- Associazione Agenti Raccomandatari
Mediatori Marittimi Agenti
Aerei - Genova
Assemblea annuale Assagenti Genova, 20 aprile 2012
Relazione del Presidente
Giovanni Cerruti
Autorità, Illustri Ospiti, Colleghi ed Amici,
benvenuti alla 67sima Assemblea annuale di Assagenti che
abbiamo voluto riportare in quella che riteniamo la sede naturale
per ogni occasione di ritrovo del nostro settore e di tutto lo
shipping.
Un ringraziamento va quindi all'Autorità Portuale ed al suo
Presidente per l'ospitalità in questo magnifico palazzo pieno
di storia del porto.
Così come vorrei ringraziare la Banca D'Italia per gli
interessanti spunti che abbiamo potuto cogliere per la relazione dai
loro studi economici sul settore portuale e logistico.
La nostra relazione sarà divisa come sempre in due parti.
Nella prima parte, cercheremo di presentare un quadro sullo stato di
salute dei vari comparti dello shipping, con alcune previsioni a
breve-medio termine, riferite ai traffici di linea, al settore
tramp, al comparto delle crociere ed al settore dei noleggi e della
compravendita di navi.
Nella seconda parte, approfittando della presenza qui con noi oggi
dei 4 principali candidati sindaci, che ringrazio, proveremo a
condividere alcune riflessioni sul ruolo attuale e futuro del nostro
porto.
Quindi allargheremo il discorso, ragionando insieme sulle
aspettative che il nostro settore nutre nei confronti del Governo
Monti, con l'auspicio di arrivare in tempi rapidi ad una vera
riforma dei porti e dei trasporti.
I traffici di linea
Il trasporto dei containers sulle principali rotte
mondiali è diventato da tempo di esclusiva pertinenza dei
cosiddetti "global carriers", all'incirca 20 grandi
Compagnie di Navigazione, che si spartiscono oltre l'85% dei
traffici mondiali.
Tra questi 20 giganti del trasporto containers, vi è una
significativa predominanza di operatori asiatici, anche se nella
classifica dimensionale, i primi tre posti sono occupati da Carriers
europei.
La corsa competitiva a conquistare o mantenere quote di mercato
è stata oltremodo incentivata dalla definitiva abolizione
delle "Conferences" (2008), che di fatto ha eliminato ogni
e qualsivoglia elemento di stabilità in un mercato già
altamente competitivo.
Sulla base delle stime di sviluppo economico e di crescita dei
traffici, da parte degli analisti del settore, negli anni subito
precedenti alla crisi del 2009, molti "global carriers",
con pieno supporto delle banche, hanno posto in essere piani di
sviluppo e piazzato ordini ai cantieri navali per navi sempre più
grandi, costringendo anche coloro che erano più restii, ad
uniformarsi onde evitare di rimanere tagliati fuori dalla corsa al
gigantismo.
Oggi, dopo tre anni di crisi e pesantissimi tagli alle rate di
nolo, abbiamo una situazione del settore a dir poco drammatica, Le
perdite operative dei 20 operatori globali, durante il solo 2011,
sono stimate in oltre 6 miliardi di dollari, Ci sono stime
attendibili che indicano il fabbisogno a breve (2012), per far
fronte all'indebitamento finanziario, nell'ordine dei 20 miliardi di
dollari.
E quest'anno sono previste in consegna ulteriori 59 navi da
10.000 teus di capacità.
In questo scenario, certamente non incoraggiante, gli armatori
hanno anche dovuto raffrontarsi con un notevole incremento dei costi
del carburante, che nel solo 2011 (da gennaio a novembre) è
aumentato di oltre il 48%.
L'incidenza del costo del carburante sulle spese totali di un
viaggio Asia-Mediterraneo è oggi all'incirca del 60%. Basti
pensare che una nave da 10.000 teus in navigazione consuma c.a. 220
tonn di fuel/gg, spendendo oltre 160.000 Usd/gg solo di consumi.
In questa situazione, risulta evidente la necessità degli
armatori di contenere i costi (slow steaming) e ottimizzare
l'utilizzo degli spazi (alleanze e joint service), in una logica di
risparmio che tocca in modo sostanziale anche l'efficienza dei
porti.
Il presunto vantaggio dell'Italia, in termini geografici,
rispetto ai porti del Nord Europa, calcolato su una ipotetica rotta
Asia Genova rispetto ad Asia Rotterdam, è di circa 5,5 giorni
di navigazione, e pertanto, quale conseguenza dell'incremento dei
costi del bunker, è sicuramente molto più
significativo oggi, in termini economici, di quanto non lo fosse
solo un anno fa. Oggi possiamo stimare un vantaggio economico
complessivo (compresi i running costs) di oltre un milione di
dollari a viaggio per una nave da 10.000 teus, con un risparmio
reale di 100 Usd per teu.
