea potrebbe diventare permanente».
Federmanager
Logistica e Sistema Paese
Rapporto della Commissione Nazionale Settore Trasporti
PREMESSA
Lo scenario economico proiettato nel terzo millennio è caratterizzato da una forte spinta al cambiamento dettata dalla necessità di adeguarsi all'evoluzione tecnologica. In tale contesto alle imprese è richiesto un continuo miglioramento della propria "catena del valore". Come affrontare la complessità? Come gestire le tante articolazioni e i tanti anelli che compongono la lunga catena imprenditoriale?
La risposta più immediata proviene dalla logistica attraverso un coordinamento delle attività in modo da integrarle e trattarle valutando continuamente le possibili interrelazioni tra loro e il contributo che ognuna offre al raggiungimento di un obiettivo generale.
La logistica naSce per affrontare queste problematiche. Un supporto fondamentale alla gestione dei flussi proviene dallo sviluppo dei mezzi di trasporto. Sono questi stessi mezzi di trasporto, sempre più perfezionati e velocizzati, a innescare quel processo di progressivo "rimpicciolimento" del pianeta che conduce all'attuale epoca di globalizzazione.
A portare a termine tale processo è stato lo sviluppo di quelle forme di comunicazione e di commercio - prima fra tutte internet - che di fatto hanno reso il pianeta un unico "villaggio globale" nell'accezione del filosofo canadese Marshal McLuhan.
Ora è chiaro che in un mondo ridotto a un villaggio, la funzione spazio diviene assolutamente relativa, mentre riacquista fondamentale importanza la funzione tempo e la qualità del processo.
Alcuni fenomeni che caratterizzano l'economia contemporanea offrono una giustificazione di questa riscoperta del tempo e dell'accelerazione tipica dell'epoca globale, che non tollera ritardi o disguidi.
Innanzi tutto la possibilità di rispondere a una domanda tramite un'offerta generata in una qualunque parte del mondo, impone una competizione basata sulla tempistica e sull'affidabilità, nel senso che tra due prodotti analoghi dal punto di vista del prezzo e degli standard produttivi viene premiato quello che per primo raggiunge il mercato e che garantisce di raggiungerlo sempre, in qualsiasi condizione.
Inoltre, tale rincorsa del mercato si giustifica con la velocizzazione del ciclo dei prodotti, determinato sia da ragioni tecnologiche sia da mere esigenze di differenziazione commerciale, che di fatto determina anche un accorciamento dei lead time produttivi.
Anche la stessa qualità del prodotto e del processo viene esaltata non tanto come valore in se ma perche equivale a un risparmio di tempo, che evita correzioni, rifacimenti e arresti di produzione. Con tutto ciò non si vuoi dire che la funzione spazio abbia perso importanza, ma soltanto che la sua valenza competiti va acquisisce spessore quando viene coniugata con la funzione tempo.
Per gettare questo sguardo integrativo sull'azienda, la logistico utilizza, mutuandolo dalle scienze naturali, un approccio di tipo sistemico, tale per cui l'impresa viene valutata come un sistema ove ogni parte ha un preciso ruolo da svolgere e acquista significato e valore soltanto nella misuro in cui compartecipa al raggiungimento dell'obiettivo finale.
Ampliamo l'orizzonte ed osserviamo, utilizzando la stessa metodologia, il sistema Paese.
Un tradizionale obiettivo della politica dell'Unione Europea - condivisa dagli Stati membri -e riassumibile con la formula di "sviluppo sostenibile", che deve essere raggiunto tenendo conto della necessità, ratificata dagli accordi di Kyoto, di limitare le emissioni nocive per l'ambiente. Il processo dominante a livello industriale degli ultimi decenni è stato il "just in time". Tecnica che nell'intento di contenere il valore delle scorte e stemperare i costi di stoccaggio ha richiesto il trasporto in azienda dei materiali nel momento ottimale per la produzione. Metodo che da un lato ha emarginato le modalità incapaci di assicurare un livello di servizio così sofisticato e dall'altro esasperato il predominio dell'autotrasporto.
