Lunedì scorso nella Sala Antonio d'Amico della sede di Confitarma a Roma si è svolto il seminario dal titolo "The International Liability and Compensation Regimes for Oil, Bunker and Hazardous and Noxious Substances (HNS) Pollution", organizzato da Assocostieri, Confitarma e Unione Petrolifera col supporto della presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri degli Affari esteri, delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Ambiente.
L'incontro è stato incentrato sulle responsabilità e il risarcimento per i danni d'inquinamento da idrocarburi e sostanze chimiche pericolose conseguenti da sversamenti del carico durante il trasporto marittimo.
Scopo del seminario - ha spiegato Confitarma - è stato quello di fornire ai rappresentanti delle imprese italiane una panoramica sullo stato dell'arte delle convenzioni internazionali relative alla responsabilità civile e al risarcimento di danni derivanti da inquinamento di idrocarburi e sui temi collegati alla ratifica della convenzione HSN (Hazardous and Noxious Substances) e di quella riguardante l'inquinamento provocato dal bunker (combustibile di bordo).
L'incontro ha dato la possibilità alle industrie del trasporto marittimo, petrolifera e dei depositi costieri di incontrare Måns Jacobsson, direttore dell'International Oil Pollution Compensation Fund (IOPC Fund), organizzazione internazionale che provvede al risarcimento per danni d'inquinamento da petrolio derivanti dal trasporto marittimo.
Aprendo i lavori, Giuseppe Bottiglieri, presidente della Commissione navigazione oceanica di Confitarma, ha ricordato che gli armatori italiani negli ultimi cinque anni hanno attivato investimenti per oltre 11.500 milioni di euro per il rinnovo della flotta, che è oggi la più giovane e sicura tra quelle europee e mondiali: oltre il 60% del naviglio italiano è sotto i dieci anni di età ed oltre il 40% ha meno di cinque anni. Gran parte della flotta mondiale - ha rilevato - si è messa sulla strada intrapresa dagli italiani, tanto che ormai si concludono contratti di costruzione di navi solo per consegne nel 2009.
Il ministro plenipotenziario Massimo Leggeri, vice-direttore della cooperazione economica e finanziaria internazionale del ministero degli Affari esteri, ha sottolineato l'importanza di questi contatti tra operatori italiani ed enti internazionali. Ha messo in luce come gli interventi risarcitori e le spese di gestione dei Fondi gravano su trasportatori e ricevitori di prodotti petroliferi dei Paesi associati, in ragione dei quantitativi sbarcati in ciascuno di essi. I principali importatori sono quindi anche i maggiori contribuenti: il primo è il Giappone (circa 20%), seconda l'Italia (oltre il 10%), terza la Corea (poco meno del 10%), seguono Paesi Bassi, India, Francia, Canada, Regno Unito e poi gli altri importatori. L'amministrazione italiana - a detta del ministro - trova assolutamente impeccabile il funzionamento del Fondo che consente un risarcimento dei danni rapido e soddisfacente, ma darebbe il benvenuto ad una riforma del sistema di finanziamento, che coinvolga anche altri soggetti potenziali responsabili dei sinistri. L'Italia è in regola per quanto riguarda il regime degli inquinamenti da petrolio, anche se per il Fondo supplementare del 2003, che porta il massimale ad un miliardo di euro, manca ancora il deposito dello strumento di ratifica. Più arretrata la situazione per il trasporto di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (HSN Convention), di particolare interesse per il nostro Paese, vista l'intensità del traffico di tali sostanze nel Mediterraneo ed i rischi connessi.
La relazione di Måns Jacobsson sull'attuale soddisfacente situazione dei regimi di risarcimento per i danni da petrolio, è stata seguita dagli interventi di Chao Wu, direttrice degli Affari legali della Thomas Miller Ltd, sull'applicazione della convenzione Bunker, di Catherine Grey, capo delle relazioni esterne degli IOPC Fund, che ha parlato della convenzione HNS e Anne Rose Lambers che ha espresso il punto di vista dell'associazione europea dell'industria chimica (CEFIC).
Il dibattito si è sviluppato poi soprattutto sulla opportunità di una revisione della ripartizione delle responsabilità e dei risarcimenti nel quadro del regime CLC/IOPCF, che prevede tre livelli di responsabilità ripartiti tra l'armatore della nave e i ricevitori di petrolio.
Franco Del Manso, a nome dell'Unione Petrolifera, nel condividere integralmente l'esigenza di assicurare il più idoneo risarcimento a tutti i soggetti che hanno direttamente o indirettamente subito un danno da uno sversamento di idrocarburi, ha sottolineato l'esigenza di una revisione delle attuali convenzioni con l'obiettivo di pervenire ad una ripartizione più equilibrata dei contributi al Fondo tra tutti i soggetti coinvolti (armatori e società di assicurazioni in particolare) nelle operazioni di movimentazione degli idrocarburi via mare. Unione Petrolifera ha auspicato pertanto la prosecuzione dei lavori in ambito IMO del Gruppo di Lavoro sul Fondo IOPC ed è disponibile ad individuare soluzioni condivise nel sistema industriale italiano, che consentano di migliorare la sicurezza nei trasporti marittimi di petrolio, favorendo l'eliminazione di navi sub-standard e stimolando comportamenti virtuosi nel campo della prevenzione degli inquinamenti in tutti i soggetti coinvolti. Comportamenti che gli operatori petroliferi già adottano da tempo in via del tutto autonoma.