Con un sistema di porti ed infrastrutture adeguato, questo vantaggio
geografico, consentirebbe all'Italia di aumentare in maniera
esponenziale i flussi di merce, con indubbie e inimmaginabili
ricadute in termine di incremento del gettito Iva, diritti doganali
e attività indotte.
È avvilente notare come questo semplice ragionamento sia
stato molto ben recepito dai paesi Mediterranei limitrofi all'Italia
(Francia e Spagna), dove la corsa ad accaparrarsi una consistente
quota dei traffici Asia-Europa è già cominciata da
tempo, mentre da noi si continua a ignorare il settore, senza
neppure tentare di abbozzare un minimo progetto di razionalizzazione
e sviluppo dei porti e delle infrastrutture.
Il traffico tramp
Anche nel 2011 il traffico tramp nel porto di Genova è
stato influenzato dal mercato dei noli e dal fabbisogno energetico
interno.
Gli sbarchi di carbone fossile hanno subito un marcato calo
(circa 60%) che va ad aggiungersi al 35% di diminuzione registrato
nel 2010. Ciò è riconducibile a una riduzione della
produzione di energia elettrica della centrale portuale di Enel, ma
anche ad alcune problematiche riconducibili al terminal delle
rinfuse solide TRI, situazione che ha indotto alcuni operatori
internazionali a orientare i loro traffici verso altri porti.
Nonostante il calo del carbone, altre commodities hanno invece fatto
registrare moderati incrementi, consentendo che il 2011 potesse
chiudere con un volume di traffico in linea con quello dell'anno
precedente.
Per quanto attiene alle rinfuse liquide, si registra un calo
generale del 13% rispetto all'anno precedente. In particolare, a
fronte di un calo di importazione del greggio del 17%, si nota un
incremento degli idrocarburi del 14%, segno evidente di una tendenza
a ricevere prodotti già raffinati, da poter immettere
direttamente sul mercato interno.
I prodotti chimici hanno registrato un calo del l2%, ritornando ai
livelli del 2009; si ritiene che le ragioni siano da ricercare in
parte nella carenza di infrastrutture portuali, ma soprattutto nella
mancanza di infrastrutture a terra e di aree di stoccaggio.
Gli sbarchi di olii vegetali sono rimasti stabili ai livelli del
2010, nonostante vi sia una discreta ripresa del mercato; ciò
è dovuto alle migliori infrastrutture che i porti del Nord
Europa offrono a questo tipo di commodity, riuscendo quindi ad
attrarre maggiori correnti di traffico.
Per chiudere l'analisi dei traffici Tramp nel 2011, è da
notare la quasi totale sparizione di sbarchi di cereali e farine, un
settore che non riconosce più il porto di Genova quale polo
di attrazione per questa tipologia di carico.
Per quanto attiene al 2012 dobbiamo registrare una ulteriore
riduzione negli arrivi di prodotti energetici solidi, mentre il
trend dei liquidi (petrolio greggio, idrocarburi, prodotti chimici)
al momento sembra mantenere i livelli dello scorso anno.
Uno dei valori che da sempre ha contraddistinto il nostro porto,
e che va in tutti i modi salvaguardato, è la sua polivalenza.
In particolare, Genova è strategica per la maggioranza
dei traffici di rinfuse solide destinati all'area industriale del
Nord Italia. In questo settore, non riuscire a garantire un adeguato
servizio terminalistico è semplicemente inaccettabile. La
nostra categoria auspica che l'attuale concessionario, che opera
nell'area delle rinfuse solide, sia seriamente intenzionato a
rilanciare le attività del Terminal, e contestualmente
invitiamo l'Autorità Portuale a ricercare tutte le possibili
soluzioni per il rilancio di un settore altamente strategico per il
porto, le aziende e i lavoratori del comparto.
Le crociere
Nel settore crocieristico l'impatto della crisi economica si è
fatto sentire in maniera più pesante di quanto non abbia
fatto l'onda lunga dell'evento del Giglio.
Sulla clientela d'oltreoceano ha poi pesato l'incertezza della
situazione geopolitica del mediterraneo orientale.
Le immagini trasmesse dalla televisione americana sui disordini
legati agli scioperi in Grecia hanno ulteriormente allarmato un
pubblico sensibile alle notizie fornite dai media.
Nel complesso il comportamento della clientela europea più
che provocare una flessione nel livello dei bookings ha indotto le
compagnie ad abbassare le rate "pax per diem".
Risultato: le navi sono piene di ospiti che pagano pochissimo.
Si tratta, ovviamente, di una situazione che non può reggere
sul lungo periodo: tutti i players hanno in linea flotte
modernissime, composte da unità molto costose, i cui
ammortamenti non possono essere coperti dall'attuale rata pax per
day che, nella migliore delle ipotesi, può pagare i soli
running costs.
