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Il 2067, l'era dell'estinzione degli spedizionieri e delle portacontainer autonome da 50.000 teu
Un rapporto di McKinsey ipotizza uno scenario rivoluzionato dalle tecnologie digitali
24 ottobre 2017
Fantascienza? Forse. Ma chi può prevedere con certezza che quanto ipotizzato dalla società internazionale di consulenza McKinsey & Company tra cinquant'anni non sarà realtà, ovvero che il trasporto via mare delle merci avverrà su portacontainer in grado di imbarcare 50.000 contenitori da 20', vale a dire più del doppio della capacità delle più grandi navi di questo tipo che attualmente fanno parte della flotta mondiale e che molti ritengono che già oggi determinino rigidità e problemi alla catena logistica anziché produrre sinergie e consentire un contenimento dei costi. Per di più, si immagina che tra mezzo secolo i mari potranno essere solcati da navi da 50.000 teu prive di equipaggio, unità a conduzione autonoma di cui oggi si sta sperimentando l'impiego suscitando reazioni di biasimo o approvazione tra coloro che ritengono impossibile oppure fattibile utilizzare portacontainer completamente automatizzate.
Nell'ultimo rapporto di McKinsey dal titolo “Container shipping: the next 50 years” elaborato da Steve Saxon e Matt Stone si ricorda che nel ormai lontano 1967 la British Transport Docks Board (BTDB) commissionò alla McKinsey di valutare uno dei più recenti sviluppi delle tecniche di trasporto marittimo, un'innovazione proveniente dall'America: quella dei container. Quell'anno erano già state costruite le prime navi espressamente progettate per questa nuova modalità di trasporto e alcune compagnie di navigazione statunitensi le avevano immesse nei propri servizi marittimi regolari. Il rapporto del giugno del 1967 consegnato da McKinsey alla BTDB, antenata dell'Associated British Ports che è nata nel 1982 dalla privatizzazione del British Transport Docks Board, era intitolato “Containerization: the key to low-cost transport”, report nel quale - sottolineano oggi i ricercatori della McKinsey - si esortava la BTDB a ripensare tutto alla luce di questa rivoluzione.
Il rapporto odierno della società di consulenza evidenzia che oggi il settore è caratterizzato da un altro vero e proprio rivolgimento prodotto dalle tecnologie digitali, dai Big Data e dall'internet delle cose. Una nuova rivoluzione - osserva il report - che da qui a 50 anni potrebbe concretizzarsi appunto in portacontainer autonome della capacità di 50.000 teu che potrebbero trasportare contenitori galleggianti e modulari con caratteristiche tipiche dei droni. Inoltre si ipotizza un consistente aumento del volume complessivo di trasporto marittimo containerizzato, che potrebbe essere da due a cinque volte quello attuale, ed anche una rilevante crescita del trasporto intra-regionale a corto raggio. Secondo i ricercatori, l'Estremo Oriente potrebbe essere ancora il principale motore di questo ingente flusso di trasporto containerizzato, mentre il secondo principale mercato potrebbe essere quello dei collegamenti con l'Africa ed anche con il sud-est asiatico.
Questo mercato potrebbe essere dominato da tre o quattro grandi compagnie di navigazione. Inoltre Saxon e Stone suppongono che tra cinquant'anni potrebbero non esistere più le case di spedizione, in quanto gli accordi e le transazioni per via digitale ridurranno la necessità di intermediari, forse fino alla loro estinzione.
A vincere questa battaglia digitale potrebbero però essere i giganti tecnologici e non gli operatori del trasporto marittimo containerizzato. Il rapporto osserva infatti che il trend di crescita dello shipping containerizzato ha subito un rallentamento a partire dalla crisi finanziaria e affinché le compagnie di navigazione del settore mantengano il passo con le innovazioni del commercio è necessario che investano in tecnologie digitali al fine di differenziare il loro prodotto, di procedere ad una disintermediazione della catena del valore, di migliorare il servizio ai clienti, di aumentare la produttività e di ridurre i costi. Altrimenti - ammonisce il rapporto di McKinsey - il rischio è che i giganti dell'hi-tech si approprino di gran parte del valore delle relazioni con i clienti a danno degli operatori del trasporto marittimo dei container.
Il rapporto invita inoltre le compagnie di navigazione che vogliono avere un ruolo di primo piano nei prossimi decenni ad adoperarsi per integrare le innovazioni di nuova generazione in tutta la value chain. I vettori marittimi, e - specifica il report - i terminal operator, devono confrontarsi con navi di sempre maggiori dimensioni, con rilevanti investimenti nei terminal portuali e con procedure sempre più trasparenti per la gestione del traffico marittimo sulle rotte mondiali e ai terminal. Per i ricercatori di McKinsey, vettori e terminalisti, qualificandosi come fornitori di logistica integrata e gestendo direttamente i rapporti con i clienti e la complessità della catena logistica, potrebbero non rendere necessario il ricorso agli spedizionieri, predetti dinosauri dell'era futura.
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