L'esistenza, tuttavia, nel nostro Paese di alcune peculiarità quali la configurazione geografica del territorio, la dispersione della popolazione e delle imprese fanno ritenere che, pur in presenza di una efficace politica di riequilibrio modale, il trasporto su gomma svolgerà inevitabilmente, per il prossimo futuro, un ruolo da protagonista. Per contro le imprese di autotrasporto si presentano sottodimensionate, con scarsi margini di redditività e limitate capacità di investimento; frutto di una sfrenata competizione e di un forte utilizzo da parte della committenza della posizione dominante sul mercato.
Quale azienda può crescere se il corrispettivo per i servizi che offre è quasi uguale alla soglia di sopravvivenza? Qualora una domanda strutturata e qualificata dovesse assumere toni e spessori considerevoli, il rischio di una colonizzazione del settore è tutt'altro che remota.
Ulteriore elemento di disagio è rappresentato dal sistema infrastrutturale che si presenta deficitario, inadeguato, stretto da localismi esasperati e la cui implementazione rasenta sovente i contorni di una storia infinita (raddoppio della Bologna Firenze, alta velocità Milano-Roma).
E fondamentale una visione d'insieme. Ciò significa sviluppare tra gli attori -modalità di trasporto, committenza ed infrastrutture - un rapporto di collaborazione nella consapevolezza che ciò che deve emergere è il sistema Paese.
a) Infrastrutture e intermodalità.
Il nostro Paese ha attraversato una fase di grandi investimenti infrastrutturali negli anni sessanta, e si è dotato, prima di altri paesi europei, di una efficiente rete autostradale. Ciò ha comportato un trasferimento di merci e passeggeri su strade e autostrade, raggiungendo una ripartizione, ancora oggi, fortemente sbilanciata a favore della gomma.
Concausa di tale spostamento è stata l'assenza di adeguati interventi a favore delle altre modalità, in primo luogo quella ferroviaria. Solo nell'ultimo decennio si è dato luogo a riforme organizzative e strutturali nei porti (legge 84 del '94) e ad investimenti nelle ferrovie.
Purtuttavia, ancora oggi, lo squilibrio modale del nostro Paese non ha uguali in Europa. L 'Italia quindi rischia di essere l'ultima ruota di un carro europeo che si pone seriamente (Libro Bianco: European Transport Policy for 2010: time to decide) l'obiettivo del riequilibrio.
Nel trasporto ferroviario, la definizione (1996, con revisione entro il 2004) del piano infrastrutturale Europeo (rete TEN- T) tratta l'Italia come una realtà marginale, trascurandone le potenzialità come porta d'ingresso da Sud, sia nei confronti del Mediterraneo e Nord Africa, sia come accesso privilegiato del traffico "oltre Suez" (Medio ed Estremo Oriente, Africa Orientale, Oceano Indiano ed Australia). A questo tema è dedicato in particolare 11 successivo punto d).
L'azione del governo italiano è stata in passato, nei confronti delI'UE, assai debole nel potenziamento, o quanto meno nella difesa, delle direttrici europee che transitano nel nostro Paese.
Il registrato aumento della quota di traffico servita dai porti Mediterranei, e dai porti italiani in particolare, rischia in futuro di non essere confermato e consolidato per l'assenza di infrastrutture terrestri di comunicazione con il resto dell'Europa.
Occorre quindi avviare una forte azione politica in sede comunitaria per la prossima revisione (2004) della rete TEN- T, con i seguenti obiettivi:
- potenziare i valichi alpini, autostradali e soprattutto ferroviari;
- collegare i porti principali (arco ligure, arco adriatico) alla rete europea, privilegiando la rotaia. Ne la rete TEN- T attuale, ne la revisione del 2001 prevedono collegamenti con i principali porti italiani. E' significativo che i tre primi porti italiani in quanto a movimento di container (Genova, Spezia, Livorno) non sono collegati alla rete TEN- T, eppure essi assolvono ad oltre il 60% del traffico container italiano, e ad oltre il 30% di quello di tutta la portualità Mediterranea;
- difendere il collegamento Est-Ovest a Sud delle Alpi (Lione - Torino -Venezia -Trieste -Vienna - corridoio 5), contro la recente introduzione di un nuovo collegamento orizzontale a Nord delle Alpi, che evidentemente taglia fuori l'Italia;
- promuovere il collegamento Nord-sud, dal Centro Europa ai Balcani attraverso I' Adriatico (corridoio 8).