Ci sono, d'altro canto, compagnie rimaste quasi immobili sulle
tariffe pre-crisi pagando quella fermezza con una marcata flessione
delle prenotazioni.
L'ammodernamento della banchina di Ponte dei Mille è
stato ben realizzato nei tempi previsti. Resta da risolvere il nodo
di Ponte Parodi, per il quale il timore è che vi siano
ulteriori dilazioni, nell'ambito di una sistemazione dell'area che a
nostro giudizio non è comunque ottimale, A causa della crisi,
lo scorso anno abbiamo avuto una contrazione del 16,7% dei
passeggeri dei traghetti e del 7,2% dei crocieristi. Fortunatamente,
le previsioni per quest'anno non sono particolarmente negative,
malgrado l'accanimento di tanti, troppi professionisti
dell'autolesionismo, che non hanno esitato a spargere sale sulle
ferite di una tragedia unica e irripetibile come quella dell'Isola
del Giglio. Salvo, per fortuna, essere subito smentiti dal mercato,
che ha dimostrato maturità e consapevolezza della qualità
del prodotto offerto dalle compagnie.
Proprio a riguardo di quanto accaduto alla Costa Concordia,
purtroppo, assistiamo in questi giorni ad una vera e propria
persecuzione di questo settore, dettata più da fatti
emozionali che da ragioni logiche e concrete, mi riferisco al
recente Decreto c.d. salva coste che confina a due miglia marine
dalle aree protette (praticamente in mare aperto) la sosta delle
navi da crociera che tradizionalmente scalano le località di
maggior interesse delle nostre coste per le escursioni dei
crocieristi. Parlando solo delle località del Tigullio di
Portofino e Santa Margherita stiamo rischiando di far saltare oltre
120 scali a stagione con gravissimo nocumento dell'economia di
questi paesi costieri.
Questi sono i rischi che si corrono ad arroccarsi su posizioni
eccessivamente "green" come quella sposata dal nostro
Ministero dell'Ambiente, senza verificare se vengono applicate
quelle indispensabili regole di sicurezza che devono governare la
materia e che sono state tenute, invece, nel dovuto conto dalle
Capitanerie di Porto che hanno cercato di contemperare le esigenze
ambientali con quelle turistiche ed economiche di queste località,
Regole che noi condividiamo pienamente con convinzione a favore
dello sviluppo economico sostenibile.
La mediazione marittima
Il mercato dei noli nelle rinfuse secche ha continuato la sua
discesa e oggi siamo a livelli da record negativo. Le cape size
ottengono una media giornaliera poco sopra i 5.000 Usd al giorno, di
conseguenza ultimamente circa 30 navi di questa tipologia sono
all'ancora tra Singapore e la Cina.
I valori delle panamax sono di poco superiori ai 7.000 Usd al
giorno. Le supramax (53/58.000 Dwt) ottengono noli "migliori",
spuntando circa 9.000 Usd al giorno, mentre le handies raggiungono
noli di circa 7.000 Usd. Si nota che ancora una volta le navi di
maggiori dimensioni stanno soffrendo più di altre, sia per
l'arrivo di nuove costruzioni, sia a causa del loro mercato
ristretto rispetto a navi più piccole e di conseguenza più
flessibili.
Non ci sono segni di ripresa e il numero delle new building che sarà
immesso sul mercato anche il prossimo anno non aiuta certo ad essere
ottimisti.
Nel settore dei liquidi, la situazione rispetto al 2010 si è
ribaltata, Infatti, dopo che il 2010 aveva fatto segnare discreti
aumenti dei noli a confronto con il 2009, Vanno della crisi, tutti
pensavano che il 2011 avrebbe portato nuovi aumenti, invece ha
segnato una crisi ancora peggiore del 2009, sorprendendo tutti gli
operatori. Sono state esenti da questo trend ribassista solo le
product carriers (37/47.000 dwt), le quali però venivano da
due anni veramente modesti, intorno ai 7.000 Usd/giorno, e quindi il
fatto che abbiano fatto in media 7.500 Usd rappresenta perfino un
piccolo miglioramento.
Il quadro generale mostra aumenti dei consumi petroliferi solo nei
paesi emergenti, dalla Cina all'India al Brasile, mentre tutto il
mondo occidentale mostra forti regressi, e i primi bastano a
malapena a compensare i secondi, per cui la domanda di trasporto
rimane stabile o in certi casi in leggero regresso, mentre invece
l'arrivo di nuove navi continua senza sosta. Questo squilibrio fra
domanda e offerta di stiva non promette niente di buono, almeno per
tutto il 2012, alla fine del quale, invece, alcuni analisti
economici si azzardano a vedere deboli segnali di ripresa, almeno
per le product carriers impegnate sulle rotte oceaniche. Sembra
infatti che la progressiva dismissione di raffinerie nei paesi
occidentali verrà rimpiazzata da forniture di prodotti già
raffinati dai paesi produttori, e quindi che le rotte più
promettenti per gli anni a venire siano proprio quelle dei prodotti
raffinati, dall'oriente all'occidente.
