La Commissione Europea ha chiesto oggi formalmente all'Italia di conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia europea del giugno 2000 riguardante gli ostacoli all'attività degli spedizionieri. Secondo la Corte, infatti, la normativa italiana è incompatibile con la libera prestazione dei servizi in seno all'Unione europea.
La legge italiana n. 1442 del 1941 - ha ricordato Bruxelles - è stata censurata dalla Corte di giustizia nella sentenza dell'8 giugno 2000 (C-264/99), riportata di seguito, perché esige dai cittadini comunitari che esercitano l'attività di spedizionieri in Italia l'iscrizione all'albo professionale presso le Camere di Commercio, previa autorizzazione del ministero dell'Interno.
«Se l'Italia ha abolito questa seconda condizione, discriminatoria anche dal punto di vista della libertà di istituzione - ha spiegato l'esecutivo europeo - non ha invece eliminato l'obbligo di iscrizione all'albo italiano, che costituisce un ostacolo alla prestazione di servizi da parte degli operatori comunitari».
Non avendo ricevuto una risposta soddisfacente ad una sua precedente lettera informativa, ora la Commissione ha emesso un parere motivato con cui ha invitato formalmente l'Italia a modificare la propria legislazione. Se anche questo ultimo passo procedurale non darà alcun esito, l'Italia potrà essere deferita alla Corte di giustizia che potrà imporre sanzioni pecuniarie.
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) 8 giugno 2000 (lingua processuale: italiano) «Inadempimento di uno Stato - Artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE -
Attività di spedizioniere svolta da operatori stabiliti in altri Stati membri - Normativa nazionale che richiede l'iscrizione nel registro delle imprese»
Nella causa C-264/99,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata da signor A. Aresu e dalla signora M. Patakia, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso signor C. Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor I.M. Braguglia, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,
convenuta,
avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, mantenendo una normativa che esige dai cittadini comunitari che esercitano l'attività di spedizioniere in Italia in qualità di prestatori di servizi l'iscrizione all'albo specifico presso le camere di commercio, e questo previa autorizzazione del Ministero dell'Interno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE,LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dai signori D.A.O. Edward (relatore), presidente di sezione, A. La Pergola e H. Ragnemalm, giudici, avvocato generale: S. Alber cancelliere: R. Grass
vista la relazione del giudice relatore, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 febbraio 2000, ha pronunciato la seguenteSentenza
- Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 16 luglio 1999, la Commissione delle Comunità europee ha presentato, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, mantenendo una normativa che esige dai cittadini comunitari che esercitano l'attività di spedizioniere in Italia in qualità di prestatori di servizi l'iscrizione all'albo specifico presso le camere di commercio, e questo previa autorizzazione del Ministero dell'Interno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE.
Le disposizioni nazionali controverse
- La legge italiana del 14 novembre 1941, n. 1442 (GU del Regno d'Italia n. 6 del 9 gennaio 1942), nella sua versione vigente al momento della fase precontenziosa del procedimento, istituisce elenchi di autorizzazione degli spedizionieri.
- L'art. 4 della legge n. 1442 impone ad ogni persona fisica o società che eserciti l'attività di spedizioniere di iscriversi all'albo specifico tenuto dalla camera di commercio territorialmente competente. L'art. 6 della legge n. 1442 precisa le modalità della domanda di iscrizione e dispone in particolare che per le imprese e società straniere o, più in generale, per le imprese rappresentate da cittadini stranieri, il richiedente debba produrre l'autorizzazione del Ministero dell'Interno.
La fase precontenziosa del procedimento
- La Commissione, ritenendo che gli artt. 4 e 6 della legge n. 1442 siano incompatibili con il diritto comunitario, ha comunicato al governo italiano, con lettera di costituzione in mora del 17 giugno 1997, i suoi addebiti, invitandolo a presentare le proprie osservazioni al riguardo entro due mesi a decorrere dal ricevimento della predetta lettera.
- Con lettera del 22 agosto 1997 il governo italiano ha risposto alla Commissione. Quest'ultima, avendo trovato insoddisfacente la risposta del governo italiano, ha emesso, il 18 maggio 1998, un parere motivato, con cui ha invitato la Repubblica italiana ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro due mesi a decorrere dalla notifica.
- Ritenendo insufficiente la risposta del 16 marzo 1999 del governo italiano al parere motivato, la Commissione ha introdotto il presente ricorso.
Nel merito
Argomenti delle parti
- Nel ricorso la Commissione sostiene che la legge n. 1442 viola i principi stabiliti dagli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE.
- Essa rileva che, anche se l'obbligo di iscrizione non è direttamente discriminatorio, esso costituisce un ostacolo, per l'operatore economico stabilito in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana, all'esercizio della sua attività in quest'ultimo Stato. Poiché l'esercizio dell'attività di spedizioniere da parte di chi non sia iscritto all'albo è passibile di sanzioni penali (art. 2 della legge n. 1442), ne risulterebbe chiaramenteche si tratta di una condizione essenziale per lo svolgimento di tale attività nel territorio italiano.
- Ora, secondo la Commissione, da una giurisprudenza costante risulta che l'art. 49 CE esige non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi a motivo della sua cittadinanza, ma altresì la soppressione di qualsiasi restrizione, anche se applicata indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da turbare le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro in cui fornisce legittimamente servizi analoghi (v. sentenze 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger, Racc. pag. I-4221). In particolare, uno Stato membro non potrebbe subordinare l'esecuzione della prestazione dei servizi nel suo territorio all'osservanza di tutte le condizioni richieste per lo stabilimento, perché altrimenti priverebbe di ogni effetto utile le disposizioni del Trattato destinate a garantire la libera prestazione dei servizi (v. sentenza 26 febbraio 1991, causa C-180/89, Commissione/Italia, Racc. pag. I-709).
- La Commissione aggiunge che l'art. 6 della legge n. 1442, che precisa le modalità della domanda di iscrizione, è incompatibile con i principi fondamentali stabiliti dagli artt. 12 CE e 43 CE.
- Nel controricorso il governo italiano non contesta questi addebiti e fa presente che sono in preparazione nuove disposizioni nazionali che dovranno entro breve far cessare la materia del contendere.
Giudizio della Corte
- E' pacifico, cosa che il governo italiano non contesta, che gli artt. 4 e 6 della legge n. 1442 ostacolano l'attività di spedizioniere esercitata da cittadini comunitari in Italia.
- Anche se non si può escludere che tali ostacoli possano, a talune condizioni, essere giustificati da motivi imperativi di interesse generale, né dal controricorso del governo italiano né dagli altri documenti del fascicolo risultano tali motivi che potrebbero, nella fattispecie, essere fatti valere.
- Pertanto, occorre constatare che la Repubblica italiana, mantenendo una normativa che esige dai cittadini comunitari che esercitano l'attività di spedizioniere in Italia in qualità di prestatorie di servizi l'iscrizione all'albo specifico presso le camere di commercio, e questo previa autorizzazione del Ministero dell'Interno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE.
Sulle spese
- Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana che è risultata soccombente, quest'ultima va condannata alle spese.
Per questi motivi,LA CORTE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
- La Repubblica italiana, mantenendo una normativa che esige dai cittadini comunitari che esercitano l'attività di spedizioniere in Italia in qualità di prestatori di servizi l'iscrizione all'albo specifico presso le camere di commercio, e questo previa autorizzazione del Ministero dell'Interno, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 12 CE, 43 CE e 49 CE.
- La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Edward La Pergola Ragnemalm
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'8 giugno 2000.
Il cancelliere R. Grass | Il presidente della Quarta Sezione D.A.O. Edward |
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