Esaminando con attenzione il tracciato della rete TEN- T che attraversa l'Italia, appare chiaro il disegno comunitario nei confronti del nostro Paese: collegare i centri italiani di produzione e consumo con i porti del Nord, piuttosto che utilizzare la nostra portualità al servizio del Centro Europa. Non a caso il documento di revisione della rete TEN- T parla significativamente dell'esigenza di collegare "le città" italiane, non i porti, e non a caso la connessione ferroviaria Milano - Genova, prevista nella rete italiana ad alta capacità, non è recepita nel documento europeo di revisione della rete. Questo per quanto riguarda I'infrastruttura ferroviaria.
Ma oggi gran parte delle criticità della modalità ferroviaria riguardano la gestione. La riforma della FS S.p.A. si muove nella giusta direzione, e molto ci si attende dall'apertura della gestione al libero mercato. Ma i risultati per ora non si vedono.
La ristrutturazione della FS S.p.A. ha portato ad una improvvisa, doverosa, attenzione ai costi, con il risultato di rendere immediatamente non interessanti per Trenitalia tratte nazionali al di sotto di una soglia di 200-300 km., che fino a ieri venivano gestite dalle FS presumibilmente in perdita. Come conseguenza si è registrato, negli ultimi anni, un paradossale ritrasferìmento su strada di percorrenze già gestite su ferrovia: e si parla qui di treni blocco, non di trasporto diffuso. E i benefici effetti, sulle tariffe, della libera concorrenza non si sono per ora ancora dispiegati, perché gli operatori privati stentano a decollare.
A livello nazionale, la più volte affermata vocazione nazionale alle Autostrade de1 Mare rischia di limitarsi ad un messaggio promozionale, non essendo finora seguita da adeguati provvedimenti legislativi di supporto. In assenza di tali provvedimenti è oggi illusorio pensare di trasferire Su nave qualsiasi trasporto stradale su distanze inferiori ad 800-1000 km. Ciò dipende anche dalla struttura dell'autotrasporto italiano: la frammentazione del settore non induce certo a spezzare il ciclo porta a porta in tre tratte disomogenee, la cui organizzazione complessiva esula dalla capacità di gestione di un piccolo autotrasportatore.
Come più volte osservato, peraltro con scarsi risultati, gli incentivi sul carburante per gli autotreni e non per le navi, l'inadeguata diffusione di strumenti informatici e gli orari di guida incontrollabili spostano le convenienze, i tempi di percorrenza e gli equilibri economici nel senso favorevole alla strada anche per percorrenze di media lunghezza, rendendo di fatto il percorso su strada l'unica alternativa praticabile.
Così come la limitatezza degli interventi infrastrutturali nei porti finalizzati al cabotaggio rende difficile la realizzazione della continuità strada-nave.
A tal fine sarebbe particolarmente auspicabile, va detto per inciso, l'attuazione più volte promessa del decentramento amministrativo e fiscale, che doterebbe, in attuazione dell'art .100 della Legge 342/2000 , i porti di disponibilità finanziarie adeguate per gli interventi infrastrutturali di media portata, quali appunto quelli a supporto dei terminali specializzati per il cabotaggio.
La priorità accordata, anche in sede europea, alle modalità marittima e ferroviaria non deve far trascurare l'importanza della rete autostradale.
Non vi è dubbio infatti che gli investimenti autostradali, massicci negli anni 60 e 70, sono stati da allora praticamente bloccati, e la nostra rete è stata superata da quella degli altri paesi.
AI riguardo va osservato che I' estensione complessiva della rete autostradale italiana - pari a 6.487,3 Km - costituisce il 2% della rete viaria principale, sostenendo circa il 25% della mobilità nazionale.
Inoltre, negli ultimi 20 anni, a fronte di un'espansione della lunghezza totale di rete del 9,5% il traffico autostradale si è più che raddoppiato (+140% circa, con un tasso di incremento riferito al solo traffico merci pari a +135%).
Infine, sono da considerare le previsioni di crescita futura della domanda di mobilità Su strada e autostrada in Europa ed in Italia.
Infatti, pur ipotizzando l'attuazione di interventi di riequilibrio, I' Unione Europea stima entro il 2010 un incremento della domanda di mobilità complessiva pari al 24% per i passeggeri e al 38% per le merci.
