A.L.C.E.
Associazione Ligure Commercio Estero
Genova
Relazione del Consiglio all'Assemblea
dei Soci
GENOVA, 26 GIUGNO
2002
PALAZZO S. GIORGIO - SALA DEL CAPITANO
PARTE I - ANALISI MACROECONOMICA
- LA CONGIUNTURA INTERNAZIONALE
Un anno fa, ponendo fine ad un decennio
di crescita sostenuta, si apriva la recessione negli Stati Uniti,
paese cui si guarda sempre per anticipare gli effetti che si sconteranno
anche in Europa.
Anche questa volta le conseguenze per la
congiuntura internazionale sono state quelle attese, con l'apertura
di una fase di rallentamento che lo scorso anno, con la crescita
del PIL complessivo mondiale di appena il 2%, che è risultato
essere più basso dal 1982.
Dal suo canto, l'indice dei prezzi delle
principali commodities nel corso del 2001 è diminuito
del 18%, fino ad un livello mai toccato negli ultimi sedici anni.
Ma non è per i numeri modesti che
il 2001 non può essere passato in rassegna come un anno
'normale'.
I noti drammatici eventi che hanno colpito
direttamente gli Stati Uniti e indirettamente tutta l'economia
mondiale hanno lasciato un segno indelebile nel nostro inconscio
e uno strascico pesante nel complesso delle relazioni sociali
e commerciali tra i principali blocchi politico-economico-religiosi
del pianeta.
L'11 Settembre ha impresso una spirale negativa
ad un'economia già traballante in molti settori.
La susseguente guerra in Afghanistan e la
ripresa delle tensioni politiche in Palestina ed Israele hanno
contribuito ad allontanare due civiltà il cui contrasto
sembra difficile da comporre.
La contrapposizione latente tra Islam ed
Occidente - per altri versi, essa stessa effetto collaterale della
globalizzazione - è uscita esacerbata, ed assai compromessa,
dai fatti di New York.
L'economia internazionale non poteva, dunque,
non subire pesanti ripercussioni.
A latere dei fatti terroristici, altri eventi
- forse non a caso verificatisi in corrispondenza di una fase
recessiva - hanno scosso la credibilità del sistema economico
occidentale.
La 'guerra siderurgica' inopinatamente esplosa
tra Europa e Stati Uniti è sintomatica di come, a fronte
di fenomeni recessivi, il rifugio in situazioni protezionistiche
sia un'arma ancora utilizzata.
Non può sfuggire come tali atteggiamenti
possano innescare a loro volta pericolose spirali viziose.
Preoccupa, anche per i riflessi che potrebbe
avere da noi - quantomeno considerati gli investimenti italiani
in quel Paese - la grave crisi sofferta dall'Argentina.
Il clamoroso 'scandalo-Enron' negli Stati
Uniti ha visto compromessa l'attendibilità di tutto un
complesso di procedure che si ritenevano al di sopra di ogni sospetto
e quindi messo in discussione un sistema non limpido di corporate
governance.
Viene da chiedersi quale sia il grado di
affidabilità delle società di revisione contabile
ed il loro contributo quale garante e certificatore attendibile
del sistema produttivo.
Nel solco della crisi di credibilità
del mondo societario palesata da tale episodio si colloca il generalizzato
ridimensionamento di molti titoli tecnologici, un trend significativo
della fragilità di certe fondamenta.
Fortunatamente c'è anche qualche
motivo di ottimismo.
Prospettive di rilancio interessanti per
il commercio mondiale si aprono con il nuovo sbocco fornito dall'adesione
al WTO della Cina, gigante socio-economico portatore di una domanda
di consumo assai dinamica ed elevata.
I recenti eventi internazionali che hanno
segnato l'ingresso della Russia nella NATO e la contestuale riduzione
degli arsenali nucleari sono un fatto straordinario per la nostra
società.
Oltre a siglare la cessazione di ogni forma
d'attrito tra le super-potenze - ciò che una volta era
romanticamente definita 'guerra-fredda' - l'intesa di Roma rilancia
indirettamente l'immagine, talvolta un po' offuscata, dell'Italia.
Ma non può sfuggire la valenza anche
economica dell'intesa, da cui le aspettative dell'imprenditoria
escono rinfrancate.
Lo status di economia di mercato accordato
dall'UE alla Russia dischiude opportunità eccellenti per
il commercio estero, considerando la dotazione naturale di materie
prime del territorio della Federazione, da cui già oggi
l'Europa importa considerevoli quantitativi di metano, petrolio,
e prodotti siderurgici. E pure il flusso di esportazioni UE potrà
trarne sicuro incentivo.
Il 2002 è atteso come un anno di
transizione tra la fase recessiva descritta e l'espansione attesa.
Ovviamente, la ripresa non sarà uniforme
ma con velocità differenziate nelle varie aree geo-economiche.
Tuttavia, dubbi permangono circa la durata
e l'intensità della ripresa economica, e malgrado gli indicatori
appresso indicati sembrino confortare gli operatori, alcuni fenomeni
contraddittori e la fallacità di previsioni troppo puntuali
- già dimostrata in questa prima parte, abbastanza deludente
per l'Europa e l'Italia, del 2002 - inducono a grande prudenza.
Comunque, i dati congiunturali e tendenziali
della prima metà dell'anno in corso rafforzano la convinzione
che la ripresa economica farà sentire i suoi effetti, soprattutto
con riferimento all'economia americana dove l'andamento delle
vendite al dettaglio e il progressivo smaltimento delle scorte
in magazzino rappresentano segnali incoraggianti.
Prendendo ancora spunto dalle vicende degli
Stati Uniti, l'indice che misura il livello della fiducia dei
consumatori americani si è riportato ai livelli antecedenti
l'attentato terroristico alle Torri Gemelle..