Per quanto riguarda la compravendita il volume di transazioni
concluse negli ultimi 12 mesi si è ridotto drasticamente, sia
per le difficoltà nell'ottenere i finanziamenti, sia per
l'incertezza generalizzata su quasi tutti i settori dello shipping.
Unica eccezione sembra essere il mercato delle navi gasiere, che
trae beneficio dalla quasi totale assenza di nuove costruzioni
ordinate negli ultimi anni, unitamente a un moderato aumento della
domanda.
I prezzi delle navi drycargo sono diminuiti di circa il 25-30%
negli ultimi 12 mesi e nel settore cisterniero i prezzi hanno subito
una flessione analoga.
Anche per le portacontainers, nonostante i deboli segnali di ripresa
mostrati nel primo trimestre del 2011, i prezzi si sono fortemente
ridotti nel restante periodo.
La cantieristica non è esente dalla crisi che sta
colpendo il mondo dello shipping. I cantieri devono ancora
completare e consegnare un numero ingente di navi drycargo ordinate
negli anni del "boom", Ulteriori nuove commesse
sbilancerebbero ulteriormente il rapporto tra l'offerta di stiva e
la domanda di trasporto, perciò la tendenza è quella
di ridurre il più possibile gli ordini di navi nuove.
I cantieri riescono comunque ad ottenere qualche nuovo ordine
proponendo tipologie di navi particolarmente sofisticate (per
esempio con sistemi di propulsione a basso consumo di combustibile)
e offrendo prezzi particolarmente competitivi.
Unica nota positiva è il deciso aumento del numero di
navi vendute per demolizione, anche grazie ad un forte incremento
del valore dell'acciaio, che in prospettiva futura potrebbe dare una
mano alla ripresa del mercato dei noli.
Il Porto di Genova
In un anno particolarmente turbolento per il settore dello
shipping, il porto di Genova ha raggiunto il record di i milione e
847 mila teu, il 5,1% in più rispetto all'anno precedente. Il
nostro scalo si è presentato al mercato con le carte in
regola, forte dei lavori effettuati e di quelli in via di
completamento, dai dragaggi ai riempimenti nel bacino di
Sampierdarena. Per il trasporto container, una vera e propria svolta
si è avuta il 20 gennaio di quest'anno con l'arrivo al
terminal SECH di Calata Sanità della Humber Bridge, la
portacontainer più grande mai entrata nel porto storico. Con
il revamping delle gru di banchina ed il dragaggio dei fondali, il
terminal di Calata Sanità è ora in grado di accogliere
le grandi navi, con capacità fino a 10.000 teu, Dopo la
prima, le navi di questa dimensioni sono ormai diventate
consuetudine. E fra un paio di settimane inizieranno ad attraccare
al terminal VTE le mega navi da 12.500 teu, che troveranno a Genova
l'unico terminal italiano di destinazione finale in grado di
accoglierle.
La rinnovata competitività del VTE è testimoniata
dai numeri: nei primo trimestre di quest'anno il Voltri Terminal
Europa ha stabilita ogni mese un nuovo record, unito a migliori
livelli di produttività e di movimenti per ora. I traffici
sono accompagnati da un solido programma d'investimenti per due
nuove gru di banchina che saranno consegnate in autunno insieme ad
altre gru gommate da piazzale e al revamping delle gru su binari.
Sul fronte terrestre, il livello di qualità si avvicina a
quello della concorrenza nord europea, con tempi d'attesa dei camion
inferiori ai 60 minuti nell'80% dei casi.
Entro un paio di mesi dovrebbero essere terminati i lavori di
dragaggio nell'area del bacino di evoluzione del porto storico, con
l'eliminazione delle rocce antistanti la zona dei bacini di
carenaggio che limitano la manovra delle grandi navi. Un lavoro
importante e urgente, che crediamo sarà completato con la
stessa capacità e puntualità di quello già
svolto. Con un pescaggio prossimo ai 15 metri anche nel porto
storico, i terminals container genovesi saranno ora in grado di
servire ancora meglio il mercato. Entro la prima metà del
2014 sarà pronto anche il nuovo terminal di Calata Bettolo,
dove potranno attraccare navi con capacità fino a 15.000 teu.