La posizione dell'armamento è stata illustrata, oltre che da Giuseppe Bottiglieri, da Giorgio Medi e Marco Novella, che hanno sostenuto l'opportunità che l'attuale regime di ripartizione, recentemente modificato in modo profondo (i massimali di responsabilità sono stati incrementati del 50% ed è stato introdotto un terzo livello per gli incidenti maggiori che consente risarcimenti fino a un miliardo di euro), venga sperimentato prima di metterne allo studio una revisione. L'industria armatoriale ha messo in evidenza come in caso di sinistro sia colpito anzitutto direttamente l'armatore della nave, mediante un innalzamento dei premi di assicurazione per tutta la sua flotta, mentre la quota eccedente la responsabilità dell'armatore è ripartita tra tutti gli oil receiver, sulla base quindi di un meccanismo mutualistico. La limitazione di responsabilità dell'armatore, stabilita dalle convenzioni, peraltro, si applica solo in caso di totale assenza di colpa, avendosi nel caso contrario una sua responsabilità illimitata. D'altra parte, sarebbe più indicato per la ripartizione tra gli oil receiver tener conto non solo delle quantità di petrolio ricevute, ma anche delle distanze che queste hanno coperto, adottando il parametro delle tonnellate-miglia, utilizzato per molte statistiche di trasporto. Né si comprende perché i proprietari del carico o i caricatori debbano essere completamente esclusi.
Per il mondo assicurativo, Chao Wu, ha messo in evidenza come una sua revisione verosimilmente comporterebbe una frammentazione del sistema IOPC tra vecchie e nuove convenzioni e scoraggerebbe l'adesione di nuovi importanti importatori di petrolio, come la Cina.
Assocostieri, ha avuto modo di ribadire la posizione già espressa dalla Federazione Europea delle Associazioni dei depositi costieri europei (FETSA) sul termine "ricevitore", che non può identificarsi con il deposito ricevente, il quale, nel caso degli impianti aderenti all'Assocostieri, svolge prevalentemente attività di stoccaggio e movimentazione per conto terzi e, quindi, non è proprietario della merce: quest'ultimo che dovrebbe invece ritenersi il vero "oil receiver".
Massimo Provinciali, direttore generale del ministero delle Infrastrutture e trasporti, ha affermato che quanto è stato fatto dopo i casi d'inquinamento conseguenti all'affondamento delle navi
Erika e
Prestige ha determinato una nuova concezione della sicurezza marittima ed una profonda modifica normativa in merito. E' forse opportuno, prima di procedere alla definizione di ulteriori cambiamenti, verificare per un congruo periodo di tempo i risultati che scaturiranno in applicazione delle nuove norme internazionali in materia. L'insieme delle iniziative intraprese dall'Italia in questi anni, a livello nazionale ed internazionale, costituirà la base che consentirà agli imprenditori italiani di rendere il trasporto marittimo nazionale sempre più competitivo e sicuro a livello mondiale.
Patrizia De Angelis, del ministero dell'Ambiente, ha sottolineato l'esigenza di una rapida applicazione delle misure relative all'inquinamento da bunker e sostanze pericolose, al fine di una maggiore sensibilizzazione degli operatori e delle autorità competenti per una più efficiente protezione dell'ambiente marino.
Gaetano Martinez ha ricordato che l'azione di controllo e prevenzione svolta dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto è finalizzata ad individuare ed eliminare dai porti nazionali il traffico mercantile sub-standard, cioè quello svolto con navi non conformi ai requisiti fissati dalle maggiori convenzioni internazionali in materia di sicurezza della navigazione. L'Italia è, tra i Paesi aderenti al Paris MoU, quello che effettua il maggior numero di ispezioni e impone il maggior numero di fermi-nave nell'ambito dell'attività di controllo delle navi straniere da parte dello Stato d'approdo.Infine l'ambasciatore Francesco Mezzalama, rappresentante del governo italiano presso l'IOPC Fund, ha ricordato la necessità di stringere i tempi di ratifica delle convenzioni HSN e Bunker, per estendere anche a questi prodotti un sistema, quale quello previsto per il petrolio, che sta dando buona prova ed ha consentito risarcimenti rapidi ai danneggiati. Inoltre, pur rilevando la difficoltà di ottenere un consenso internazionale su alcune di esse, ha preso atto delle indicazioni delle imprese ai fini della determinazione della posizione italiana, sinora orientata verso una revisione del sistema, nell'assemblea dell'IOPC Fund che si svolgerà a Londra nella seconda parte di ottobre.