Anche l'indice ISM sull'andamento dell'industria
manifatturiera dopo 18 mesi è tornato sopra i 50 punti,
tradizionale spartiacque fra crescita e contrazione, a convalidare
le aspettative di recupero.
L'espansiva politica monetaria della Federal
Reserve, che aveva portato i tassi al livello più basso
degli ultimi 40 anni, attuata negli ultimi 15 mesi allo scopo
di stimolare un'economia in affanno, è oggi calmierata
adottando un atteggiamento più neutrale.
Non a caso il Fondo Monetario Internazionale
ha rivisto al rialzo le stime di crescita per gli Stati Uniti,
portandole all'1,4% nel 2002 e al 3,8% per il 2003.
Trainato dalla locomotiva-USA, a livello
mondiale il PIL complessivo dovrebbe aumentare del 2% nel 2002,
superare il +3% nel 2003 ed avvicinarsi al +4% l'anno successivo.
- LA CONGIUNTURA EUROPEA
Come di consueto, le economie europee seguono
quanto sta accadendo in America, sebbene con ritmi più
attenuati.
Gli indicatori di fiducia sono in lenta
ripresa e secondo la Banca Centrale Europea l'inflazione è
destinata a scendere sotto la soglia tendenziale annua del 2%,
sempre che non si verifichino ulteriori significative pressioni
sul prezzo del petrolio.
Per l'area dell'Euro, il FMI prevede una
crescita del PIL nella misura dell'1,2% per l'anno 2002 e del
2,8% nel 2003.
Per l'Euro, a quattro anni dal suo avvento
come valuta ufficiale di cambio, dovrebbe essere finalmente l'anno
buono per un incremento di valore nei confronti delle altre valute,
a cominciare dal dollaro, anche se la recente ripresa dell'economia
statunitense potrebbe ritardare una volta di più l'attesa
risalita.
L'introduzione della moneta unica, seppure
preparata con largo anticipo dalle imprese maggiori, crea ancora
qualche problema di assorbimento, soprattutto a livello di risvolti
psicologici e nella contabilità spicciola.
D'altronde, basta una semplice riflessione
individuale: chi di noi è già in grado di soppesare
immediatamente il valore di una cifra senza transitare dal rapporto
nelle vecchie, care lire?
A livello macroeconomico, la raggiunta stabilità
monetaria non ha ancora reso i benefici attesi in termini di ampliamento
ed uniformazione del mercato comune, ancora troppo legato alle
sorti di valute terze.
Da non trascurare la ricaduta negativa dell'euro
sotto forma di incremento dell'inflazione.
Gli operatori internazionali di Eurolandia
hanno scontato la dipendenza delle commodities dal dollaro
USA come valuta di riferimento, mentre l'introduzione della moneta
unica nella Unione Monetaria Europea ha consentito una notevole
riduzione dei costi legati alla gestione del rischio cambio fra
le precedenti valute europee.
L'economia europea non riesce ancora a dispiegare
in pieno il suo potenziale a causa dei consueti aggravi: rigidità
del mercato del lavoro, eccesso di pressione fiscale, onerosità
della spesa pubblica.
L'Europa sta attraversando un periodo di
cambiamento sotto il profilo politico, come dimostrano i recenti
sorprendenti risultati elettorali in Francia e nei Paesi Bassi.
Potrebbe essere l'indizio di un fenomeno
di ricalibrazione negli equilibri dei governi europei; nel caso,
c'è da porsi la domanda sugli eventuali impatti di natura
economica.
- LA CONGIUNTURA IN ITALIA
Nel nostro Paese, come comunica l'ISTAT,
il 2001 si è chiuso con una crescita del PIL del +1,8%
rispetto al +2,9% del 2000; una contrazione da attribuire ai minori
consumi (+1,1% contro +2,7%) ed agli investimenti ridotti (+2,4%
contro +6,5%).
Le esportazioni sono aumentate del +3.6%
- soprattutto grazie al Nord-Ovest (+4,4%) - permettendo anche
per il 2001 un saldo positivo nella bilancia commerciale che si
registra ininterrottamente dal 1993.
Positivo soprattutto è il confronto
con il tasso di crescita del commercio mondiale, ad indicare il
dinamismo del tessuto produttivo italiano anche a fronte di un
annata travagliata come quella passata.
L'anagrafe delle imprese evidenzia nel 2001
un saldo positivo di 120 mila aziende, pari ad una crescita del
2,6%, per una stima di circa 100 mila nuovi posti di lavoro creati.
Un fenomeno che sembra potersi incrementare nel 2002 con un saldo
occupazionale previsto di 324 mila unità (fonte Unioncamere).
I dati consuntivi sono dunque soddisfacenti,
ed anche le previsioni sono complessivamente confortanti.
Il Rapporto elaborato a Gennaio 2002 da
Prometeia ed Intesa BCI pronosticava buone prospettive per l'economia
nazionale con una sostanziale tenuta nel 2002 ed una crescita
decisa nel 2003, trainata da esportazioni in aumento dal +2,3%
per l'anno in corso sino al +6% per quello prossimo.
Il Programma di Stabilità approvato
dall'UE prevede per l'Italia un PIL in crescita costante tra 2002
(+2,3%) e 2005 (+3,1%) e un'occupazione variabile tra il +1,2%
ed il +1,5%.
Peraltro, i dati recenti forniti nella Relazione
Economica Generale del Governatore della Banca d'Italia e la nota
congiunturale del primo trimestre 2002 dell'ISTAT comportano un
certo raffreddamento circa l'andamento attuale dell'economia
nazionale.
Sembra che le difficoltà incontrate
nella prima parte del 2002 possano ritardare il raggiungimento
degli obiettivi descritti in precedenza senza una decisa manovra
d'intervento.