Con la sua rinnovata capacità produttiva, Genova si è
riproposta come il principale porto container di destinazione finale
del Mediterraneo. Un risultato per certi versi inaspettato, ottenuto
sfruttando al meglio le nuove strategie commerciali delle compagnie,
ben contente di poter offrire più servizi diretti anziché
in transhipment. Il mercato si è trasformato con grande
rapidità, con inedite alleanze fra compagnie e consorzi
armatoriali e con la razionalizzazione dei servizi, determinata
dall'impiego sulle rotte principali di navi sempre più
grandi.
Il fatto è che negli ultimi anni, la geografia economica
è profondamente cambiata, molto più di quanto si
riesca a percepire dalla prospettiva europea.
Rispetto alle richieste provenienti dai nuovi mercati il porto di
Genova è tornato a essere il più attrezzato del
Mediterraneo, grazie e soprattutto ad un mix di investimenti
pubblici (dragaggi e riempimenti) e privati (nuove gru di banchina e
di piazzale), con numerosi servizi di linea che ne alimentano la
crescita, sia all'importazione che all'esportazione.
Ma se dal punto di vista del porto in sé le case sono
migliorate, non altrettanto si può dire per le infrastrutture
di collegamento con il mercato.
Malgrado tante promesse, la gronda autostradale che dovrebbe
alleggerire il traffico stradale è ancora in discussione,
mentre la percentuale di container che utilizzano la ferrovia è
solo sensibilmente cresciuta in questi primi mesi dell'anno. Su
questo settore si deve dunque investire molto, perché i
margini di miglioramento sono abbondanti. Un nodo ancora irrisolto è
quello del superamento delle manovre ferroviarie in porto. La strada
imboccata è probabilmente quella giusta. Ma, pur sapendo che
il servizio così come è strutturato è
defìcitario, non si può non rilevare che le tariffe
sono ancora troppo elevate, Il costo dei collegamenti ferroviari da
e per il porto può e deve essere ridotto in maniera
significativa, con standard di servizio più elevati.
Il lancio di nuovi treni shuttle internazionali costituisce il
banco di prova di un concreto allargamento del nostro mercato di
riferimento. È necessario trovare risorse economiche minime
sufficienti per incentivare, in una fase di start-up, i primi
collegamenti ferroviari tra il nostro porto e il sud Europa
(Svizzera tedesca e Baden Wurttemberg). Dobbiamo e possiamo creare
una valida alternativa agli scali del Nord Europa, che sono sempre
più congestionati, forti di un porto geograficamente sempre
più strategico per le grandi navi delle compagnie di linea,
che nel Mediterraneo hanno razionalizzato gli scali con poche
toccate nei porti attrezzati ai tempi e alle esigenze delle grandi
navi.
Naturalmente i progetti di sviluppo e crescita del Porto di
Genova non possono prescindere da una reale presa di coscienza della
città sul ruolo che l'intera comunità è
chiamata a giocare. Il nostro porto, con oltre 30.000 persone che ci
lavorano tra personale diretto e indotto, è di gran lunga la
prima industria cittadina; non abbiamo a Genova settori che possano
minimamente garantire un tale impatto occupazionale. Credo quindi
che sia essenziale che tutti, dal primo cittadino all'ultimo, siano
coscienti del valore che abbiamo e si muovano nell'ottica di come
preservare ed ampliare questo valore.
Mi rivolgo quindi ai quattro candidati sindaci, che nelle ultime
settimane abbiamo ascoltato in diverse occasioni mentre ci
illustravano i loro programmi, e a loro vorrei rivolgere un paio di
domande, cercando anche di interpretare i quesiti che molte tra le
30.000 persone che a Genova vivono di porto vorrebbero porre.
- Prendo spunto per la prima domanda dalla consapevolezza che lo
shipping (di cui il porto è un anello fondamentale) è
una industria molto complessa, la cui conoscenza passa attraverso
lunghi anni di provata esperienza. Se sarete eletti, avete già
pensato a chi affidare il ruolo di assessore con delega alle
questioni portuali ?
- Il presidente dell'Autorità Portuale Merlo ci ha
anticipato che dopo le elezioni renderà note le linee guida
del nuovo Piano Regolatore Portuale, Che cosa vi aspettate da questo
documento e quali sarebbero a vostro avviso le principali linee di
indirizzo che vorreste trovare nel documento che Merlo ci
presenterà?
- Siete disponibili ad impegnarvi pubblicamente ponendo come
priorità del vostro programma lo sviluppo del porto di Genova
e delle infrastrutture ad esso connesse?
- Vi lascio ancora qualche minuto per elaborare le vostre
risposte, prima di cedervi la parola.
-
- La crescita dei traffici portuali
-
come volano per lo sviluppo dell'economia
-
- Dal punto di vista economico può essere utile in questa
sede rammentare alcuni dati relativi al valore del comparto del
cluster marittimo e dei servizi ausiliari rispetto a quelli
complessivi del nostro Paese per inquadrare la valenza del settore
nella sua interezza.
