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EDITORIALE
Il nuovo ponte sullo Stretto di Messina potrebbe causare un'emorragia di navi che scalano il porto di Gioia Tauro
Possibile una riduzione del traffico marittimo compresa tra l'11% e il 17%, ma anche assai più consistente
Genova
26 giugno 2023
Una volta ultimato, il nuovo ponte sullo Stretto di Messina
potrebbe causare una perdita del traffico marittimo che approda al
porto di Gioia Tauro compresa tra l'11% e il 17% delle navi
portacontenitori che toccano il container terminal calabrese. Un
range percentuale che è calcolato sulla base delle
portacontainer che lo scorso anno hanno scalato il porto di Gioia
Tauro e con i due estremi dell'intervallo definiti a seconda che le
navi fossero a pieno carico oppure navigassero in zavorra. Ma
l'emorragia potrebbe essere assai più copiosa. Il
condizionale è d'obbligo perché le variabili che
concorrono a definire queste percentuali sono numerose.
Le due principali variabili sono nelle mani delle autorità
e in quelle delle compagnie di navigazione, soggetti che possono
entrambi concorrere a introdurre numerosi altri fattori
dell'equazione. Si tratta, per le autorità, della
determinazione dell'esatta misura dell'altezza dell'intradosso del
ponte rispetto al livello del mare. Un'altezza sinora citata
approssimativamente e che già ha fatto discutere, perché
esponenti del governo si sono affannati a paragonarla a quelle di
ponti già in servizio che, a loro dire, non limiterebbero il
traffico navale moderno. Esempi del tutto sbagliati, essendo stati
presi a riferimento ponti le cui altezze non corrispondono a quelle
citate oppure collocati in siti non certo strategici rispetto ai
principali flussi di traffico marittimo
(
del 4
aprile e 25
maggio 2023). Errori che, se erano solo farina degli esponenti
governativi, sono gravi. Sono gravi e preoccupanti se sono stati
commessi riferendo dati segnalati loro da presunti esperti. Terza
ipotesi, la più probabile, è che per difendere a spada
tratta un progetto tutti i mezzi e qualsiasi considerazione sono
ritenuti validi.
La variabile in mano al governo, o comunque all'autorità
marittima che sarà incaricata di definirla, è quindi
la definizione dell'altezza massima delle navi rispetto alla loro
linea di galleggiamento che potranno passare sotto il nuovo ponte.
Sinora il governo si è limitato a rendere noto che l'altezza
dell'intradosso del ponte nella sua parte centrale, della lunghezza
di 600 metri, sarà di 65 metri dalla superficie del mare in
presenza delle massime condizioni di carico del ponte e di 70 metri
in assenza di carichi pesanti sull'infrastruttura. È evidente
che queste misure dovranno essere stabilite con precisione quando il
ponte dovrà entrare in esercizio. Quanto “traffico
pesante” abbassa il ponte di quanto? Le autorità
stabiliranno delle fasce orarie per il transito del traffico
veicolare pesante sul ponte e per il passaggio delle navi? Orari
fissi, come quelli dei traghetti che attualmente uniscono le sponde
di Sicilia e Calabria?
Quando le autorità avranno imposto dei limiti all'altezza
delle navi, saranno le compagnie di navigazione a introdurre la
seconda principale variabile: quali e quante saranno le navi delle
loro flotte che decideranno di non far transitare nello Stretto di
Messina evitando che qualche parte dell'opera morta entri in
collisione con il ponte? Perché se le autorità
stabiliranno che l'altezza massima delle navi riferita alla linea di
galleggiamento (misura definita usualmente air draught o air draft)
sarà, poniamo, di 65 metri, ogni compagnia di navigazione
dovrà autonomamente decidere quali navi della propria flotta
e con quanto carico a bordo potranno passare per lo Stretto. Se le
autorità fisseranno l'altezza a 65 metri, è assai
improbabile che le compagnie decidano di far transitare nello
Stretto navi con air draught di 64 metri, ma neppure quelle alte 63
o 62 metri. Il ponte, infatti, sovrasterà un territorio
liquido soggetto al moto ondoso e ai venti, due tra le altre
variabili che possono produrre notevoli variazioni dell'altezza
massima della nave dalla superficie del mare. È improbabile
che la compagnia di navigazione, né il comandante della nave,
arrischi il transito sotto il ponte se non in presenza di un
adeguato margine di sicurezza. Già li vediamo i direttori
delle flotte assillati da un incubo: quello di una loro nave che, in
mondovisione, impatta su un'infrastruttura miliardaria fiore
all'occhiello di qualche politico che magari in un'altra vita voleva
spaccare il territorio nazionale e in questa, forse colpito dalla
legge del contrappasso, sembra intenzionato a rammendare quello che
ora gli appare come uno strappo.