Per lo stesso arco temporale il Piano generale dei Trasporti e della Logistica valuta un incremento della domanda di trasporto pari al 33% per i leggeri ed al 28% per i pesanti.
In un quadro di intermodalità, come confermato in un recente documento della Società Autostrade, tale rete assolve la funzione importante di "collettore dell'intermodalità", in quanto le tratte terminali del percorso porta a porta sono, e saranno sempre, in prevalenza Su gomma. In questa nuova concezione della rete autostradale, assumono oggi priorità le tangenziali urbane, le bretelle di interconnessione, i raccordi con porti ed interporti.
Non solo i nodi andrebbero potenziati, ma andrebbe inoltre incentivato lo sviluppo del trasporto intermodale (strada-mare; strada-rotaia-mare; strada-rotaia-aereo), intervenendo sui vincoli che ne impediscono a monte lo sviluppo. Ed in particolare:
- inadeguatezza del sistema logistico;
- difficoltà di accesso ai nodi,
- mancanza di un sistema di gestione degli appuntamenti;
- ridotta integrazione fisica e interazione operativa e funzionale tra reti e nodi;
- diseconomie di scala.
Tutto ciò ad oggi non consente di proporre al mercato servizi di trasporto alternativi al tutto strada che siano affidabili per tempi e garanzia di resa, nonche più vantaggiosi sul fronte dei costi. Azioni coercitive (tariffarie, limitative del diritto alla mobilità, ecc.) sulla domanda, pur opportune, non consentono, in assenza di interventi risolutivi dei vincoti a monte, di raggiungere il risultato dello sviluppo intermodale e del connesso riequilibrio nella ripartizione modale dei traffici.
Anche nel trasporto aereo si presentano già oggi interessanti prospettive di integrazione intermodale terra-aria. Forse più avanti nel tempo si prospetterà anche in Italia I'intermodalità mare-aria, che richiederà tuttavia nuove infrastrutture (magazzini, terminali, distripark) finalizzate all'air-cargo e collocate lungo il percorso porto-aeroporto. Si tenga presente a questo proposito il modello di Singapore, dove già oggi container trasportati via mare vengono aperti e manipolati appena sbarcati, e le merci a magazzino vengono consegnate just-in-time per via aerea. Questo aprirà anche da noi prospettive nuove per gli aeroporti a filo di banchina (Genova, Brindisi, Palermo, ed altri) che, attualmente penalizzati dal limitato traffico passeggeri, potrebbero trovare nel cargo un adeguato sfruttamento delle infrastrutture aeronautiche già esistenti. Non è indispensabile, infatti, né augurabile che gli "hub" cargo coincidano con gli "hub" passeggeri, questi ultimi oggi già prossimi alla saturazione.
Nel trasporto passeggeri, lo sviluppo, relativo al segmento crocieristico, della modalità "fly and cruise" rappresenta un interessante esempio di intermodalità passeggeri, e determina nuove sinergie tra porti e aeroporti.
Anche qui, lo sviluppo di infrastrutture, e di iniziative imprenditoriali, finalizzate ai voli charter consentirebbe ulteriori ricuperi per quegli aeroporti, prossimi atte Stazioni Marittime dei porti principali, oggi scarsamente dotati di collegamenti internazionali di linea.
Si può concludere che la ridistribuzione del traffico aereo su più aeroporti è oggi un tema assolutamente privo di una politica di sostegno, mentre d'altro canto la saturazione degli aeroporti principali è sotto gli occhi di tutti.
b) Sicurezza e tutela dell'ambiente.
Dopo i fatti terroristici dell'11 settembre 2001, il termine sicurezza, fino ad oggi riferito alla "safety" (intesa come tutela dell'incolumità dei lavoratori, degli equipaggi e dei passeggeri) si è rapidamente esteso alla "security" (riferita prevalentemente alla prevenzione degli atti terroristici).
Il primo tema ( Safety) è da tempo oggetto di grandi attenzioni, soprattutto per la parte riferita alla sicurezza della navigazione. La normativa di riferimento (SOLAS, 1974) è stata recentemente riveduta in senso restrittivo dopo l'incidente Erika.
Nel nostro Paese il controllo è affidato al corpo delle Capitanerie di Porto, che lo eseguono con determinazione e competenza: le procedure di Flag State Control sono applicate in Italia con maggiore severità che in ogni altro stato europeo (37,5% di navi ispezionate contro il 25% di percentuale minima).