Propedeutici all'innesco dell'auspicato
circolo virtuoso di sviluppo ed occupazione sono la rimozione
delle note rigidità dal lato dell'offerta nonché
la creazione di condizioni al contorno sul fronte della dotazione
infrastrutturale e delle riforme strutturali di natura socio-economica.
In assenza di questi determinanti incentivi
alla produzione, il risultato più attendibile è
quello proiettato da Unioncamere, che stima un PIL nel 2002 in
crescita più contenuta (+1,5%), mentre per il 2003 ed il
2004 la fonte camerale prevede crescite rispettivamente +2,6%
e +3%.
Le contraddizioni quantitative di cui sopra
trovano riscontro in altre considerazioni.
A distanza di un anno dalla famosa promessa
elettorale - il 'contratto con gli Italiani' dell'attuale Primo
Ministro - viene da chiedersi se siano stati onorati tutti gli
impegni del Governo:
- In particolare, si attendeva un deciso
sollievo della pressione fiscale sulle imprese che non è
arrivato.
- Sono solo apparenti alcune privatizzazioni
e sono ancora insufficienti alcune liberalizzazioni previste in
settori strategici - quali ferrovie, autostrade ed energia - a
causa dei noti colli di bottiglia e dei rigurgiti monopolistici
da parte dei precedenti gestori unici di detti servizi pubblici
- Anche nel trasporto aereo, seppure liberalizzato,
il vettore di bandiera gode ancora di ingiustificate rendite di
posizione dietro lo scudo delle partecipazioni in alcuni aeroporti.
Preoccupa non solo l'inefficienza complessiva dell'Azienda, quanto
la generalmente modesta qualità dei servizi, a fronte della
quale i clienti sono privi di valide alternative.
- Si ravvisa una notevole litigiosità
a livello governativo - fenomeno tipicamente italiano - che porta
a gravi ritardi nella legiferazione e nell'approntamento delle
riforme previste.
- Sul fronte della giustizia, infine,
le imprese sono penalizzate dalla lentezza nella processualità
civile.
- LA CONGIUNTURA IN LIGURIA
La Liguria è risultata nel 2001 la
Regione italiana più dinamica nell'export con tasso di
crescita del 12,8% in valore monetario (3,99 miliardi di Euro:
fonte CCIAA Genova/ISTAT).
A questo primato hanno contribuito in particolare
i settori della cantieristica, dell'impiantistica, delle macchine
elettriche ed apparecchiature meccaniche, che complessivamente
coprono il 49% delle vendite estere, e che tra 2000 e 2001 hanno
registrato un aumento medio del 26%.
Per quanto riguarda le importazioni, nel
2001 queste sono aumentate del 5%, ancora una volta trascinate
dai prodotti dell'industria estrattiva, che coprono il 34% dell'import
della Liguria in valore monetario (6,36 miliardi di Euro: fonte
CCIAA Genova/ISTAT).
Le previsioni dell'autorevole Prometeia
indicano per il 2003 una crescita del PIL ligure del +2,1%, al
di sotto della media nazionale (+2,4%) ma in linea con quella
del Nord-Ovest (+2,2%).
Dati non confortanti emergono invece dal
censimento generale dell'industria e servizi 2001 dell'ISTAT,
che vede la nostra Regione fanalino di coda in Italia nella crescita
delle unità locali e degli addetti.
Rispetto alla precedente rilevazione nel
1991, si è avuto un modesto incremento (+1,3%) delle unità
locali, specie a Savona e Imperia, e un decremento negli addetti
(-3,1) concentrato a Genova e La Spezia.
A livello settoriale, è forte il
calo nell'industria (-20,8% nelle unità e -26,1% negli
addetti) e nel commercio (-7,5% e -3,9%), mentre crescono i settori
del terziario (+19,2% e +15%) e delle istituzioni (+18,3% e -0,3%).
L'anagrafe delle imprese liguri fotografa
un discreto dinamismo, con un saldo di oltre 2.600 nuove aziende
nel 2001 (+1,9% contro l'1,2% nel 2000) e più di 11.200
imprese neonate, in prevalenza società di capitali rispetto
a quelle individuali, con concentrazione delle nascite in provincia
di Genova (+2,1%), mentre il minor numero di nuove realtà
si è registrato in quella di Savona (+0,9%).
Al secondo anno di gestione degli affari
regionali, la Giunta Biasotti ha colto il fondamentale obiettivo
dell'Accordo Quadro sottoscritto col Governo.
In base ad esso, dovrebbero essere aperti
nel 2003-2004 i cantieri per le principali nuove infrastrutture
di trasporto liguri: raddoppio della linea ferroviaria Genova-Ventimiglia,
nuova linea ferroviaria Genova-Novi Ligure-Milano che comprende
il Terzo Valico; raddoppio della Pontremolese, lavori sul nodo
ferroviario di Genova; completamento delle connessioni plurimodali
stradali e ferroviarie per i porti.
L'auspicio è che l'impegno così
bene profuso in un ambito fondamentale, in cui si rifletterà
la capacità competitiva della Liguria, non venga disperso
nelle fasi della definizione progettuale e della implementazione
degli interventi.
La consultazione elettorale di fine maggio
ha dato un responso inequivocabile, nel segno della richiesta,
da parte della maggioranza dei cittadini liguri, di una continuità
politica nelle giunte municipali e provinciali di Genova, Savona
e La Spezia.
L'auspicio dell'ALCE è che questa
continuità venga messa a frutto per accelerare i processi
di rinnovamento ed ammodernamento nelle città e sul territorio
già in atto e da intraprendere, evitando di disperdere
energie preziose in eventuali, deprecabili frizioni tra dette
giunte ed il Governo Regionale in virtù della diversa colorazione
politica di tali istituzioni.
