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Oggi inizia a Londra la riunione dell'Intersessional Working
Group on Reduction of GHG Emissions from Ships (ISWG-GHG)
dell'International Maritime Organization (IMO) che è ritenuta
cruciale per definire la strategia mondiale per procedere alla
decarbonizzazione dello shipping. Un meeting in vista del quale la
scorsa settimana l'associazione armatoriale europea ECSA,
l'associazione delle compagnie aeree europee A4E e l'associazione
ambientalista europea Transport & Environment (T&E) hanno
raccomandato alla Commissione Europea di adottare misure affinché
i settori del trasporto marittimo e del trasporto aereo possano
avere a disposizione i combustibili puliti indispensabili per
ridurre le proprie emissioni riducendo sempre più il ricorso
ai combustibili fossili.
Tra i combustibili puliti presi in considerazione, tuttavia,
alcuni potrebbero addirittura peggiorare l'impatto climatico dello
shipping e dell'aviazione. A sostenerlo è la stessa Transport
& Environment che oggi ha presentato l'esito di uno studio della
società di consulenza Cerulogy che evidenzia l'impatto che il
crescente uso dell'olio di palma e di soia come biodiesel potrebbe
avere sulla deforestazione. «La strategia verde dell'IMO - ha
avvertito T&E - potrebbe rilasciare 270 milioni di tonnellate di
gas serra in più nel 2030 rispetto ad oggi, con un esito
peggiore del non fare nulla». L'associazione ha spiegato che
nel 2030 il 60% dei biocarburanti utilizzati dallo shipping, contro
l'attuale meno dell'1%, potrebbe provenire dalla palma e dalla soia,
con un grave impatto sulla deforestazione nonché sui prezzi
dei generi alimentari, in quanto ogni giorno circa 300 milioni di
bottiglie di olio vegetale potrebbero essere dirottate verso il
settore del trasporto marittimo anziché verso quello
alimentare.
Lo studio di Cerulogy specifica che nel 2030 l'impiego per la
decarbonizzazione dello shipping dell'olio di palma e di soia
potrebbe rappresentare quasi due terzi del biodiesel utilizzato dal
settore in quando costituiscono il carburante più economico
per rendere lo shipping conforme alla strategia di
decarbonizzazione. La ricerca sottolinea che ciò
determinerebbe un grave problema per il clima, dato che l'olio di
palma e di soia sono responsabili di emissioni di carbonio da due a
tre volte superiori persino rispetto ai carburanti per lo shipping
che attualmente producono i maggiori quantitativi di CO2 se si tiene
conto degli effetti della deforestazione e della necessaria bonifica
dei terreni. Il settore dello shipping, infatti - si precisa -
avrebbe bisogno di enormi estensioni di terreni agricoli e nel 2030
per produrre raccolti sufficienti a soddisfare la crescente domanda
di biocarburanti da parte del trasporto marittimo sarebbero
necessari 34 milioni di ettari, pari all'intera superficie della
Germania. Ciò - secondo lo studio - potrebbe avere anche
gravi ripercussioni sulle scorte alimentari in quanto i terreni
utilizzati per l'agricoltura dovrebbero essere convertiti alla
coltivazione di colture per i biocarburanti, con la conseguenza di
bruciare olio vegetale nelle navi che sarebbe sottratto
all'industria alimentare.
«Alimentare le navi mercantili attraverso la
deforestazione - ha rilevato Constance Dijkstra, responsabile per il
trasporto marittimo di T&E - rappresenta una pessima idea.
Bruciale le colture per ottenere carburante è dannoso per il
pianeta e per la sicurezza alimentare globale. L'IMO - ha
evidenziato - dovrebbe considerare l'impatto climatico dei
biocombustibili “cattivi” per evitare di fare più
male che bene».
Osservando, inoltre, che compagnie di navigazione come MSC e CMA
CGM hanno investito nei cosiddetti biocarburanti di scarto come
l'olio da cucina esausto e i grassi animali, T&E ha rilevato che
questi biocarburanti saranno probabilmente in grado di coprire
solamente una piccola parte della domanda prevista di biofuel per lo
shipping dato che la loro disponibilità è limitata.
«Ad esempio - ha spiegato T&E - una sola nave che viaggia
tra Cina e Brasile richiederebbe l'olio di scarto prodotto
annualmente da più di duemila ristoranti McDonald, mentre per
farla navigare con grassi animali servirebbero oltre un milione di
maiali».
Transport & Environment ha quindi esortato l'IMO a definire
con chiarezza quali sono i carburanti a emissioni zero e prossime
allo zero escludendo i biocarburanti legati alla deforestazione,
limitando i biocarburanti prodotti da colture alimentari e
incentivando, invece, i combustibili verdi a base di idrogeno.