Più discontinua l'applicazione di standard di sicurezza per quanto attiene il lavoro nei porti. A parte quanto già specificato dalla Legge 626 in tema di sicurezza, non sono prescritte procedure di formazione ed addestramento per nuove assunzioni di lavoratori in porto, pur essendo il lavoro portuale altamente rischioso, e il tema della prevenzione dagli infortuni è in gran parte affidato alla sensibilità della singola Autorità Portuale.
Negli aeroporti emerge, anche a seguito di alcuni recenti e clamorosi 1ncidenti aerei, l'esigenza di dotazioni sempre più complete (radio assistenze e aiuti visivi) ed aggiornate per l'assistenza al volo e al rullaggio.
Sul secondo tema (Security) si è concentrata di recente l'attenzione di governi, enti di normativa internazionale, autorità competenti ed operatori proprio a seguito degli eventi dell'11 settembre.
Con riferimento ai porti, il tema si è sviluppato secondo tre direttrici:
- controllo delle merci nei container. Si tratta di verificare la corrispondenza del contenuto con il manifesto di carico. L'operazione è condotta attraverso l'uso di scanner a raggi X e a raggi gamma, ed ha finalità anche doganali. L'Agenzia delle Dogane ha recentemente acquisito una buona dotazione di scanner, senza prevedere tuttavia adeguati fondi per l'installazione, e procedure per l'impiego. Le apparecchiature, in molti porti, tardano ad entrare in funzione, I controlli a raggi X devono essere intesi come sostitutivi del controllo fisico. Mentre oggi semplicemente si sommano, aggiungendo costi e ritardi;
- controllo di presenze umane illegali all'interno dei container. Il fenomeno, noto come stowaway, è da alcuni anni sotto controllo soprattutto con riferimento alle rotte destinate al Canada. Da un anno, ovviamente, riveste interesse anche ai fini dell'antiterrorismo. Il controllo viene effettuato attraverso sonde ad anidride carbonica. E' necessaria una stretta collaborazione nei porti con le forze di polizia per un controllo territoriale ad area vasta, indispensabile per la. prevenzione;
- controllo dei passeggeri a bordo di navi crociere e traghetti I controlli sono stati intensificati nell'ultimo anno, e prevedono procedure di segregazione, controllo accessi, identificazione, ispezioni su passeggeri e bagagli realizzati con le apparecchiature di uso corrente negli aeroporti. Non esistono fino ad oggi procedure vincolanti per il controllo dei passeggeri a terra (metal detector e raggi X non sono obbligatori nei porti), e a bordo dei traghetti non sono richiesti titoli di viaggio nominativi per ogni passeggero. Mentre da un lato la sicurezza è scarsamente gestita, viceversa è chiarissimo quale potrebbe essere l'effetto devastante di un solo atto terroristico a bordo di una nave (l'attentato Achille Lauro, pur con una sola vittima, aveva dimezzato il traffico crocieristico nei tre anni successivi all'evento).
Questi temi stanno rappresentando una vera rivoluzione all'interno della portualità europea, ed italiana in particolare, soprattutto a seguito di iniziative del dipartimento delle dogane degli Stati Uniti (C.S.I.: Container Security Initiative ). La Comunità Europea è stata lenta nel reagire così come i governi di alcuni paesi membri.
E' indispensabile un'azione energica da parte del Governo Italiano per una gestione autonoma, anche se coordinata in sede comunitaria, di un problema che non è delegabile al governo di paesi terzi. Assoporti ha ripetutamente sollecitato interventi finanziari a sostegno degli investimenti che i porti dovranno comunque effettuare nell'immediato futuro; in assenza di fondi adeguati sarà impossibile far fronte in tempi brevi ai requisiti di sicurezza imposti a livello internazionale, con rischi di emarginazione dei nostri porti dai traffici con gli Stati Uniti.
Per questi motivi diviene di giorno in giorno più importante la costituzione di un'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima. A questo proposito non si può non ricordare la presenza di una candidatura italiana come sede di tale Agenzia. Non sembra tuttavia che il Governo Italiano dedichi sufficiente attenzione alla difesa di tale candidatura (Genova) di fronte ad alternative di altri paesi (Lisbona, Nantes, Pireo), o di fronte all'ipotesi ancora più preoccupante della creazione di una sede temporanea a Bruxelles, che potrebbe divenire definitiva.