A questo proposito, non possiamo non concordare
con il Presidente di Assindustria Zara quando alla vigilia delle
elezioni chiedeva al futuro Sindaco il rispetto di alcuni capisaldi
per la creazione di condizioni favorevoli all'impresa.
A questo fine, si richiede l'urgente conclusione
delle progettazioni e l'avvio della costruzione delle principali
opere indifferibili in ambito metropolitano.
Si deve inoltre operare al più presto
per utilizzare, secondo le destinazioni più consone, le
aree rese disponibili dallo smantellamento di attività
non più strategiche.
- L'E-COMMERCE
Si deve rilevare che l'e-commerce, troppo
ottimisticamente (e frettolosamente) salutato come la chiave di
volta delle transazioni moderne, ha rivelato tutti i suoi limiti,
anche perché spesso i portali non sono utilizzabili nei
termini e con le agevolazioni presunte.
Le aspettative erano forse eccessive, ed
esso - lungi da essere l'unico modo di fare commercio, come da
qualcuno arditamente pronosticato - è oggi ridimensionato
più legittimamente ad un utile compendio integrativo di
quello tradizionale, ma non certo sostitutivo del contatto umano.
Oggi stiamo prendendo le misure del fenomeno,
che si rivela utile solo in determinate circostanze ben delimitate,
ovvero per i beni fungibili/standardizzati o dove l'astrazione
dell'oggetto di scambio è assoluta.
In generale, il B2C business-to-consumer
sembra senz'altro più confacente all'e-commerce di quanto
non lo sia il B2B business-to-business, che invece necessita
di una personalizzazione della merce transatta e di una fisicità
di quest'ultima.
Nei rapporti più importanti, il contatto
iniziale on line viene poi susseguito da una contrattazione
off line al momento decisivo.
Il B2B può giovare parecchio sul
versante procurement, ma il beneficio per il momento è
limitato alle grandi aziende perché i grandi investimenti
che l'e-commerce richiede oggi escludono le piccole imprese.
Come conseguenza, viene aumentato il gap
con le medio-piccole, che sembrano poter godere dei vantaggi dell'e-commerce
solo in termini di maggiori visibilità.
La vera Rivoluzione Tecnologica è
invece quella, sensibile, che attiene le comunicazioni.
L'utilizzo di Internet ha moltiplicato l'opportunità
di colloquiare e quindi incrementato in misura esponenziale anche
la produttività del lavoro.
- COMMERCIO ESTERO: LE PROBLEMATICHE DELLE
IMPRESE LIGURI
Esaminando le ultime Relazioni della nostra
Assemblea, ci accorgiamo di trattare da un anno all'altro le stesse
problematiche, che quindi permangono irrisolte.
La fiscalità sta diventando sempre
più un fattore competitivo d'impresa, e quindi fattore
di localizzazione.
In Italia, rispetto a molti altri paesi
Europei, il sistema fiscale rimane troppo oppressivo, sia in termini
di incidenza diretta che per l'obbligo di mantenere una contabilità
onerosa (in termini di tempo e quindi di costi) ed eccessivamente
articolata.
Oltre al livello generalmente più
elevato delle aliquote fiscali italiane, elemento distorsivo ed
iniquo è un'imposta come l'IRAP, che penalizza le imprese
commerciali rispetto a quelle industriali.
Ci conforta, viceversa, constatare una certa
evoluzione mentale nell'attitudine dei rappresentanti dell'Agenzia
delle Entrate, chiamati a svolgere le verifiche fiscali e le valutazioni
sulle nostre attività.
Mentre in passato l'accertamento fiscale
andava di pari passo con il preventivo blocco dell'attività
aziendale, oggi finalmente questo non accade più in maniera
così netta e grave.
Si spera di proseguire ulteriormente nel
rapporto fiduciario instaurato, auspicando un giorno di poter
concordare, come già peraltro accade in numerosi paesi
europei, le tempistiche degli accertamenti fiscali in modo da
recare il minimo disturbo allo svolgimento della normale attività
aziendale.
Anche il bisogno di informazione e comunicazione
con gli addetti dell'Agenzia delle Entrate è oggi maggiormente
soddisfatto.
L'argomento del giorno è l'Articolo
18.
Temiamo che la rigidità contrattuale
vincolata ad una soglia di addetti, peraltro piuttosto bassa,
determini un disincentivo, anziché un incentivo alle assunzioni.
Inoltre, appare enorme ed ingiustificata
la sperequazione che si crea, in termini di flessibilità
e quindi di produttività del lavoro, tra le imprese a seconda
che queste siano appena sopra o sotto la barriera dei 15 dipendenti.
Siamo contrari alla fissazione, peraltro
arbitraria, di tali rigidità che ingessano gravemente l'impresa.
Malgrado le cifre parlino ancora di disoccupazione
in eccesso, sul nostro territorio si segnala un buon momento nel
mercato del lavoro, con occupazione apparentemente in crescita.
Una tendenza testimoniata dalla difficoltà
riscontrata da alcuni Associati a reperire risorse qualificate
che non siano già impiegate in altre aziende.
Notevole, e questo è un fattore penalizzante,
è anche la resistenza dei lavoratori a spostarsi nelle
diverse sedi di lavoro delle aziende, specie in quelle extra-urbane.
La scolarità delle classi giovani,
infine, è ancora da migliorare, anche se riteniamo apprezzabile,
nei suoi intenti generali, il tentativo riformista del Ministro
Moratti di modernizzazione della scuola.
Il settore bancario è interessato
da una forte tendenza alla concentrazione nell'offerta.
Gli accorpamenti già realizzati hanno
tuttavia inciso negativamente, determinando una riduzione degli
affidamenti ed obbligando le nostre imprese a cercare nuovi istituti,
anche fuori territorio, per ottenere le vecchie linee di fido
venute meno.