-
- Secondo gli ultimi dati Censis, il cluster marittimo
contribuisce attualmente al 2,6% del PII nazionale, che si traduce
in una cifra di poco inferiore ai 40 miliardi di Euro, e da
occupazione a circa il 2% della forza lavoro nazionale, con picchi
di tutto rispetto come quello rappresentato dalla Provincia di
Genova dove il dato è molto vicino al 9%.
-
- Da segnalare anche i moltiplicatori che questo settore è
in grado di innescare, che risultano pari al 2,37 per il reddito e
all'1,7 per l'occupazione: 100 Euro spesi nel settore marittimo, ne
attivano ben 237 di reddito nel sistema economico nazionale e,
parimenti, 100 nuovi addetti innescano 173 unità di lavoro
nell'economia nazionale.
-
- Assunti e valutati questi pochi dati, è abbastanza
semplice comprendere l'importanza strategica del comparto marittimo,
portuale e logistico ed è altrettanto facile capire come essi
potrebbero seguire un senso ascensionale e moltiplicarsi
esponenzialmente, creando benefici per l'economia dell'intero paese.
-
- In sostanza, sappiamo di poter godere di alcuni vantaggi di
natura geografica, ma non riusciamo a sfruttarli per tutta una serie
di colli di bottiglia più volte evidenziati e denunciati: le
carenze infrastrutturali, la lungaggine burocratica, il
sottoutilizzo dei sistemi ferroviari e, in conseguenza della
crescita delle dimensioni delle navi, i limitati fondali, solo per
citarne alcuni.
-
- Questo fa sì che i traffici che transitano attraverso i
porti del nostro paese risultino sostanzialmente traffici domestici,
totalmente dipendenti dall'andamento della nostra economia, e
soprattutto non in grado di guardare ad altri mercati oltre confine.
Non sminuisco l'importanza dei nostri HUBs nel sud Italia (Gioia
Tauro, Taranto, Cagliari), anche se ritengo che la competizione
degli scali di trasbordo nord africani (Port Said, Tangeri) ci
costringerà a pesanti sacrifici e tagli sui costi, riducendo
quindi l'importanza del contributo alla crescita per la nostra
economia che questi porti potranno generare.
-
- Tutte le criticità riscontrate dovrebbero oramai essere
ben note ed evidenti, in quanto ampiamente riportate in centinaia e
centinaia di rapporti, convegni, ed incontri.
-
Il problema non sta nel capire cosa dobbiamo fare, ma nel farlo!
-
Nello scontare tempi per "decidere" e per "realizzare"
troppo lontani da tutti gli altri paesi e, soprattutto, dalle
esigenze del mercato.
-
- Con la nascita del Governo Monti e a seguito delle innumerevoli
dichiarazioni di illustri esponenti del Governo stesso, che hanno
più volte ribadito l'intenzione di adottare misure urgenti
volte a dare impulso ai principali settori produttivi del paese,
ovviamente ci aspettavamo che i porti ed i trasporti sarebbero stati
oggetto di azioni immediate da parte del Governo tecnico. Dobbiamo
invece dire che così non è stato!! Al contrario,
quelle pochissime iniziative governative che hanno toccato la nostra
sfera di attività, sono state a dir poco sconcertanti. Faccio
alcuni esempi:
-
- All'interno del famoso decreto "Salva Italia", si è
pensato bene di abolire quella parte della ben nota legge 135/77 che
assegnava al Ministero la competenza di stabilire i compensi dovuti
ai raccomandatari marittimi per le loro prestazioni. Compensi che da
sempre non rappresentavano in realtà un vero obbligo
tariffario, ma servivano quale valore di riferimento per la
categoria. Tale "vantaggio" risultava in larga parte
compensato dalle responsabilità economiche che il
raccomandatario si deve assumere, sempre secondo la legge, nei
confronti dei fornitori terzi. Naturalmente queste ultime sono
rimaste in pieno vigore.
- Il decreto "Salva Coste" dei ministri Passera e Clini,
emesso sull'onda emotiva della tragedia del Giglio, sta causando,
come abbiamo già detto, immensi danni alle navi da crociera
che da decenni transitano nel Golfo del Tigullio. Nonostante
l'intervento certamente ben più autorevole della Capitaneria
di Porto, che aveva definito in maniera logica i criteri di accesso
delle navi nell'area protetta, il Ministero dell'Ambiente, su
segnalazione di Lega Ambiente, ha ritenuto di stoppare qualsiasi
soluzione. Gli approdi previsti nel 2012, che andremo a perdere a
favore di scali alternativi in Francia, sono oltre 125.