Da poche settimane è scaduto il termine per la ricerca di personale awiata dalla Comunità Europea per la posizione di direttore generale dell'agenzia temporanea. Quindi i giochi sono quasi fatti, e nessuno da parte nostra sembra preoccuparsene.
Sempre in tema di sicurezza, suscita perplessità la proposta di riformare I'ENAC nel senso di affidare 1a direzione degli aeroporti alle società di gestione anche per le funzioni, di tipo spiccatamente pubblico, che riguardano la sicurezza. Sorprende soprattutto il fatto che ciò venga proposto nello stesso momento in cui si caldeggia, e gradualmente Si realizza, la privatizzazione degli aeroporti. Come pure sorprende la delega, affidata alle società di gestione, dei controlli aeroportuali sui passeggeri, delega che oggi non esclude la possibilità di subappalto a soggetti terzi, con gare al ribasso; con il rischio di tramutare la gestione della sicurezza in occasione commerciale, senza alcun vincolo di reinvestire il margine, oggi largamente positivo, tra tassa pubblica e costo del servizio privato in opere di miglioramento della sicurezza.
Nel libro bianco della Commissione Europea (European Transport policy for 2010: time to decide) il tema dell'ambiente è centrale. Si propone addirittura, come nuovo criterio di confronto tra modalità diverse di trasporto, il costo marginale sociale relativo a ogni modalità.
Tale costo consente di aggiungere al costo diretto (che per inciso è l'unico su cui si basano i confronti nel nostro Paese) le componenti dei costi infrastrutturali e dei costi esterni. In questi ultimi dovrebbero essere inclusi gli effetti, della modalità di trasporto considerata, sull'inquinamento, sui cambiamenti climatici, sul rumore, sugli incidenti e sulla congestione. Questo criterio appare non facile da applicare.
Ciò in considerazione soprattutto del peso estremamente rilevante che ha l'autotrasporto sulle brevi e medie percorrenze, ossia proprio su quei percorsi che vanno dall'origine al terminale ferroviario, portuale o intermodale, e da questo a destinazione. In realtà, senza queste percorrenze stradali non si alimenterebbero i nodi e quindi le modalità alternative ed il trasporto intermodale.
Peraltro, la logica dello sviluppo sostenibile è un obiettivo da perseguire con coerenza e forte impiego di risorse finanziarie, in quanto attraversa tutto il sistema produttivo e distributivo e non può essere utilizzato in un'economia di mercato come fattore distorsivo delle condizioni di concorrenzialità fra imprese di trasporto. Ciò soprattutto in un contesto evolutivo del comparto trasporti caratterizzato da politiche di liberalizzazione e di privatizzazione di reti e servizi (a partire dalle ferrovie), fino a qualche anno fa di proprietà esclusivamente pubblica.
c) Nuove tecnologie.
La natura essenzialmente interdisciplinare del processo logistico crea in ogni passaggio, tra modalità diverse e tra soggetti distinti, occasioni di ritardi, errori e inefficienze. Un'ulteriore aggravante è rappresentata dalla frammentazione del tessuto imprenditoriale, evidentissima nell'autotrasporto ma presente in misura sensibile anche nel mercato delle stesse imprese logistiche, la cui dimensione in Italia è almeno di un fattore dieci inferiore alle corrispondenti imprese europee.
Incentivi alla concentrazione per le imprese di trasporto sono stati predisposti da alcuni anni, mentre nel settore logistico stentano a decollare, in Italia, iniziative trainanti da parte di ferrovie e poste, che all'estero rappresentano i punti di aggregazione delle imprese logistiche, ed i leader incontrast9ti del settore. Cospicui processi di concentrazione, d'altra parte, sono in atto in tutti i segmenti della catena logistica.
In un quadro imprenditoriale destinato quindi a mantenersi, in Italia, frammentato ancora per molti anni, potrebbe giocare un ruolo fondamentale "informatizzazione del processo logistico. Ogni passaggio di mano della merce comporta un trasferimento di documenti: se il processo è effettuato manualmente, l'incidenza degli errori può riguardare fino al 70% (indagine Infotransport ) dei documenti generati, rendendo praticamente impossibile la corretta gestione dei flussi.