La nuova politica bancaria è dunque
più onerosa per la clientela, in particolare a danno delle
piccole-medie imprese, ed anche le condizioni bancarie sono state
modificate spesso a nostro discapito.
Un effetto collaterale della restrizione
dei canali di finanziamento è la tendenziale dilazione
negli incassi.
Il decentramento della Liguria nei confronti
dei centri direzionali provoca difficoltà sia nella tempistica
delle decisioni di erogazione dei fidi da parte degli istituti
creditizi sia nei plafond resi disponibili.
In generale si auspica di poter migliorare
il rapporto con le banche, che ancora non trattano la clientela
con criteri moderni come invece si fa in altri paesi europei.
La cultura aziendale delle banche sul territorio
appare infatti ancora legata a schemi antichi e non si ispira
a criteri di flessibilità.
Con l'ingresso, lento ma progressivo, della
banche estere sul territorio italiano si porrà uno dei
problemi consueti della globalizzazione, ovvero l'uniformità
nei servizi e nelle condizioni rese all'utenza.
A questo proposito, si nota come le dimensioni
delle imprese bancarie italiane, malgrado i recenti fenomeni di
aggregazione, siano ancora insufficienti a competere a livello
internazionale; un fattore che crea una generale debolezza, a
penalizzare ulteriormente le imprese clienti.
La materia bancaria sta per subire una piccola
grande rivoluzione derivante dall'entrata in vigore nel 2005 dell'accordo
denominato "BASILEA 2" (siglato nel 1999), il cui intento
è quello di incrementare gli standard del sistema bancario
mondiale in tema di adeguatezza del patrimonio ai rischi assunti.
Per arrivare allo scopo è stato introdotto
il sistema del rating cui verranno sottoposte le imprese
al fine di valutarne l'effettivo valore e i rischi di insolvenza.
Alle diverse categorie di rating corrisponderà
un diverso rischio e quindi un diverso requisito in termini di
capitale da allocare. In pratica, tra meno di tre anni la concessione
del credito alle aziende sarà vincolata all'ottenimento
di questo 'giudizio', che determinerà il grado di rischio
da parte delle banche.
Oggi le aziende italiane dotate di rating
sono pochissime; entro il 2005 le nostre banche dovranno organizzare
una metodologia di valutazione interna delle imprese finanziate.
Tuttavia, sarà possibile per le imprese
ottenere da soggetti esterni un rating di valutazione con cui
negoziare il proprio credito.
Le nuove regole del sistema bancario internazionale
porteranno a premiare qualità e valore aziendale.
Il pericolo implicito è quello di
una limitazione degli affidamenti in virtù di una 'brutta
pagella'.
E' chiaro che molte imprese italiane che
sono a bassa capitalizzazione più di altre rischiano di
vedere tagliati o depauperati alcuni degli attuali canali di finanziamento.
La Liguria è pioniere in Italia nell'adozione
di uno strumento indispensabile per lo sviluppo dell'impresa.
Consideriamo dunque positiva la costituzione
di una Società Consortile per la Internazionalizzazione
delle Imprese Liguri, che è partecipata da Regione tramite
la Filse (51%), dalle quattro Camere di Commercio (9% ciascuna)
e dalle associazioni di categoria in rappresentanza degli operatori
(industriali, agricoltori, artigiani) compresa l'ALCE.
L'idea alla base è quella di accorpare
in un'unica entità più efficiente i compiti finora
svolti in maniera disorganica, e talvolta farraginosa, da enti
di portata e competenza limitate promuovendo la Liguria nella
sua interezza nei confronti dei paesi esteri ed alcune branche
settoriali in maniera più specifica, nonché di concentrare
e sviluppare gli scambi di alcuni prodotti in import.
L'ALCE sottolinea la positività dell'aver
deciso di destinare esclusivamente alla promozione, senza doverne
finanziare la gestione ordinaria, le non trascurabili risorse
rese disponibili: fino al 2006 sono 12 milioni di Euro, di cui
la metà proveniente da Fondi Comunitari.
Positiva è anche la designazione
alla Presidenza di un manager esperto e affidabile come il Cavaliere
del Lavoro Giovanni Novi, così come consideriamo azzeccato
l'inserimento tra i soci della Camera di Commercio Italiana all'Estero.
Si auspica, tuttavia, che in sede operativa
sia dato il legittimo ruolo alle associazioni di categoria, in
primis l'ALCE - anche grazie alla presenza di un nostro Socio
nel Consiglio di Amministrazione della Società - che possiede
il know-how per favorire la penetrazione all'estero delle realtà
aziendali liguri.
- LE DOGANE
Intervenendo ad un recente convegno a Genova,
il vertice dell'Agenzia delle Dogane ha illustrato gli aspetti
più significativi della nuova realtà dell'Amministrazione
doganale italiana, decisa a rinnovarsi per rispondere con efficienza
alle esigenze poste dal commercio moderno: globalizzazione, velocizzazione
dei flussi di scambio, semplificazione procedurale, riduzione
dei tempi di attesa delle merci.
La convenzione annuale stipulata con il
Ministero dell'Economia e delle Finanze rappresenta il nuovo importante
strumento che fissa obiettivi, priorità, responsabilità
e traguardi da raggiungere, lasciando l'Agenzia libera di gestire
le proprie risorse e di autorganizzarsi sulla base di modelli
non più burocratici riconducibili, secondo un tradizionale
rapporto gerarchico, alla organizzazione tipica e rigida di un
Ministero, ma secondo schemi manageriali in grado di operare in
autonomia e con responsabilizzazione.
Il cambiamento di rotta - peraltro finora
più nelle intenzioni espresse che non nelle (poche) iniziative
concretizzate - può giovare a restituire la giusta competitività
internazionale agli scali marittimi anche sotto questo essenziale
profilo.
