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La confluenza dell'Ipsema in altri enti previdenziali non sarebbe indolore
Lo ha detto il presidente dell'istituto Parlato, spiegando che tale iniziativa non apporterebbe alcun risultato positivo al risanamento dei conti pubblici
11 gennaio 2008
Oggi nel corso di un convegno promosso dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’Ipsema (Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo) e incentrato sul progetto di riordino degli enti previdenziali, che è in agenda della politica e delle parti sociali ormai da molto tempo, il presidente dell'istituto, Antonio Parlato, ha detto che, «anche nel caso di una formazione di un polo cosiddetto assicurativo, la specificità e la normativa che riguardano l’Ipsema non ne permetterebbero la confluenza indolore in altri enti, e comunque per la sua dimensione ridotta, in quanto altamente specializzato, l’istituto non apporterebbe alcun risultato positivo al risanamento dei conti pubblici». «La specificità dell’istituto - ha spiegato Parlato - risiede soprattutto nella peculiarità del lavoro marittimo. E mi riferisco non solo agli aspetti particolari che contiene il lavoro marittimo, ambiente nel quale esso si svolge, atipicità e periodicità, particolari norme contrattuali. Legando insieme questi elementi, infatti, si ottiene una rete che forma un sistema rispetto al quale la specificità non assume soltanto la funzione di assicurare ma diventa anche prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Di conseguenza la specificità dell’istituto deriva anche dalla specializzazione per esempio del suo personale nel tutelare una particolare forma di lavoro che ha un sistema completamente differenziato nelle tipologie di ruolo e di contratti».
«I motivi che sono alla base della difficile integrazione dell’Ipsema con altri enti similari - ha sottolineato anche il direttore generale dell'istituto, Palmira Petrocelli - risiedono soprattutto nelle funzioni trattate dall’istituto non assimilabili a quelle funzioni “analoghe o complementari” svolte da altri enti assicuratori in particolare l’INAIL. La specificità infatti dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali dei marittimi è stabilita da un complesso quadro normativo che si differenzia profondamente da altre forme di assicurazione. Non è un caso che da oltre un secolo si applicano normative sociali separate per la gente di mare in vista della particolarità del loro lavoro e della loro condizione. Del resto anche in ambito europeo si tende a conservare questi istituti pubblici a tutela dei lavoratori marittimi».
L’ultima decisione sul progetto di riordino degli enti previdenziali, in attesa della redazione del piano industriale affidato agli advisor Mc Kinsey e Roland Berger e annunciato per fine gennaio - ha ricordato l'Ipsema - è stata la proroga dei vertici degli enti fino a luglio non escludendo però ipotesi di una gestione straordinaria, con la nomina di un supercommissario e di alcuni subcommissari. E, con questo, che si proceda sulla strada di un mega accorpamento che punti ad un ente unico che controlli il polo previdenziale e quello assicurativo e che, di conseguenza, porti ad un'unificazione della previdenza dei lavoratori privati e di quelli pubblici. L’altra ipotesi sul tappeto prevede la creazione di due poli distinti, assicurativo e previdenziale, il progetto prevede anche la riforma del modello attuale di governance degli enti.
«Il tema del riordino degli enti previdenziali - ha rilevato il presidente del CIV dell'Ipsema, Giancarlo Fontanelli - è costantemente al centro del dibattito politico e forse è arrivato alla sua fase finale. Siamo in attesa infatti del piano industriale che chiarirà i confini del progetto di razionalizzazione, piano che il governo ha affidato a due importanti società di consulenza esterne gli advisor e che, molto probabilmente, motiveranno le decisioni prese, da tempo, dall’esecutivo. Di conseguenza risulta azzerato il lavoro svolto in questi mesi dalla Commissione Bicamerale Enti di Previdenza e soprattutto risulta sorprendente la decisione di ignorare i contributi di conoscenza di coloro che hanno governato il mondo della previdenza in questi anni». «Anche l’obiettivo di fare economia di gestione è abbastanza dubbio - ha aggiunto - il disegno di unificazione degli enti quale strumento per realizzare tagli di spesa nel settore previdenziale prevede, infatti, nei piani del governo risparmi per 3,5 miliardi di euro attesi però dopo ben 10 anni; nell’immediato invece i costi della fusione sarebbero più alti del normale funzionamento. Rendere omogenee infatti realtà diverse richiede un realistico sforzo finanziario relativo al nuovo assetto organizzativo o al necessario dialogo informatico».
Intervenendo al dibattito, il presidente della Commissione Lavoro e previdenza sociale del Senato, Tiziano Treu, ha ammesso che «c'è ancora molta incertezza su quello che sarà l'assetto finale del sistema previdenziale, d'altra parte - ha spiegato - l'incertezza riflette anche il quadro politico attuale che vedo molto complicato. Personalmente credo anche che è l'intero sistema dell'organizzazione sociale ad essere in crisi e credo anche che il controllo della sicurezza sul lavoro sia stato un errore affidarlo alle regioni. Tutta la riorganizzazione degli enti è strumentale a questo e dunque il punto non è il solo risparmio da ottenere». Sulla questione del progetto di riordino - ha detto Treu - «l'idea di mettere insieme tutto sia abbandonata, la semplice fusione la ritengo pericolosa, mentre le due grandi aree intorno alle quali conservare le peculiarità, le specificità di tutti mi sembra invece un obiettivo realizzabile».
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