Appunto l'Associazione Infotransport, di cui a giorni si celebra il decennale, ha svolto un'azione pionieristica nel settore. Per le merci, la proposta di adottare in sede nazionale il "Cargo Community System" con procedure compatibili tra porti, aeroporti ed interporti consentirebbe, nell'opinione dell'Associazione, un salto di qualità nei tempi e nei costi del processo logistico, soprattutto in assenza di altre forme di coordinamento funzionale tra soggetti.
L'Architettura Nazionale prevista dal Piano Generale dei Trasporti e della Logistica si muove in questa direzione, ma non è chiaro quale effetto concreto possa produrre verso la standardizzazione di procedure e processi.
Nuove tecnologie sono in fase di applicazione anche nel progetto e nella costruzione di nuove navi destinate soprattutto al cabotaggio. In questo settore, l'ultimo decennio ha visto una autentica rivoluzione nella concezione delle navi traghetto, con l'avvento dei cruise-ferries, e degli HSC (High Speed Crafts). La velocizzazione della tratta marittima è fondamentale, per quanto anticipato in premessa, per la competizione con la strada: oggi sembra difficile aumentare le velocità senza incorrere in negative ripercussioni sul costo del carburante, e quindi sulla competitività della tratta marittima. Ma anche qui è un problema di scelte politiche, e di adeguati strumenti di riequilibrio che potrebbero, se adottati, assorbire i maggiori costi della velocità.
d) Una base logistica per l'Europa.
Alcune delle considerazioni già esposte al punto a) e uno sguardo alla configurazione geografica del nostro Paese ed alla sua collocazione rispetto all'Europa consentono di definire alcune linee guida di un piano logistico nazionale, integrato in un contesto europeo.
Se infatti è innegabile fino ad oggi la prevalenza, negli interscambi dell'Europa con il resto del mondo, del polo logistico nordeuropeo (Olanda, Belgio e Germania Occidentale) che trae dai porti di Rotterdam, Anversa, Amburgo e dall'aeroporto di Amsterdam-Schiphol i suoi punti di forza, è peraltro difficilmente concepibile un'Europa che a medio termine si alimenti da un solo accesso, oltre tutto concentrato in un'area ridotta e sempre più congestionata.
E' più logico e verosimile traguardare una struttura logistica a più poi i, che consenta di fornire alternative e di adeguarsi a volumi di traffico crescenti.
Se poi si considera che l'interscambio con l'oltre Suez ormai eguaglia, per l'Europa, i flussi di traffico da e per le Americhe, e per giunta cresce rispetto a queste con velocità più che doppia, si comprende come un'alimentazione dell'Europa da Sud, cioè dal Mediterraneo, diventi ogni giorno più strategica.
Senza quindi togliere nulla al primato del polo nordeuropeo, difficilmente contestabile nel breve termine, è logico pensare che il secondo nodo di una struttura multipolare debba collocarsi nel Sud-Europa, in posizione non troppo fuori - asse rispetto al centro europeo, e vicina ai principali porti mediterranei. Tra questi porti, Barcellona e Marsiglia appaiono decentrati, Pireo è addirittura tagliato fuori dalla inadeguatezza del collegamento terrestre, mentre assumono un ruolo essenziale i porti italiani del nord Adriatico e soprattutto del nord Tirreno. Tenendo conto della presenza di interporti di primo livello e di aeroporti-cargo di grandi prospettive (Malpensa e Montichiari), nonché di un bacino di utenza di buone proporzioni (l'area di produzione/ consumo del Nord Italia, della Svizzera, Austria e Germania del Sud), la candidatura del nostro Paese per presentarsi all'Europa come accesso privilegiato da Sud appare più che legittima.
Altri elementi rafforzano questo obiettivo: i porti di trasbordo a centro Mediterraneo (Gioia Tauro, Taranto, Brindisi, Cagliari e Malta) uniti da servizi feeder che percorrono le Autostrade del Mare tirrenica ed adriatica, rappresentano un sistema integrato che convoglia nei porti del Nord Italia quote crescenti del traffico transoceanico.