Al di là del ricco programma di progetti
e strumenti di cui l'Agenzia delle Dogane è impegnata a
corredare i propri uffici periferici nei porti italiani, con ampio
uso delle tecnologie informative più evolute, spicca soprattutto
quale nota lieta la nuova impostazione nei rapporti con l'utenza.
Quest'ultima non è più alla
mercé di un ringhioso 'guardiano' istituzionale, ma viene
finalmente messa in grado di dialogare, per poter collaborare
attivamente alla risoluzione delle problematiche operative.
Non possiamo peraltro fare a meno di constatare
con soddisfazione che il processo di rinnovamento annunciato dalla
compagine amministrativa è anche frutto del pungolo vivo
creato con l'esperimento pilota 'Commissione Mista Utenti Operatori
Portuali e Pubblica Amministrazione', alla cui creazione due anni
or sono l'ALCE ha contribuito fattivamente tramite i suoi associati.
Il salto di qualità ambito al momento della costituzione
di questo inedito ed unico organismo in Italia è ora più
vicino.
Dunque, seppure non ci si possa esimere
dal ravvisare ancora qualche colpevole ritardo - ad esempio nell'implementazione
ottimale del famoso 'Canale Verde', nel peso eccessivo delle verifiche
multiple, che andrebbero invece accentrate in un'unica soluzione,
nella disarmonia tra gli orari di lavoro dei vari corpi o nella
mancanza di operatività 24 ore su 24 - sembra che si sia
intrapresa la strada giusta.
La sublimazione di questo processo potrebbe
essere l'auspicata Conferenza di servizi a coordinare gli interventi
dei vari attori nella catena delle procedure doganali.
Se gli interessanti progetti illustrati
andranno realmente a buon fine secondo le premesse, potremo finalmente
competere ad armi pari con la concorrenza internazionale, che
tuttora beneficia di un'interpretazione più snella, accondiscendente
e talora permissiva di un diritto che, pur essendo comunitario
- e quindi uguale per tutti - spesso pende indebitamente a suo
favore.
Si nota ancora come la parziale delusione
di alcuni degli obiettivi attesi dipenda in buona parte anche
dal sottodimensionamento dell'organico delle Dogane, inadeguato
a sostenere l'impegno lodevole spesso profuso dai Dirigenti e
dai Funzionari Doganali.
Infine, un serio problema ancora irrisolto
colpisce gli operatori delle riparazioni navali ed i provveditori
di bordo. Riteniamo ingiusta, a causa degli oneri che comporta,
l'equiparazione, ai fini doganali, ad operazioni d'import/export
delle operazioni d'imbarco/sbarco di pezzi di ricambio e provviste
di bordo.
Ogni Dogana ha una sua specificità,
per cui Genova, che è laboratorio ed al contempo leader,
chiede di poter sperimentare iniziative pilota allo scopo di snellire
i comportamenti e le procedure ancora critiche.
- PORTI
Genova, La Spezia e Savona sono scali polivalenti
che dispongono di circa 50 terminal privati attrezzati per movimentare
quasi tutte le tipologie di traffico.
Dal 1993 al 2001 sia il traffico merci che
quello passeggeri sono sensibilmente aumentati ovunque. Lo scorso
anno i tre porti liguri hanno movimentato circa 75 milioni di
tonnellate di merce (di cui 30 milioni di merce varia), 2,5 milioni
di teu e 3,5 milioni di passeggeri.
Negli ultimi sette anni il traffico complessivo
è aumentato di oltre il 20% ed il traffico contenitori
dell'80%, collocando l'arco ligure al primo posto nel Mediterraneo.
Il sistema Genova-La Spezia-Savona è
diventato punto di riferimento per le maggiori società
di gestione dei servizi marittimi e portuali, compresi alcuni
dei più importanti gruppi armatoriali mondiali.
Gli ultimi anni hanno evidenziato la crescente
internazionalizzazione dei nostri tre porti, con l'ingresso nell'attività
portuale di multinazionali che hanno attivato investimenti ed
occupazione aggiuntiva.
A questi si sommano gli interventi programmati
dagli operatori locali pubblici e privati, per varie centinaia
di milioni di Euro.
Tuttavia, per il corretto espletamento degli
effetti pianificati è necessaria la creazione di un ambiente
favorevole.
A Genova l'approvazione, dopo iter oltremodo
faticoso, del Piano Regolatore Portuale (PRP) è la buona
notizia dell'ultimo anno.
Lo strumento, malgrado sia migliorabile,
costituisce un'occasione valida per avviare gli interventi più
urgenti di espansione delle aree portuali sostenendo la competitività
del porto e dei suoi operatori.
Anche Savona e La Spezia si stanno allineando
con la prossima adozione del loro PRP.
Rimane tuttavia cruciale per lo sviluppo
delle attività marittime, motore dell'economia territoriale
ligure, che cessino per sempre gli inutili episodi di frizione,
talora tendenziosa, tra città e porto.
Solo da una maggiore osmosi tra le due entità,
che in taluni casi hanno già dimostrato di poter tranquillamente
convivere ed anzi di potersi supportare reciprocamente, e da una
compenetrazione dei rispettivi interessi potrà scaturire
quel processo virtuoso capace di innalzare sia gli standard residenziali
che quelli lavorativi di Genova ed anche di Savona e La Spezia;
realtà portuali, le ultime due, che presentano in scala
le medesime problematiche ed istanze del capoluogo.
Ribadiamo il nostro sì, già
espresso ad alta voce lo scorso anno, alla Maersk e alle altre
multinazionali dei trasporti che vorranno insediare a Genova ed
in Liguria la loro centrale operativa per il Mediterraneo.
A tale proposito, preoccupa il temporeggiare
delle istituzioni; non vorremmo che questi tentennamenti facessero
scoraggiare tali lusinghiere manifestazioni di interesse nei confronti
dei nostri porti.