- La oramai famosa disciplina dei costi minimi per
l'autotrasporto, voluta e realizzata dal Governo Berlusconi, in
spregio alle molteplici segnalazioni contrarie da parte della
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dalla UE,
è stata inaspettatamente avallata anche dall'attuale Governo
(Catricalà ex Presidente AGCM, oggi Sottosegretario
Pres.Cons.). Viene francamente da chiedersi se la palesata debolezza
del settore dell'autotrasporto nei confronti della committenza
(sicuramente non così debole nell'ottenere l'appoggio dei
Governi), o la favola dei costi minimi della sicurezza, che
dovrebbero garantire il transito di autotreni perfettamente a norma
sulle nostre strade, siano versioni a cui siamo richiesti di
credere, senza se e senza ma. Aggiungo poi che la suddetta
disciplina, oltre ad indicare costi minimi stabiliti da un
Osservatorio composto in larga parte da rappresentanti
dell'autotrasporto, si spinge sino al limite estremo di ribaltare la
responsabilità dell'applicazione della tariffa non tanto al
vettore (come sarebbe assolutamente doveroso), ma alla committenza.
È come se la responsabilità per la non applicazione
dei compensi di un raccomandatario fosse in capo all'armatore che ci
nomina.
- Nonostante le innumerevoli sollecitazioni da parte dell'utenza
affinché venga intrapresa la strada delle semplificazioni
normative doganali legate all'importazione e all'esportazione delle
merci e vengano uniformati i criteri procedurali all'interno dei
paesi UE, non solo non si sono viste azioni in tal senso (che
ricordo sarebbero a costo zero), ma addirittura si è in
presenza di pesanti inasprimenti del regime sanzionatorio e gravose
modifiche procedurali, che vanno nella direzione opposta a quella
auspicata. È già stato ampiamente dimostrato che una
notevole quantità di merci destinate al mercato italiano,
trovi più rapido, e di conseguenza meno costoso, transitare
per i porti del Nord Europa, piuttosto che via porti Italiani.
Sostanziali differenze interpretative delle norme in essere si
registrano anche tra porti italiani, creando di fatto una
distorsione del mercato, anche tra porti limitrofi.
- In questa logica che sembra ricercare nuovi spunti di freno
verso lo sviluppo e la ripresa economica, si inserisce a nostro
avviso la recente sentenza dell'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato che ha sanzionato pesantemente 14
importanti agenzie marittime associate, oltre a due Associazioni,
mettendo a grave rischio la loro solidità economica e tenuta
occupazionale.
-
Una sentenza ottusa, partita da una denuncia imprecisa, che ha
voluto bollare come segreto un accordo che a Genova trae radici sin
dai primi anni cinquanta, pubblicato più volte sulla stampa e
riferito a costi che vengono addebitati in tutto il mondo.
-
Una sentenza che ha voluto a tutti i costi individuare un profilo
assurdamente orizzontale, per poter elevare al massimo il valore
delle ammende. La logica perversa che ispira tutto ciò sta
nel sistema che regolamenta l'attività della AGCM, un ente
chiamato a svolgere sia il ruolo accusatorio che quello giudicante,
con l'unico obiettivo di generare il massimo profitto possibile.
All'interno di questo meccanismo, chiunque può esserne
stritolato, rischiando di vedere la propria attività
imprenditoriale fortemente compromessa.
-
- Uno sguardo in avanti
-
- Nell'ambito di un quadro nazionale che definirei a dir poco
sconcertante, prendiamo atto con soddisfazione delle dichiarazioni
del Vice Ministro Ciaccia quando dice: "i porti con le reti
infrastrutturali sono un asset strategico per la crescita del nostro
paese".
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E siamo anche lieti di sapere dell'intenzione di avviare un tavolo
di ascolto, che individui nuove soluzioni per favorire lo sviluppo
della portualità italiana.
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Ma noi suggeriamo qualcosa di più di un tavolo di ascolto,
Noi, vista la complessità della materia, suggeriamo che venga
istituita una task force a livello ministeriale, formata da illustri
rappresentanti delle categorie del cluster marittimo, che si
incarichi di fornire un supporto consulenziale a 360 gradi, non solo
per le questioni nazionali ma anche per ciò che si discute
nell'ambito europeo, allo scopo di elevare il ruolo dell'Italia
nelle sedi competenti.
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- E infatti, la speranza di una riforma generale dei porti arriva
dall'Unione Europea e dalle parole del Vice Presidente della
Commissione Europea con delega ai Trasporti, Siim Kallas. Egli
infatti ha definito i porti come "‘motore di sviluppo
economico e fonte di prosperità per le città, le
regioni e i paesi europei".