Questo concetto di Polo Logistico Sud-europeo appare oggi sempre più ampiamente condivisibile, anche se come obiettivo dichiarato è tuttora assente dal Piano Generale dei Trasporti e della Logistica.
Interventi indispensabili a tal fine sono:
- integrazione, già ricordata, della rete ferroviaria nazionale con la rete TEN- T, soprattutto con riferimento ai valichi alpini, al terzo valico Appenninico e linea Pontremo1ese, alle linee costiere ligure ed adriatica;
- liberalizzazione delle gestioni ferroviarie, con le attese ripercussioni sulla tariffazione, sulla puntualità, e sulla affidabilità del servizio merci;
- politica di sostegno al'o sviluppo e alla concentrazione di imprese logistiche nazionali, oggi frammentate e, quel che più preoccupa, in gran parte acquisite da grandi gruppi logistici internazionali con interessi nell'area Nord Europea;
- ulteriore potenziamento dei porti;
- sviluppo degli interporti nei pressi dei nodi urbani, e di distripark nelle vicinanze dei porti;
- chiara individuazione degli aeroporti "hub" per il cargo aereo.
E' opportuno riprendere alcuni dei punti sopra accennati. Anzitutto i distripark. In un recente documento Federcorrieri è stata giustamente sottolineata l'esigenza di individuare aree ad hoc per l'edilizia agevolata per magazzini e capannoni di manipolazione e stoccaggio. A rigore non sarebbe neppure strettamente necessario prevedere facilitazioni economiche: sarebbe già sufficiente riservare tali aree a livello di destinazione urbanistica nei rispettivi piani regolatori. Nella prossimità di porti e aeroporti non nasceranno mai distripark, se continuerà ad essere consentita agli operatori immobjliari la disponibilità di alternative più redditizie. Ancora oggi preziose aree in prossimità di scali di prima grandezza sono oggetto di operazioni immobiliari urbanisticamente discutibili, e supermercati, centri commerciali e multisale prosperano nelle immediate adiacenze di centri logistici che non possono estendersi per mancanza di spazio.In secondo luogo la dimensione, e la proprietà azionaria, dei gruppi logistici nazionali. Negli ultimi cinque anni le tre principali aziende logistiche italiane sono passate di mano, e due sono state acquisite da colossi del settore con sede nel Nord Europa. E' difficile immaginare che tali gruppi investano risorse ed energie per ricollocare nei porti Mediterranei flussi di traffico da decenni dirottati, spesso con percorsi allungati, sui porti del Nord. Tali decisioni Sono in genere nelle mani di grossi gruppi industriali ( caricatori/ricevitori) o di grandi imprese logistiche: e ambedue le tipologie scarseggiano nel nostro Paese.
Eppure le prospettive di un forte ricupero del Mediterraneo sono a portata di mano, e le tendenze macroeconomiche sono a favore di tale ricupero.
Infine, il potenziamento dei porti. La portualità concorrente, non solo nordeuropea, ma anche Mediterranea (si pensi a Marsiglia-Fos, o a Barcellona-Llobregat), dispone di ampie aree di espansione.
In Italia, i progetti di riempimenti previsti nei piani regolatori portuali sono osteggiati da una crescente opposizione locale che diviene, di giorno in giorno, sempre più attenta alle giuste esigenze ambientali, ma sempre più insensibile alle ricadute positive, economiche ed occupazionali, delle attività logistiche sul territorio circostante. I dragaggi sono anch'essi osteggiati nella maggioranza dei porti italiani, e le autorizzazioni sono rallentate e molte volte negate.
E' superfluo sottolineare che, se si intende proseguire nella rincorsa ai porti del Nord, non è ammissibile fermarsi alle strutture portuali attuali. Strumenti, quindi, del tipo previsto nella Legge Obiettivo devono applicarsi anche alle opere di attuazione dei piani regolatori portuali, per snellire i processi autorizzativi e le procedure di gara.
In conclusione: la logistica rappresenta, nel costo finale del prodotto, una percentuale variabile dal 13% (mezzi di trasporto) al 23% (tessili) con punte del 31% negli alimentari, secondo fonti Confetra. Rappresenta quindi uno strumento strategico per la competitività dei nostri prodotti al momento della loro distribuzione al cliente finale. Il sistema-Paese, quindi, non può più fare a meno di una logistica moderna ed efficiente.
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