Prendiamo atto della perdurante fase di
positività delle crociere, che brillano per risultati non
solo a Genova - dove la Stazione Marittima ha realizzato un centro
d'eccellenza di valenza mondiale, che sarà presto corroborato
al completamento delle nuove strutture al Ponte Parodi - ma anche
nell'emergente Savona e nella nascente, per questo settore, La
Spezia.
Anche il traffico traghetti, che ha in Genova
il principale polo del Mediterraneo ed in Savona e La Spezia due
nodi di rilievo, è un altro dei settori in cui risalta
la centralità del sistema portuale ligure.
A proposito dell'area del Porto Antico,
dove si sta progressivamente approntando un waterfront
degno delle aspettative, si segnala tale progetto come manifestazione
limpida della possibilità di instaurare un rapporto di
collaborazione, anziché di antagonismo, tra città
e porto, malgrado la scarsità di quell'inestimabile risorsa
che in Liguria è il territorio metta talora in contrapposizione
le due entità.
Analogamente al positivo esito della riconversione
del Porto Antico si dovrebbe operare su Cornigliano con incentivi
alle imprese, anche estere, che vorranno insediarvisi.
E qui entra in gioco la nostra capacità
di attivare un efficace marketing territoriale, finora piuttosto
farraginoso, eventualmente mutuando l'esperienza dei nostri vicini
torinesi, che di recente hanno colto alcuni brillanti risultati
con tali iniziative.
Per quanto concerne il ruolo di Genova nella
portualità internazionale, si segnala ancora il rischio
che esso diventi un porto feeder e non più capolinea.
Un rischio che non deve far sorridere perché,
al crescere delle dimensioni del naviglio senza un parallelo crescere
sia delle infrastrutture portuali (piazzali, pescaggi, mezzi di
movimentazione) che della massa critica di traffico, non si potrà
mantenere uno status di porto gateway per tutta l'Europa
Anche l'ALCE supporta l'iniziativa assunta
dai Gruppi Giovani delle Associazioni degli Industriali, Agenti
Marittimi, Spedizionieri ed Armatori affinché Genova venga
scelta dall'Unione Europea quale sede dell'Agenzia europea per
la sicurezza marittima. Un riconoscimento doveroso, che qualificherebbe
ulteriormente quella che è già unanimemente rinomata
quale capitale mediterranea dello shipping.
A questo fine, l'idea dell'Assessorato al
Porto, proposta da Camera del Mare e da Assagenti, sembra valida
nelle intenzioni di sottolineare il ruolo di capofila che l'economia
marittima ha nel territorio, purché non diventi il pretesto
per creare nuove poltrone fini a se stesse.
Uno degli strumenti di sviluppo dei porti
liguri è il cabotaggio marittimo.
La riflessione fondamentale attiene la reale
volontà delle istituzioni di trasformare le Autostrade
del Mare da slogan a realtà.
L'ALCE ritiene necessario risolvere alla
radice il nodo fondamentale, ovvero cambiare l'attitudine del
segmento dell'autotrasporto a considerare il camion non più
come un fine ma un mezzo di natura imprenditoriale. E' necessario
scremare il mercato dell'autotrasporto fornendo incentivi solo
alle imprese che vorranno usufruire dei servizi marittimi per
traffico "non accompagnato".
Naturalmente, a monte di questo intervento
di natura politica, è necessario costruire quelle connessioni
viarie mancanti per collegare i terminal per rotabili nei porti
con le reti ferro-stradali, sdoganalizzando le relative aree in
modo da rendere l'imbarco a bordo una procedura automatica, né
più né meno come ad un casello autostradale.
Ma attenzione: occorre pianificare con cura
l'intera architettura delle Autostrade del Mare con prioritaria
verifica delle opportunità viarie effettive sul territorio.
Non vorremmo, infatti, incorrere nell'errore clamoroso di trasferire
sui nodi portuali il congestionamento che si intende spostare
dalle autostrade!
Il problema quotidiano della qualità
dei servizi ferroviari forniti da Trenitalia e dalle sue controllate
è ancora gravissimo ed altamente penalizzante per gli operatori
nei porti e nel trasporto interno.
Oltre all'assoluta insufficienza dei mezzi
e delle tracce, la politica tariffaria di Trenitalia sembra fatta
apposta per scoraggiare in tutti i modi il trasporto ferroviario
e l'intermodalità.
La liberalizzazione dei servizi ferroviari,
da tempo una realtà affermata in molti Paesi europei, è
ancora vaga in Italia.
Il processo di apertura ai privati si è
senza dubbio avviato sulla carta, ma sono ancora troppi gli ostacoli
concreti e le resistenze al dispiegarsi di una totale liberalizzazione,
tanto che solo due soggetti privati finora hanno potuto proporsi
quali vettori ferroviari alternativi nel settore merci.
Ciò attiene naturalmente al trasporto
di percorrenza, mentre nella manovre ferroviarie portuali gli
utenti scontano ancora i pesanti disagi dei monopoli di servizio.
- I NODI DELLE COMUNICAZIONI E DELLA LOGISTICA
LIGURE
Se anche andasse a regime secondo le più
rosee prospettive progettuali, il porto - cardine e motore del
nostro sviluppo economico - correrebbe il rischio di essere tagliato
fuori dai principali flussi commerciali a causa delle strozzature
terrestri.
L'intesa quadro firmata a marzo dal Primo
Ministro, dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e dal
Ministro dell'Interno col Presidente della Regione Liguria non
concede più alibi.
La Liguria dovrà dotarsi con urgenza
delle Grandi Opere inserite nel documento, che definisce cinque
pacchetti di interventi di Preminente Interesse Nazionale: corridoi
ferroviari, corridoi autostradali e stradali, hub portuali e interportuali,
area metropolitana genovese, comparto energetico e comunicazioni.