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Questa affermazione è supportata anche da una precedente
comunicazione della Commissione stessa che afferma che "gli
oltre 200 porti commerciali europei costituiscono i nodi
fondamentali del trasporto modale e sono di interesse vitale per il
90% del commercio internazionale dell'Europa. Inoltre, garantiscono
il 40% del commercio intracomunitario, espresso in t/km".
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A fronte di queste premesse Kallas ha annunciato la volontà
di emanare una direttiva europea entro i primi mesi del 2013 per
riformare il sistema dei porti affrontando, in particolare, il tema
della riduzione dei problemi amministrativi, della trasparenza dei
finanziamenti e del riordino dei servizi portuali.
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Per la supremazia dei diritto comunitario su quello nazionale, tutte
le disposizioni legislative oggi in vigore, compresa la legge di
riforma portuale 84/94, contrastanti con la nuova direttiva europea,
verranno superate. Il momento della discussione è vicino, ed
è proprio durante il corso di quest'anno che verranno portate
avanti le consultazioni con le differenti realtà portuali,
che contribuiranno all'organizzazione di una conferenza sui porti. È
fondamentale che l'Italia si presenti all'appuntamento con idee
chiare e proposte ponderate, per essere parte attiva in questa fase
legislativa.
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- Partendo dall'erogazione dei servizi, l'obiettivo della
direttiva europea sarà quello di assicurare al mercato
un'offerta aperta e competitiva. Esiste infatti una profonda
differenza a livello europeo soprattutto nell'erogazione dei servizi
tecnico-nautici, che in virtù della loro natura di interesse
economico generale vengono in molti casi gestiti dalle stesse
Autorità Portuali o da realtà private in regime di
monopoli legali.
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- Il secondo argomento che KaIlas ha sollevato è quello
delle nuove infrastrutture, connesso al problema delle
autorizzazioni. Secondo quanto da lui affermato, servono forti
operazioni di semplificazione sugli iter necessari a ottenere i
permessi di costruire. Questo argomento tocca nel vivo una delle
questioni più critiche per il nostro Paese, la cui
complessità del sistema vigente porta molti progetti di
ampliamento a rimanere fermi. Un destino che riguarda anche diverse
infrastrutture di servizio da realizzare a supporto dei porti veri e
propri.
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- Benché non si possa ritenere che esista concorrenza tra i
porti, in tutti i casi, la concorrenza tra alcuni di loro e
all'interno degli stessi, può essere considerevole e richiede
l'esistenza di condizioni operative paritarie. A questo proposito la
Commissione ha intenzione di affrontare il tema del finanziamento
pubblico dei porti e della trasparenza, con la convinzione che un
quadro giuridico generale possa incoraggiare gli investimenti
privati nel settore portuale.
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Pur non avendo ancora dichiarato una linea di azione su questo
punto, che a mio parere, sarà uno dei più ""caldi"
della nuova normativa, auspico che la Commissione possa davvero
regolamentare questo settore, nel quale a oggi, risultano disparità
evidenti a livello europeo, in particolare tra l'area mediterranea e
quella anseatica.
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- Anche per quanto attiene al quadro normativo di riferimento per
i porti nazionali si sente la necessità di un intervento
volto a una semplificazione degli atti amministrativi in generale,
dalle concessioni all'approvazione dei piani regolatori; di un
incremento dei poteri delle Authority; nonché di una
dotazione economica adeguata che dopo essere stata appena abbozzata
nelle leggi finanziarie degli ultimi anni duemila, ha subito un
brusco stop in conseguenza dell'inasprimento della crisi economica e
che mal si concilia, purtroppo, con l'esigenza primaria di
risanamento dei conti dello Stato.
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- Le richieste rivolte al Governo in questo senso sono state
molteplici, ma come noto, gli sforzi fatti si sono limitati a una
serie di proposte di riforma della Legge 84/94 lasciate incompiute,
che hanno accentuato la mancanza di interesse e di volontà
della nostra amministrazione centrale di approfondire il settore
marittimo e di capirne, non solo le esigenze di sviluppo, ma
l'enorme potenziale in termini di rilancio dell'economia dell'intero
Paese.
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Riconosco che grazie ai fondi pubblici siano stati possibili
considerevoli interventi nel nostro porto, che hanno permesso un
incremento della produttività, ma al momento non è
prevista l'erogazione di ulteriori risorse.
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- Mi rendo conto che questa ultima parte di relazione può
risultare come un insieme di flash, di sassi lanciati nello stagno,
rispetto alle nostre tradizionali disamine annuali, ma è
assolutamente voluto, per stimolare il dibattito con i candidati a
Sindaco della nostra città che vorremmo oggi si
confrontassero e si scoprissero alla platea proprio su queste
tematiche che riteniamo fondamentali per il futuro dell'economia
portuale genovese e non solo.
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- Grazie a tutti per l'attenzione.
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