Ieri la Commissione Europea ha presentato “Il percorso di
transizione per un ecosistema industriale della mobilità
dell'UE”, un piano frutto di due anni di lavoro realizzato
congiuntamente con le autorità nazionali e regionali, le
parti interessate del settore, le Ong ed altri stakeholder che
identifica, sulla base di un approccio dal basso verso l'alto, le
sfide, le opportunità, le condizioni e le azioni necessarie
per guidare la transizione verde e digitale e migliorare la
resilienza dell'ecosistema, in linea con la nuova strategia
industriale dell'UE.
Il piano prende in esame, tra le altre, l'industria marittima e
fluviale, composta da un segmento della costruzione e riparazione
navale che vede Germania, Francia, Italia e Olanda quali principali
contributori in termini di Pil, dal trasporto marittimo e per vie
navigabili interne di merci e passeggeri e dalle attività
portuali. Si tratta - sottolinea il documento - di un'industria
strategica dato che oltre l'80% del commercio estero dell'UE e il
40% del commercio interno dell'UE avvengono via mare e il trasporto
marittimo dell'Unione controlla il 39,5% della flotta mondiale. Il
piano ricorda che il settore europeo delle tecnologie marittime
comprende circa 300 cantieri navali e oltre 28.000 produttori di
attrezzature marittime e fornitori di tecnologia, ed è un
settore che genera un valore della produzione aggregato di 125
miliardi di euro, pari al 23,8% del valore della produzione mondiale
di tecnologia marittima (482,5 miliardi di euro), e crea posti di
lavoro diretti e indiretti, soprattutto altamente qualificati, per
oltre un milione di persone in Europa.
In particolare, il documento evidenzia che i cantieri navali
dell'UE sono leader mondiali nella costruzione navale complessa e
nelle navi da crociera, che rappresentano l'80% del valore degli
ordini commerciali dei cantieri navali dell'Unione, il che - osserva
il piano - può tuttavia portare a problemi in caso di
improvvisa riduzione della domanda com'è avvenuto durante la
crisi del Covid. Il documento precisa che anche la costruzione, la
manutenzione e il refitting delle imbarcazioni da diporto è
un settore in cui l'UE è leader a livello mondiale, con la
produzione che è rimasta in Europa ed è cresciuta.
Il
piano esamina lo stato dell'industria navalmeccanica europea,
analisi realizzata con il contributo di SEA Europe, l'associazione
che rappresenta l'industria europea della cantieristica navale,
rilevando che la competitività dell'industria cantieristica
europea ha registrato un continuo declino: se negli anni Cinquanta
la produzione combinata di undici Stati membri rappresentava il 64%
della costruzione navale mondiale - si ricorda - questa quota di
mercato ha cominciato a diminuire a partire dal 1980; dal 2000 la
Cina e la Corea del Sud sono diventate attori importanti e gli aiuti
alla costruzione navale in Europa sono stati aboliti nel 2003. Il
piano specifica che l'Europa è ancora leader in segmenti ad
alto valore aggiunto, come le navi da crociera, gli yacht e le
imbarcazioni da diporto, anche se i concorrenti iniziano ad entrare
anche in queste nicchie.
Si osserva che oggi il portafoglio coreano e cinese è più
diversificato e, quindi, più resiliente. Attualmente,
inoltre, gli armatori europei ordinano navi soprattutto al di fuori
dell'Europa, dove possono trovare soluzioni più economiche.
Il settore della costruzione navale dell'UE è messo sotto
pressione anche a causa dei massicci aiuti di Stato di cui
beneficiano i cantieri navali in altri Paesi, aiuti che vanno dalle
sovvenzioni per l'acquisto dell'acciaio, da un accesso più
facile ai finanziamenti per arrivare a requisiti locali che
favoriscono la produzione interna e ad altre forme di protezionismo.
Il piano sottolinea che gli stakeholder europei hanno
evidenziato che, al fine di salvaguardare la competitività
dei cantieri navali europei nei confronti di questa concorrenza
sleale, l'attività di regolamentazione del commercio mondiale
della WTO e gli strumenti di difesa commerciale, come le misure
antidumping, sono inefficaci nel campo della costruzione navale a
causa delle specificità del settore: ad esempio - si ricorda
- dal punto di vista doganale le navi generalmente non sono
considerate merci importate. Secondo gli stakeholder europei -
spiega il documento - ciò ha incoraggiato i concorrenti
asiatici a continuare con pratiche distorsive che potrebbero essere
state un fattore chiave nel condurre a differenze di prezzo della
produzione del 30-40% tra una nave europea ed una asiatica. Il piano
specifica che gli stakeholder europei chiedono un'efficace strategia
marittima dell'UE per affrontare le sfide della competitività
del settore marittimo.
Il documento rileva che, sulla scia dei recenti progressi in
questo ambito da parte dell'International Maritime Organization e
dell'adozione di diverse specifiche misure a livello dell'UE per
ridurre le emissioni del trasporto marittimo, la necessaria
transizione verso un trasporto marittimo pulito rappresenta
un'opportunità per l'industria marittima dell'UE affinché
possa riconquistare competitività. Ciò, in
particolare, richiederà significativi investimenti nello
sviluppo di nuove tecnologie in un mercato in cui l'UE svolge già
un ruolo di punta quanto a ricerca e innovazione. Porterà
inoltre a nuove opportunità in termini di rinnovamento della
flotta e di attività di retrofitting.
Soffermandosi sull'attività di demolizione navale, il
piano ricorda che la Convenzione internazionale di Hong Kong per un
riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente adottata
dall'IMO entrerà in vigore a giugno 2025 e potrebbe
rappresentare un'attività redditizia per l'Europa. Si osserva
che, tuttavia, i cantieri necessari per il riciclaggio delle navi
sono diversi da quelli utilizzati per la costruzione navale ed è
quindi necessaria un'adeguata preparazione prima che la nuova
Convenzione entri in vigore.
Le azioni che il piano suggerisce per consentire di
salvaguardare e accrescere la competitività dell'industria
marittima europea sono, nel breve termine, migliorare l'efficienza
produttiva e operativa attraverso la digitalizzazione, l'automazione
e la riqualificazione; proseguire il dialogo con le parti
interessate per affrontare le sfide specifiche della competitività
industriale e continuare ad esplorare nuovi strumenti per garantire
condizioni di parità ed altre iniziative appropriate
specifiche per il settore; sostenere l'introduzione di requisiti
sostenibili e resilienti negli appalti pubblici ma anche negli
appalti privati relativi a flotte strategiche per l'Europa, come gli
appalti relativi a navi per il cabotaggio, il trasporto marittimo a
corto raggio, il trasporto passeggeri, la pesca, la navigazione
interna, le energie rinnovabili offshore e la blue economy. Nel
medio termine, inoltre, è suggerito lo sviluppo di nuovi
modelli di business circolari e sostenibili e lo sfruttamento delle
opportunità offerte dalla transizione marittima verde, ad
esempio con investimenti nel rinnovo delle flotte e nello sviluppo
tecnologico.
SEA Europe ha accolto con favore il piano pubblicato dalla
Commissione UE: «il Transition Pathway - ha affermato
Christophe Tytgat, segretario generale dell'associazione
navalmeccanica europea - è un importante riconoscimento da
parte della Commissione Europea del fatto che l'industria della
tecnologia marittima è fondamentale per l'ecologizzazione e
la digitalizzazione del settore dei trasporti marittimi».
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