Lo strumento tecnico recentemente individuato
della legge-obiettivo deve diventare funzionale a tradurre in
realtà le finalità sopra enunciate, che contemplano
investimenti per 7.000 milioni di Euro.
Lascia un po' interdetti, invece, la scarsa
reattività e sensibilità alle problematiche infrastrutturali
del Ministro Lunardi, al quale ci sentiamo di criticare la mancata
volontà di assegnare le consuete deleghe in materia ferroviaria,
marittima e stradale che invece hanno sempre contraddistinto i
precedenti dicasteri.
L'accentramento eccessivo di tali e tante
competenze in un'unica figura istituzionale - a sua volta risultato
dell'accorpamento dei precedenti Ministeri dei Lavori Pubblici
e dei Trasporti e prima ancora dei Trasporti e della Marina Mercantile
- impedisce l'avvicinamento delle istituzioni ai problemi operativi
concreti e quindi la loro risoluzione in tempi più rapidi
e con manovre maggiormente pertinenti.
L'ipotesi di privatizzazione dell'Aeroporto
di Genova va avanti a singhiozzo da qualche anno, anche perché,
malgrado la nomina di un advisor, si fatica a trovare un
acquirente in grado di fornire l'essenziale valore aggiunto allo
scalo approntando nuovi collegamenti ed ampliando il mercato di
riferimento.
L'ALCE, pur essendo spassionatamente liberista,
non è del tutto sicura dell'assioma 'privatizzazione =
toccasana per qualunque impresa'.
Invece, va cambiata la gestione dell'Aeroporto
di Genova, passando ad una gestione manageriale di chiara natura
privatistica, determinata a coniugare la funzione pubblica, motore
di sviluppo e fattore di garanzia, con la logica della produzione
di un profitto per i suoi azionisti, fatto salvo il mantenimento
di una qualità minima dei servizi aerei che sia tesa ad
assicurare la piena mobilità alle persone e alle merci.
Negli ultimi tempi parlare - e spesso straparlare
- di distripark è diventato esercizio molto popolare
a Genova, malgrado spesso chi ha preso la parola sui media sia
ignaro della reale natura della questione.
Il Distripark è un centro di ricovero,
manipolazione, trasformazione, assemblaggio e distribuzione delle
merci che trova una propria giustificazione solo ed unicamente
a ridosso del porto, da cui si alimenta.
Ecco quindi che non esiste localizzazione
alternativa, per Genova, a quella di Cornigliano, che anzi andrebbe
totalmente, e non solo per appena 29 ettari, destinato a questo
uso.
Non va dimenticato che la realizzazione
di un'attività logistica ad alto valore aggiunto di questa
fattispecie genera un circolo virtuoso attirando nuove navi e
quindi altra merce, garantendo a Genova una chance non trascurabile
di mantenere quello status storico di porto di primaria grandezza
mondiale.
In caso contrario, la prospettiva deprimente
è quella di essere declassato a porto di transito, con
parallela perdita di un'enorme opportunità di creare attività,
ricchezza ed occupazione.
Un atout ricco di appeal per
l'area di Cornigliano sarebbe l'opportunità dell'istituzione
della Zona Franca - o meglio ancora di una Zona d'Impresa - progetto
ipotizzato ormai due decadi fa ma che tuttavia non ha mai attecchito,
malgrado gli indubbi vantaggi che esso consentirebbe.
PARTE II
L'ASSOCIAZIONE
- L'ATTIVITA' SVOLTA NEL 2001 E LO SVILUPPO:
PROPOSTE E CONCLUSIONI
L'intesa con ASCOM, cristallizzata nell'accordo
ufficializzato ad inizio 2001, non è stata tuttavia seguita
da azioni concrete, evidentemente con una parte di responsabilità
da assumersi anche da parte dell'ALCE.
Alle buone intenzioni - che da parte nostra
permangono - non hanno dunque fatto seguito le iniziative. Fatta
salva la riconferma degli obiettivi enunciati lo scorso anno,
consideriamo quello passato come un anno di rodaggio e professiamo
il nostro impegno a concretizzare sul serio l'accordo in azioni
specifiche.
Permettetemi di concludere con alcune osservazioni
personali.
Ho accettato con entusiasmo il secondo mandato
alla Presidenza dell'ALCE, giunto a metà percorso.
La nostra Associazione ha enormi potenzialità
collegate soprattutto alla professionalità ed esperienza
dei nostri Soci, che rimangono tuttavia largamente inespresse.
Ma devo sottolineare con un certo rammarico
che la vita associativa è legata solamente all'operatività
di pochissimi membri della Giunta.
Al fine di invertire questo trend, promuovo
le seguenti proposte:
- Allargamento della Giunta a 10 membri
in rappresentanza di ognuno dei principali settori economici presenti
in ALCE
- Diminuzione contestuale del numero dei
Consiglieri, vista la loro modesta partecipazione
- Costituzione del Gruppo Giovani che
possa dialogare e collaborare in iniziative promozionali ed innovative
con gli omologhi Gruppi delle altre associazioni di categoria
- Assunzione di un Direttore Generale
a tempo pieno con prerogative di operatività effettiva,
soprattutto in vista delle nuove opportunità consentite
dalla Società per l'Internazionalizzazione
- Accorpamento con associazioni merceologiche
consorelle per raggiungere una maggiore dimensione e per poter
sfruttare economie nei costi di gestione
- Organizzazione di un Convegno sul Commercio
Estero da tenersi a Genova con cadenza annuale e onorato dalla
partecipazione delle istituzioni, associazioni e dei rappresentanti
economici dei maggiori paesi con cui viene intrattenuto l'interscambio
dell'Italia
Vi ringrazio per la cortese ed attenta partecipazione
ai nostri lavori.