Passando dalle supposizioni ad elementi più concreti, si
può rilevare che lo scorso anno il porto di Gioia Tauro è
stato scalato ripetutamente da almeno 104 navi portacontenitori
impiegate sia sulle rotte marittime intercontinentali che su quelle
regionali. Sulla base di tabelle definite dalla PIANC,
l'associazione internazionale il cui scopo è di fornire
consulenza specialistica per la progettazione di infrastrutture per
i porti e le vie d'acqua, 12 di queste navi, di capacità
compresa tra 21.237 teu e 23.656 teu, ovvero l'11% del totale,
presenterebbero un air draught superiore a 65 metri quando quando
navigano a pieno carico e 18 di queste navi, di capacità
compresa tra 14.000 teu e 23.656 teu, ovvero il 17% del totale,
avrebbero un air draught superiore a 65 metri quando navigano in
zavorra.
Ma si tratta di percentuali che non includono un necessario
margine di sicurezza, la “air draught clearance” che -
ricorda la PIANC - è indispensabile per tenere conto di
fattori ambientali come il moto ondoso e il vento o di altri
elementi endogeni o esogeni come la velocità della nave o la
congestione del traffico marittimo. La PIANC suggerisce quale può
essere questo margine di sicurezza e, applicandolo, la percentuale
di navi portacontenitori che lo scorso anno non avrebbe potuto
raggiungere il porto di Gioia Tauro passando attraverso lo Stretto
sale al 15% considerando tutte le 104 portacontainer naviganti a
pieno carico (16 navi sul totale) e addirittura al 28% con tutte le
navi naviganti in zavorra (29 su 104).
Percentuali elevatissime, sia la minima che la massima, che sono
ancor più rilevanti tenendo conto che si tratta di navi madre
che approdano a Gioia Tauro per scaricare container che in massima
parte vengono trasbordati su navi più piccole per essere
distribuiti a livello regionale. Si tratta del core business di un
porto di transhipment come lo scalo calabrese che, perdendo
l'afflusso di navi madre, certamente perderebbe una assai
consistente quota di altri volumi containerizzati che sono in larga
parte legati al traffico delle full container intercontinentali di
maggiore capacità.
Che il problema sia reale, oltre a queste indicative cifre
percentuali, lo suggerisce l'avvertimento a non costruire un ponte
sullo Stretto di Messina troppo basso lanciato da Luigi Merlo, in
passato presidente dell'Autorità Portuale di Genova e
attualmente dirigente del gruppo armatoriale MSC
(
del 23
febbraio 2023). MSC, oltre ad essere leader mondiale del mercato
del trasporto marittimo dei container, è la compagnia che ha
rilanciato il porto di Gioia Tauro sulla scena internazionale
portandovi le proprie navi, che tuttora rappresentano la parte
preponderante del traffico nello scalo calabrese. Ma è anche
il gruppo che gestisce l'unico container terminal del porto di Gioia
Tauro. Quindi l'avviso è evidentemente fondato su
considerazioni legate alle caratteristiche della flotta di MSC e
lascia presupporre che, se un ostacolo quale potrebbe essere il
nuovo ponte dovesse pregiudicare l'attività operativa della
flotta della compagnia, MSC potrebbe indirizzare le proprie navi
altrove.
Certo le navi di MSC, come di altre compagnie, per raggiungere
il porto di Gioia Tauro provenienti dal canale di Suez potrebbero
effettuare il periplo della Sicilia. Almeno quelle più
grandi. Tuttavia, dato che attualmente queste ultime in Italia
toccano solo Gioia Tauro, è possibile che MSC, e con lei
altre compagnie, potrebbero decidere di avvalersi piuttosto di altri
porti di transhipment mediterranei.
Questo rischio, inoltre, se è tutt'altro che remoto per
Gioia Tauro, è corso anche da altri porti italiani, sia
quelli che sono collegati da linee marittime feeder allo scalo
calabrese sia quelli che potrebbero anch'essi perdere una quota di
navi di grande capacità che non potrebbero transitare nello
Stretto di Messina.
Dato che, come sembra certo, il ponte si farà, forse già
ora è il momento di valutare il futuro scenario e, se
possibile, identificare delle contromisure.
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